Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.

mercoledì 28 dicembre 2011

Nostra signora del riciclo: la polpetta

Sarà che manca una fischiata alla fine dell'anno ed è tempo di bilanci, ma pure le polpette mi inducono a soffermarmi su quanto sono cambiata in quattro anni di fidanzamento e quattro di comunione abitativa con l'amorevole amato coinquilino. Per dirne una, temevo tutti gli animali del mondo, i gatti addirittura mi facevano un po' ribrezzo (molli come sacchetti di sabbia, dicevo): ora ho 3 gatti che adoro. Ero teledipendente, e più un programma era stupido e più me ne appassionavo: ora non ho più la televisione in casa.
E sono diventata una maestra del riciclo in cucina! Ormai è diventata una sfida all'ultima briciola di pane, l'ultimo rimasuglio di pasta, l'ultima crosta di formaggio. Sì perchè a cucinare piatti sontuosi con ingredienti sontuosi son buoni (quasi) tutti, ma ottenere piatti (almeno) degni e spesso pure sontuosi con ingredienti in bilico fra il piatto e il pattume non è roba da tutti i giorni. Eppure dovrebbe esserlo, perchè cestinare risorse in un pianeta che di risorse ne ha poche e riservate a pochissimi è immondo.
In tema di riciclo la polpetta la fa da padrona. Cosa non si può nobilitare in una polpetta? Quelle che ho fatto oggi racchiudono il ricordo dei miei tortellini in brodo e sono deliziose! Ci ho messo la carne e la verdura lessata avanzata dal brodo, un avanzo di ripieno dei tortellini (un paio di cucchiai), un avanzo di parmigiano grattugiato, ritagli di pancarrè sfuggiti ad un antipasto ammollati nel latte. Il tocco sornione: un po' di erba cipollina fresca (che altrimenti mi marciva in frigorifero). Tutto tritato e amalgamato per bene. Palline, pan grattato, fritte, sgrondate, salate. Orgogliose, estrose, sontuose.

martedì 27 dicembre 2011

Tra la via Emilia e il West

Natale modenese fa rima con tortellino. Personalmente le vie obbligate mi annoiano, nella gastronomia e non solo, e pertanto il mio natale è stato piuttosto lontano dalla tradizione campanilista. Oso addirittura dichiarare che non venero i tortellini e che ad essi preferisco quasi tutti i tipi di pasta asciutta, compresi gli spaghetti di soia (del resto, leggetevi questo post).
Tuttavia quest'anno ho dedicato il 26 dicembre al rito dei miei primi tortellini interamente autoprodotti, peraltro a ben 12 mani, grazie al generoso apporto di alcuni amici. Il risultato è stato incoraggiante: eccovi tutte le dritte se volete cimentarvi anche voi (dosi per 6-8 persone).

Se non li mangiate tutti subito fateli seccare e congelateli come ho fatto io
RIPIENO (chiamato pesto)
200 g di macinato di maiale
200 g di mortadella
100 g di prosciutto crudo
Fatevi macinare il tutto molto fine, tenendo separato il macinato di carne dai salumi.
300 g circa di parmigiano (ma dipende dai gusti, anche un po' meno se preferite)
2 uova
un po' di noce moscata
Si cuoce in una noce di burro solo il macinato e quando è tiepido si aggiunge il resto, amalgamando bene e resistendo alla tentazione di mangiarsi tutto il ripieno così com'è. Meglio farlo con uno o due giorni di anticipo per dargli il tempo di maritarsi e conservarlo in frigo.
PASTA
E' la classica sfoglia: 1 uovo ogni 100 g di farina (possibilmente di semola di grano tenero 00, quella ideale per la sfoglia appunto), volendo un po' di sale, poca acqua per aiutarsi ad impastare. Considerate circa 1 uovo a testa.
Occhio che si secca solo a guardarla, perciò quando la tirate tenete sempre coperta la pasta che non state lavorando! Io ho usato l'Imperia per tirarla, ultimo buco, sfoglia fine.
BRODO
1 doppione di manzo
1 pezzo di cappone
1 cipolla, 1 carota, 1 sedano, prezzemolo
2-3 litri di acqua fredda
sale
Buttate tutto in acqua fredda, quando bolle aggiungete sale (2-3 cucchiai, poi semmai integrate) e schiumate il grasso che viene a galla. Abbassate la fiamma e dimenticatevi del vostro brodo almeno per 3 ore.
Dopodichè togliete carne e verdure (e non osate mai nemmeno sotto tortura buttarle! it's polpetta time), filtrate e voilà.

Detto questo il tortellino si assembla tagliando dei quadratini di pasta di circa 2 cm per lato, prendendo una pallina di ripieno (la massima quantità richiudibile nella pasta) e imprigionandola nel quadratino piegato lungo una diagonale. Premete per bene i bordi per far aderire la pasta, che se in cottura si aprono è un dramma puro. Appoggiate il fagottino sul polpastrello del vostro dito preferito, tirate i bordi fino a chiudere il tortellino sulla punta del suddetto dito e premete bene: deve rimanere un piccolo occhiello.
I tortellini a mio avviso son da far piccoli e graziosi, non sono mezzi ravioli, son tortellini. La mia nonna, pur munita di dita grassottelle, li faceva minuti e sopraffini. Non è dunque il dito che fa il tortellino ma la tecnica.

lunedì 21 novembre 2011

Il triangolo sì che l'avevo considerato

Stasera ménage a trois: pasta, radicchio e aceto balsamico.
Una ricetta di mia invenzione per un primo rapido e di sicuro effetto. Ecco cosa vi occorre:
qualche foglia di radicchio (io ho usato quello lungo di Treviso)
un cucchiaio d'olio d'oliva
mezzo bicchiere di vino (quello che avete)
una noce di burro
una manciata di farina
un tappo di aceto balsamico anche non eccelso
poco latte
sale e pepe
facoltativo: un po' di proteine, io ho usato la fesa di tacchino arrosto, ma andrà bene anche il prosciutto cotto o, per un piatto vegetariano, il seitan.
Scegliete il formato di pasta che preferite: io ho usato i fusilli, mentre non vedo adatti gli spaghetti (ottima invece la pasta all'uovo tipo tagliatelle).
Mettete sul fuoco l'acqua per la pasta (si sala al bollore perchè fa prima!).
Intanto affettate il radicchio a listarelle sottili e mettetele in padella con un cucchiaio di olio. Rosolate qualche minuto, aggiustando di sale e pepe. Sfumate con il vino.
Dadolate ed aggiungete il supporto proteico al radicchio, mescolate e aggiungete un mestolo di acqua di cottura (quella che avete messo sul fuoco per la pasta).
Dopo qualche minuto ponete nella stessa padella del radicchio una noce di burro, quando si sarà sciolta cospargete con una manciata di farina, mescolate ed aggiungete a filo poco latte fino ad addensare: si formerà un sughetto avvolgente che non aspetterà altro di sposarsi con un po' di aceto balsamico! Accontentatelo dunque, mescolate, assaggiate ed eventualmente aggiungete sale.
Scolate la pasta e tuffatela nel sugo. Tripudio.

sabato 19 novembre 2011

100 di questi post

Circa un anno fa premevo invio sul primo post che inaugurava questo blog.Ne sono seguiti oltre un centinaio e centinaia di migliaia di parole.
Un compleanno baciato da un'Italia in cambiamento, o almeno così ci si augura.
Una svolta in cui ho scoperto che la Signora Aquilone ci casca subito o forse è di bocca buona.
Appena varato il nuovo governo infatti già la diffidenza serpeggia: i ministri sono servi dei poteri forti, c'è un Passera di troppo, protestiamo.
La Signora è diventata grande, ma si accorge di non essere cambiata molto rispetto ai tempi del liceo, in cui guardava dubbiosa gli eterni compulsivi della protesta, incazzati per contratto; quelli che dalla privatizzazione del privato all'individualizzazione dell'individuo ogni motivo era buono per autogestire ed okkupare.
La Signora non è amica dell'economia di mercato, delle borse, delle banche, del profitto, della crescita, dello spread, degli interessi, degli investimenti; non ne capisce un'acca, a ben guardare. La Signora a 30 anni più uno vorrebbe per il proprio Paese il governo dei filosofi, colti, sapienti, aperti, generosi, un po' fricchettoni un po' rivoluzionari, che ci traghettino verso un mondo di orti pubblici e di baratti, conserve fatte in case, biciclette, lavatrici in comune, comprensione, solidarietà, tempo per sè e per gli altri. La Signora ammette che il suo progetto politico è un tantino sconnesso dal reale. Ma si sa, la realtà è un eterno compromesso con le proprie aspirazioni -che tuttavia non dovrebbero mai cessare di esistere.
Il compromesso della Signora oggi sono gli M&M's (= Mario Monti e i suoi). Non sono fricchettoni, amen. OK, ma: 1) il capo non ha i capelli tinti; 2) il capo ha senso dell'umorismo. Quello da capo e non da bar; 3) il capo ha UNA moglie con il cappottino rosso e le rughe; 4) il capo non ce lo vedo a fare le corna ai meeting internazionali; 5) il capo fa il professore universitario e non l'avanspettacolo; 6) il capo ha scelto fra gli M&M's delle donne con le palle e non con le bocce (rifatte); 7) il ministro M&M's della difesa è un militare, quello della giustizia (donna) è un avvocato penalista, quello degli esteri un ambasciatore...e pensare che ci avevano convinti che bastassero le lauree del Trivial Pursuit.
E' già un buon inizio, visti i precedenti. E così, Passera o non Passera e via discorrendo, la Signora pensa che gli M&M's una chance la meritino.

sabato 5 novembre 2011

W l'Italia assassinata dai mercati e dal cemento

Ieri l'Italia è colata a picco.
In barba ai ristoranti pieni dell'isola che non c'è abitata dal nostro premier, il fondo monetario ha messo l'Italia fra i sorvegliati speciali.
E a Genova è caduto un terzo della pioggia che mediamente su quella città cade in un anno e un fiume di fango l'ha travolta e dilaniata, così come qualche giorno fa era accaduto alle Cinque Terre.
Uno dei miei lavori consiste nell'andare nelle scuole ad approfondire alcuni temi ambientali: ai ragazzi dirò che il clima sta cambiando velocemente, che forse anche queste piogge dirompenti ne sono la spia. Dirò che l'umanità si è lanciata in pochi anni in una corsa senza precedenti e ha (s)travolto, essa per prima, tutto quello che ha trovato sul suo cammino: aria, fiumi, mari, terre, ecosistemi.
Ci siamo costruiti un dio e l'abbiamo chiamato PIL. Ci hanno detto che cementando, urbanizzando, deviando, prosciugando, costruendo, industrializzando, bruciando, producendo, comprando, espandendo, commerciando lo avremmo onorato e che il dio, pasciuto, ci avrebbe resi festosi e soddisfatti. Qualcuno probabilmente intuiva (o sapeva) che era una chimera ma la cieca rincorsa alla crescita ha alimentato l'opportunismo ottuso.
Adesso che festosi e soddisfatti non lo siamo proprio, adesso che da noi sono arrivate le piogge tropicali e i fiumi vengono a riprendersi la terra che gli abbiamo strappato, ebbeme, ora tutti sanno. O almeno tutti coloro che occupano i palazzi della politica, della pubblica amministrazione, degli enti economici, e che dovrebbero assumersi l'onere di spiegare alla gente comune che un cambio di prospettiva è d'obbligo e che è l'unica strada che può (forse) salvarci dallo sfascio.
Ma il dio PIL esige ancora le sue vittime sacrificali: oggi sono i morti per le alluvioni della Liguria, domani saranno altri. E di tutti si dirà "povera gente" e a tante coscienze colpevoli basterà un "si sarebbe potuto evitare", ma il giorno dopo si ricomincerà a parlare di nuove strade e ponti e ferrovie e raccordi e cave e centri commerciali, residenziali, ricreativi, e condoni per cementare anche l'ultimo brandello di territorio. Diranno che l'economia deve girare, che solo così si uscirà dalla crisi, che dobbiamo crescere al di là di ogni logica sulla finitezza delle risorse. Chi protesterà sarà detto eversivo e quella fiaccola di buon senso sarà chiamata antipolitica.
   

giovedì 3 novembre 2011

Strane creature (le paleontologhe)

Scialle di lana sulle spalle, un gatto accoccolato sulle ginocchia, una tazza di té, qualche biscotto, le prime nebbie, e questo libro: Strane creature di Tracy Chevalier (quella de La ragazza con l'orecchino di perla). Un libro "di stagione".
E' la storia (romanzata ma vera) di due donne molto diverse fra loro per istruzione, carattere, classe sociale, accomunate da una strana e sospettosa passione, nell'Inghilterra del 1800, quella per i fossili. E' la storia della loro amicizia e rivalità, delle prime angosciose domande su estinzioni ed evoluzione, della cruda monotonia a cui fino a ieri (o no?) erano condannate le donne, o mogli/madri o niente. Mary ed Elisabeth, 20 anni di differenza, resteranno zitelle e per questo e per quel loro strambo passatempo verranno guardate con sospetto.
A me le bestie di pietra hanno sempre suscitato soggezione e rispetto; sarà per questo, sarà per quelle donne cocciute e bizzarre, lontane dal conformismo, con cui volentieri mi immagino a passeggiare lungo le spiagge dell'Inghilterra, comunque sia questo libro, seppur a tratti un tantino ripetitivo, l'ho apprezzato e gli accorderei un bel 7.
E tornando ai biscotti dell'incipit, ecco una ricetta deliziosa e rapida, che ben si addice a un pomeriggio di ozio novembrino: i cornetti alla vaniglia.
Tritate nel mixer 50 g di mandorle non sbucciate con 35 g di zucchero. Formate delle briciole di farina intrise di burro freddo (rispettivamente 140 g di farina 0 e 105 g di burro), aggiungete le mandorle tritate con lo zucchero, una bustina di vanillina, impastate velocemente, fate una palla, avvolgetela con una pellicola e lasciatela riposare in frigorifero per circa mezz'ora. Formate circa 20 cornetti staccando dei pezzetti di pasta di 15 g l'uno. Infornate a 200°C per 10 minuti: intanto mescolate in un piattino un po' di zucchero e una busta di vanillina. Una volta cotti i biscotti, estrarli e lasciarli raffreddare per un paio di minuti (sono molto delicati in questa fase!), quindi rigirarli nel piattino con zucchero e vanillina. Estasi di gusto e di profumo.

mercoledì 26 ottobre 2011

Simoncelli e l'antidemocrazia della morte

Ieri mi è capitato di sentire al volo la conduttrice di un programma tv esternare viva indignazione per alcune freddure apparse su Nonciclopedia a proposito della morte di Simoncelli.
Una di queste frasi, citata dalla conduttrice, era la seguente: Disastroso terremoto in Turchia. Le vittime verranno commemorate con una foto di Simoncelli. 
Mi ha colpita. Personalmente l'ho trovata amara e terribile, sicuramente caustica, ma intelligente e non lesiva. E mi ha fatto riflettere su come la morte sia sfacciatamente antidemocratica e come nel dolercene, e nel celebrare e rimpiangere il defunto, ancorchè non legato a noi da un vincolo familiare/affettivo, gli esseri umani siano, istintivamente, crudelmente selettivi. Lungi da me chiamarmi fuori dal novero di tali esseri umani: ammetto che prima di quella frase non avevo dedicato un minuto della mia domenica a "compatire" (in senso etimologico) i morti del terremoto in Turchia, mentre parecchi ne ho spesi a leggere, ascoltare, vedere lo sfortunato motociclista, rammaricandomi per lui. E dire, come alcuni hanno commentato, cinicamente ma non senza ragione, che lui aveva scelto quella vita rischiosa, peraltro assai ben pagata. Era giovanissimo, certo, e le morti precoci lasciano sempre interdetti, ma fra i 500 morti della Turchia qualcuno doveva essere altrettanto se non più giovane.
La verità è che la morte non è uguale per tutti. Non lo è almeno la sua eco mediatica, nè la partecipazione emotiva popolare che dell'intensità di tale eco è allo stesso tempo causa ed effetto. 
Generalmente empatizziamo più con il turista italiano morto in una catastrofe naturale ai tropici che con la popolazione locale, magari spesso indigente. Più con il soldato italiano ucciso che con le vittime inermi delle guerre. 
Umano, troppo umano; siamo tutti fondamentalmente egocentrici e l'argomento che ci appassiona di più è "noi stessi". E' italiano come me; ha la mia stessa età o l'età di mio figlio; è proprio della mia stessa città; lo vedevo sempre al bar dove (io) vado a fare colazione; ci sono stato anche io là in vacanza. 
E mentre io sto qui a scoprire l'acqua calda grazie a una frasetta del piffero, i professionisti della comunicazione ci sono arrivati da tempo e così Simoncelli finisce in prima pagina, e ci fanno vedere e rivedere gli istanti della caduta, e arricchiscono la vicenda di particolari (e la barella che cade e forse Valentino smette), e la Turchia chi se la ricorda più. Normale, lo so, ma a ben pensarci, sommessamente, la cosa mi imbarazza. Tutto qui.         

martedì 25 ottobre 2011

Ma che cavolo di minestra!

Finalmente l'autunno sembra aver preso coraggio: è tutto il giorno che piove! Propongo dunque a quanti fossero metereopatici una ricetta calda calda e buona buona (e già che siamo coi superlativi assoluti doppi, anche facile facile), a dispetto del fatto che sembra molto salutista (ed in effetti lo è). Ricetta peraltro assolutamente vegetariana, anzi vegana, il chè, come ho già spiegato in precedenza, non guasta: la minestra di cavolfiore.
Ecco il necessario per 4 persone:
- mezzo cavolfiore
- 3-4 patate
- 1 litro di brodo vegetale (io sono una estimatrice, folle, lo so, antiecologico, lo ammetto, contrario ad ogni buona creanza gastronomica, me ne dolgo, del BRODO DI DADO)
- due cucchiai di buona passata di pomodoro
- spaghetti (considerare circa 50 g a persona)
- sale e peperoncino (se piace)
Tagliate a dadini le patate e lessatele nel brodo bollente, a cui aggiungerete due cucchiai di passata di pomodoro. Nel frattempo affettate il cavolfiore a piccole cimette. Quando le patate saranno morbide spegnete il fuoco, frullate col minipimer, aggiustate di sale e aggiungete i pezzetti di cavolfiore, lasciando stufare per una decina di minuti. Passato questo tempo e comunque alla ripresa del bollore, buttate gli spaghetti spezzettati (divideteli per circa 1/5 della loro lunghezza) e attendete il tempo di cottura. Completate, se vi piace, con una spolverata di peperoncino!

domenica 23 ottobre 2011

Matematica applicata

Qualche sera fa l'amorevole amato coinquilino aveva voglia di un dolce e pure io non disdegnavo l'idea (ovviamente!). Nessun miglior pretesto per sperimentare una vera equazione gastronomica, imparata alla scuola di cucina Il Girasole: il tortino dal cuore fondente.
Risultato superbo, ma la ricetta deve essere seguita alla lettera. Ecco gli ingredienti per quattro tortini:
- 65 g di burro + poco burro per imburrare i pirottini
- 65 g di cioccolato fondente
- 65 g di zucchero
- 1 uovo intero e 1 tuorlo
- 18 g di farina 00
- pochi biscotti secchi
Fondere a bagnomaria il cioccolato a pezzetti e il burro a fiocchi (l'insegnante del corso docet: non mescolare prima che il tutto sia quasi totalmente sciolto per evitare di incorporare aria).
Montare le uova con lo zucchero fino ad ottenere una bella spuma. Incorporare la farina setacciata (di solito non la setaccio mai, ma la soggezioni che mi incuteva la ricetta mi ha imposto di farlo). Aggiungere a poco a poco il cioccolato e il burro fuso, mescolando dal basso verso l'alto.
Tritare finemente i biscotti, imburrare i pirottini di ceramica da forno e cospargerli di biscotti tritati. Pesare il composto da versare in ogni pirottino: 60-65 g esatti per ognuno.
Infornare a 190°C per 14 minuti (in forno statico, sulla lastra).
Sfornare e porre su un piano per 5 minuti.
Appoggiare un piatto sopra al pirottino: capovolgere ed incrociare le dita! Questa sera tutto è filato liscio e il tortino si è sformato perfettamente (son soddisfazioni!).
Aggiungere una spolverata di zucchero a velo e cioccolato amaro in polvere e servire immediatamente. Fantastici!
La ricetta dice che queste delizie si possono conservare anche in frigo (sformarle prima) e riscaldare a 120°C per 5 minuti oppure in microonde alla massima potenza per 10 secondi. Il risultato a quanto pare non è comunque lo stesso...ma questo lo devo ancora sperimentare.

martedì 18 ottobre 2011

Caro black block ti scrivo

Caro black block, si parla tanto di te in questi giorni e io ti ho pensato spesso, per capire da che parte guardare questa faccenda dei disordini a Roma. Eri là sabato scorso, e probabilmente hai sfondato la vetrina di una banca che forse non rinnoverà il contratto ad un giovinastro come te, che dopo una laurea, un master, un corso d'inglese e uno di informatica era riuscito all'alba dei 30 anni a guadagnare 700 euro al mese. Probabilmente hai incendiato una Panda in riserva con qualche ammaccatura e senza l'acqua nei tergicristallo, come la mia. Poteva essere la mia, e allora vedi come li aggiro i sofismi da saccentuzza-radical-chic-bastian-contrario della serie che la violenza è un altra. E no, amico b&b, se immagino la mia Panda in fiamme capisco che sei indifendibile. E se scopro che sei lo stesso che allo stadio intona i cori antisemiti, quello che organizza il pestaggio alla coppia gay, quello che lanciava i sassi dal cavalcavia, quello che quando ero bambina scavalcava i cancelli del parco, la notte, e sgozzava i cigni per tedio, e lo sospetto fortemente, allora è facile capire che la tua protesta non ha identità, come non ce l'ha il tuo volto. E una protesta senza colore, senza idee, o che ne prende tante alla rinfusa, le mescola, le trita e ne fa un frullato più assimilabile per organismi semplici, perde molto del suo appeal. E tuttavia ci ho provato, caro b&b, a capire. Sei arrabbiato; la precarietà, l'immobilismo sociale, la meritocrazia latitante, i troppi soldi in mano a troppo pochi, le prese in giro dei disonesti al potere, la dappocaggine dei leccaculo che li attorniano, il perbenismo e la demagogia dei sepolcri imbiancati...ci sarà anche questo nel tuo frullato? Voglio darti il beneficio del dubbio, ma un frullato resta.  E il frullato prende la forma del contenitore che lo attornia.
Ecco cosa intendo, amico.
Prendi un b&b, prendine tanti, centinaia. Se ne trovano in tutti i paesi del mondo: è facile assimilare un frullato (a volte mi chiedo se in Italia ce ne siano di più, e se dipenda dalla lobotomia mediatica, ma questa resta una domanda in sospeso). Prendi centinaia di b&b in Italia. In questa Italia qui, quella dei disonesti e leccaculo di cui sopra, quella dei miracolati dai soldi e dal potere che son lassù col solo scopo di salvare se stessi, quella dei presidenti del consiglio che si ingaglioffano col trappolaio qualsiasi auspicando di "far fuori la procura di Milano". Questa Italia non ha interlocutori per gli indignatos, quelli con la Panda scassata a cui apprensioni e disillusioni stanno sullo stomaco da troppo tempo (altro che frullati!), sarebbe imbarazzante persino ascoltarli, perchè nessuno è lassù per loro. Più facile allora chiudere un occhio, dire che quei b&b avevano cospirato nell'ombra, limitarsi a non fare quello che nelle oltre ottanta piazze del mondo hanno evidentemente fatto, ovvero arginare i violenti.
Prendi centinaia di b&b in Italia e lasciali fare. Questo li esimerà lassù dal trovare risposte per l'Italia peggiore del ministro Brunetta. Allora sarà un gioco da ragazzi dire costernati: guardate chi sono davvero quelli che protestano. Questo, e non altro, riempirà giornali e tv. Lassù riceveranno solidarietà unanime e nel chiasso delle vetrine rotte e dietro le coltri di fumo delle auto incendiate si prenderanno altro tempo per fare i loro comodi.      
       

giovedì 13 ottobre 2011

Dolcetto o scherzetto?

Sono il dolcetto americano per eccellenza, i muffin. E qui lo dico e qui lo nego rappresentano degnamente le celeberrime manie di grandezza americane: tanto cinema per un dolce facile facile che sta a cassate, cannoli, babà, frappe e chi più ne ha più ne metta come i romanzi armony stanno alla divina commedia.
Conscia che anche gli armony possono avere un loro perchè, amo i muffin e li faccio anche piuttosto spesso, sperimentando diverse varianti. La ricetta base che ho reputato la migliore, dopo alcune prove, è la seguente:
100 g di burro ammorbidito
180 g di zucchero
3 uova
350 g di farina di cui 100-150 g di farina di Manitoba (si trova ormai in tutti i supermercati). La restante farina di frumento 00. L'aggiunta della Manitoba è secondo me fondamentale per ottenere dei muffin soffici e per quanto possibile leggeri.
150 ml di latte
1 bustina di vanillina
1 pizzico di sale
1 bustina di lievito per dolci

Per fare i muffin è essenziale possedere lo stampo in silicone oppure in metallo (in quest'ultimo caso diventano imprescindibili gli appositi pirottini di carta da inserire negli incavi, altrimenti sarà molto difficile convincere i vostri muffin ad uscire dallo stampo). Non tentate la fortuna: cuocere i muffin nei soli pirottini di carta significa sfornare delle poco invitanti piatte "frittelle" invece che degli esuberanti dolcetti impertinenti.
Montate burro e zucchero fino ad ottenere una bella cremina omogenea e spumosa, aggiungete le uova intere, metà della farina, il latte, la restante farina e poi tutto il resto. Non mescolate eccessivamente: al muffin piace che l'impasto sia un po' "grumoso".
A questo punto potete sbizzarrirvi ad inserire ingredienti a piacere: scaglie di cioccolato, mirtilli sciroppati, frutta secca, farina di cocco, uvetta ammollata...
Se volete i muffin neri sostituite 50 g di farina 00 con altrettanto cacao amaro in polvere e aumentate un poco lo zucchero.
Lo zucchero in granella spolverizzato al di sopra (o anche granella di nocciole o altro) fa sempre la sua figura.
Scucchiaiate l'impasto negli stampi riempiendoli per circa 3/4 e infornate a 180°C per circa 20 minuti.
Dolcetto servito.

martedì 11 ottobre 2011

Noi relitti del classico

Mamma insegnante, babbo libero professionista, generazioni di nonni istruiti: prototipo del fanciullo destinato al liceo classico senza possibilità di replica.
Per mia fortuna non appartenevo al prototipo e ho scelto il classico come qualsiasi tredicenne dovrebbe poter scegliere la scuola superiore: a caso o tutt'al più a naso. No, non farò come la miss Italia di turno: non passavo di lì con la mia amica Frenci mentre ci mangiavamo un gelato, il preside mi ha notata, etc etc. Tuttavia la mia non fu una scelta meditata. Al corso facoltativo di latino delle medie infondo avevo ottenuto risultati poco incoraggianti...
Arrivai casualmente al Muratori tre giorni dopo l'inizio delle lezioni perchè ero coi miei in Sardegna: abbronzata e di carta velina vestita, mentre i miei nuovi verdognoli compagni erano già infagottati nei maglioni.
Quella scuola si rivelò per me una buona idea. Una scuola che mi ha insegnato tanto di quello che sono e che dico e che penso oggi, dove ho incontrato amici mai più lasciati, consolidato una sorellanza di vecchia data, dove ho imparato a misurarmi con la mia personalità che si formava, inciampava, si stupiva, si arrabbiava, faceva cose buffe che oggi mi inteneriscono. Auguro a qualsiasi ragazzo di svegliarsi sereno la mattina prima di andare a scuola, in qualsiasi scuola, come mi sono svegliata io per cinque anni.
E però diciamolo il liceo classico non è una scuola qualsiasi. Noi relitti del classico siamo marchiati a fuoco e a distanza di anni dall'età verde della scuola vagabondiamo con la nostra lettera scarlatta stampata in fronte. Riconoscerci è facile. Siamo quelli che "un agente teratogeno è una roba che causa malformazioni" e proprio non resistono a dirlo. Quelli che sei stai male, beh, "compassione è soffrire insieme" e tutta la tomella filosofico-esistenziale che ne consegue. Quelli che riconoscono un ossimoro e una litote, e non riescono a fare a meno di compiacersene. Quelli che per imparare a cambiare una lampadina devono sempre e comunque prendere appunti. Quelli che hanno sviluppato una compulsione per lo studio. Quelli che non c'è limite a ciò che potrebbe essere interessante sapere. Quelli che tanto il classico ti dà un metodo. Quelli che hanno sperimentato che questa teoria ha dei limiti. Ma che nonostante tutto avere un libro da aprire, una storia che aspetta di essere raccontata, un sogno che attende di essere realizzato è un bel vivere.
Ed è così che ad anni trenta più uno, a dodici anni dalla maturità, cinque dalla laurea, pochi mesi dal dottorato, sono tornata nel limbo degli studenti e mi sono iscritta a giurisprudenza.
Liceo classico: può avere effetti collaterali anche gravi, leggere attentamente il foglietto illustrativo.

lunedì 3 ottobre 2011

Tu che locali frequenti?

Questa domanda mi atterriva all'epoca in cui ero un'adolescente tremebonda (ovvero fino a circa 25 anni).
E adesso cosa rispondo? Ma, sai, nessuno in particolare (=non ne frequento nessuno ma non oso confessarlo). Boh, sì...qualche volta vado al Rock Modena Pub (=sì, tipo UNA volta in vita mia. La verità è che quando voglio una birra o sto a casa mia o vado alla Vecchia Scarpa o alla Stella, n.d.r. che oggi non esiste neanche più).
Oggi che di anni ne ho 30 più uno e che la moda impone di usare facebook come un localizzatore satellitare per far sapere non si capisce bene a chi e a che pro dove ciascuno si trovi in ogni momento (Tizio è al Baluardo-Caio è al Paseo-spero che almeno Sempronio mantenga un po' di mistero), scopro che forse sono diventata definitivamente grande. Vecchia, forse. E dall'alto del mio orgoglio matusa mi permetto di confessare al popolo di taggatori tagganti 20(e ci sta)-30(e anche no)-40enni(e finiscila!) che...
Non sono mai stata al mitico Baluardo. Quando ho capito che il leggendario Paseo era la baracchina dei viali con le sedie a dondolo dove andavo a mangiare la cocomera quando avevo dodici anni ho capito la differenza che corre tra leggenda e realtà. Mai stata allo Snoopy. Mai al Frozen. Mai al Gilda. Una volta alla Crepa e dal momento che hanno preteso di farmi credere che dovessi alzarmi soddisfatta a ballare dopo avere pagato 20 mila lire (sì, c'era ancora la lira) un'insalata ho pensato che qualcosa non era in sintonia tra me e loro. Il Pineta questo sconosciuto. Mi sono chiesta per un paio d'anni cosa fosse mai questo celebrato Raduno degli orsi. Ho fatto il primo aperitivo a 28 anni. E quando ho messo piede all'Embassy ho visto cose che voi umani...ma dico, veramente c'è gente che si sente a proprio agio in salopette leopardata con tacco 12?.

lunedì 26 settembre 2011

Risum abundat nella bocca del goloso

Ovvero, evviva risi e risotti, caldi o freddi, asciutti o brodosi.
Anche il semplice riso bollito, qualche zucchina, aglio, pollo se vogliamo esagerare: un povero magro piatto che non trovo per nulla sconfortante a dispetto dei pregiudizi.
Equinozio di autunno varcato (il 23 settembre), rassegnamoci a salutare i dì più lunghi delle notti, a salutare l'estate (ma a quanto pare non le alte temperature) ed accogliere l'autunno. Propongo allora di salutare l'estate con un riso delizioso e profumato, che fa molto pic nic senza i soliti panini: un riso orientale aromatico.
Lo so, lo so che l'Italia vanta numerose ottime qualità di riso, ma il riso che io preferisco è quello a chicco lungo orientale, il basmati o il thai; aroma imbattibile, a mio parere.
E dunque, circa 80 g a persona di riso basmati o thai. Se poi trovate anche il riso venere (quello nero a chicco lungo, che costa un pozzo ma è spettacolare) è l'ideale: mescolate i due tipi di riso e sarà una poesia!
fagioli cannellini (ma anche no)
carciofi (suggerisco per questi ultimi, qui lo dico e qui lo nego, i pratici cuori surgelati)
pomodori secchi
ricotta salata o feta
erba cipollina fresca
basilico fresco

A parte cuocere il riso (se possedete l'apparecchio cuociriso tanto meglio) e, quando è pronto, bloccarne la cottura con acqua fredda, avrete ben poco da fare, se non cuocere i carciofi in acqua bollente salata (e senza coperchio, per non farli impallidire). Fateli raffreddare e tagliateli a listarelle, così come i pomodori e il formaggio che avete scelto. Tagliate con le forbici anche i pezzetti di erba cipollina e basilico freschi. Aggiungete i cannellini se li avete.
Aggiustate di sale, pepe, eventualmente olio (ma secondo me non occorre).
Il piatto è pronto!

sabato 24 settembre 2011

Home sweet home

Signore e signori, vi prestento...casa mia!
Ingresso-sala, festa di pareti gialle e verdi. Non giallino paglierino, verdolino salvia, no, giallo oro e verde bosco. I colori scuri stancano, patologia da cui pare molti siano afflitti ma non io.
Mobili in noce, tutti intarsiati, un pezzo dell'amata casa dell'amata nonna. Sì, lo so, nessuno sotto i 40 anni sceglierebbe mobili così, ma il mio è uno dei casi in cui sono i mobili che mi hanno scelta: hanno atteso in soffitta per almeno un lustro, strenui al destino di discariche e pesche di beneficienza, fino a quando è arrivato per me il momento di mettere su casa a budget limitato.
Uno dei pochi salotti in cui lo schermo piatto non ha ancora fatto la sua apparizione: cara, vecchia, ingrombrante tv a tubo catodico, retrocessa oramai a schermo del computer, giacchè dalla tv generalista mi sono felicemente congedata. Divano verde scuro, foggia antica, uno dei rari pezzi acquistati all'occorrenza e prontamente devastato dai gatti. Condizione perfetta per ricordarmi che un divano è soltanto un oggetto inanimato.
Poster da due soldi, aventi il solo pregio di essermi piaciuti, l'insegna Come on, we're open, fotografie: un'intera finestra di fotografie (e intendo proprio un telaio di una vecchia finestra), intrecciate a ricordarmi un pezzettino di vita. Quadro, uno solo, ed è giusto che sia così. Un pannello sopra il suddetto divano, colori che sembrano fatti apposta per me e per il mio salotto, dono realizzato e autografato dalla mamma dell'amorevole amato coinquilino umano.
Cucina, salvata da un magazzino in fallimento. Anche lei credo mi stesse aspettando. Rustica, semplice, superfici riflettenti bandite. Mi sento a disagio nelle cucine high tech, piccoli obitori domestici, tavoli lisci lisci di metallo, faretti indagatori che mettono a nudo piani di lavoro rigorosamente de-batterizzati.
In cucina come in bagno pareti verde acido.
Non ne contemplano più di bagni così. Graziose piastrelline anni 80. Vasca da bagno antidiluviana (indecente, senza offesa, me lo ha detto pure mia sorella di anni 7) con telo da doccia, quelli che mentre ti lavi ti si appiccicano addosso che è un piacere. E contro eserciti di moderni lavandini sospesi o incastonati in mobili portacartaigienica, il mio è un classico rassicurante lavandino con la gamba.
Camera da letto lilla (aaaa....riposante), letto laccato rosso-Ferrari (aaaa....meglio non esagerare col riposo), recuperato da mio zio accanto ad un cassonetto. Sulla lettiera (n.d.r. o si dice la testiera del letto??? forse la lettiera è quella dei gatti) la locandina di un film a cui è votato il mio personale culto, Manhattan di Woody Allen.
Il balcone, piccola piattaforma ecologica domestica: compostiera, bidoni per la raccolta differenziata, cassetta per i gatti, qualche pianta che ancora sopravvive al pollice tutt'altro che verde dei proprietari toccati in sorte.
Benvenuti, dunque, mettetevi comodi, vado a preparare qualche stuzzichino.
Quelli che la casa non è un'astronave.
Quelli che un divano bianco è vietato dalla legge.
Quelli che un po' di polvere non ha mai ammazzato nessuno.
Quelli che gli oggetti sono sempre soltanto oggetti.
Quelli che la migliore terapia è rientrare a casa propria.

domenica 18 settembre 2011

I lavori del giovane Werther

Pubblicavo l'ultimo post a fine agosto e siamo già balzati oltre la metà di settembre. E oggi, finalmente, si vede. Cielo plumbeo, odore di pioggia, e pure quel bel rumore, fino a poco fa.
La ragione di un così lungo silenzio blogghesco è che dopo un'estate di più o meno costante sana disoccupazione ho ripreso a lavorare.
Breve digressione sul mito post-marxista del lavoro. La religione è l'oppio dei popoli, d'accordo. A distanza di anni, e nonostante le numerose conquiste di civiltà ed emancipazione, forse di quell'oppio lì i popoli ne abusano ancora, a tutto vantaggio di chi i popoli li piega ai propri privati interessi. Ma di oppio ne abbiamo contestualmente scoperto un altro, e nessuno ancora si arrischia ad additarlo come nefasto, ed è quello del lavoro.
Lavorare per essere qualcuno, per avere qualcosa, sempre più cose. Le cose che vogliamo avere sono sempre di più, gli stipendi sempre più bassi, e allora lavoriamo di più, di più, di più. Viverci in mezzo nel frattempo sarebbe auspicabile ma non sempre possibile.
Prima o poi la dipendenza chiederà il suo prezzo e l'organismo mostrerà di essere da tempo compromesso. Sarà la mia generazione probabilmente a dover ricoverare il malato, ammettere che era un tossico, superare le crisi di astinenza, le allucinazioni, la perdita della dignità. Uscirne,  forse. O soccombere.

Ebbene, doveroso aggiornamento del mio status professionale. Ad uso e consumo di parenti, amici, conoscenti e non conoscenti che si trovino a chiedersi come mi procuro da vivere. A chi mi ha fatto questa domanda ma non ha ascoltato la risposta. O non l'ha capita, forse per mio difetto lessicale.
Nessuna attività illecita, per ora.
Tuttavia, definizione non facile.
Mettiamo subito le cose in chiaro. No, non ho un contratto a tempo indeterminato. Il mio è da consumarsi preferibilmente entro il 23 dicembre 2011. Alla scadenza è probabile che ci sarà altro latte UHT sugli scaffali del supermercato, ma in effetti non bisogna farsi troppe illusioni. No, non ho un orario di lavoro, non ho cartellini da timbrare, non ho buoni pasto, ferie, malattie, congedi.
Ciò premesso, quando lavoro. Di solito il pomeriggio, a volte la sera (fin verso l'una), a volte nel weekend. Da circa 20 a massimo 50 ore settimanali quando proprio si esagera (come la settimana in arrivo). Ecco perchè quando tu lavori io me ne vado tranquilla al mercato del lunedì.
Cosa faccio. A pagarmi è una cooperativa che fa comunicazione ambientale. Non atterrirti, prosegui, puoi farcela.
Tralasciando fotocopie, rilegature, centralino, che pure rappresentano quella salutare fuga dagli intellettualismi che solo i lavori ripetitivi sanno regalare, faccio principalmente tre cose: 1) formo e coordino gruppi di persone che fanno attività di informazione o consegna casa per casa (es. il tizio che viene a portarvi la pattumella per l'organico). Non ci hai mai pensato, forse non ci credi, ma c'è un sacco di lavoro dietro. 2) faccio personalmente informazione su temi ambientali (soprattutto raccolta differenziata) in incontri pubblici di vario tipo (serate, punti informativi, etc). Ebbene sì, qualcuno paga per questo. 3) curo e svolgo progetti didattici su rifiuti, acqua, energia, clima, chi più ne ha più ne metta, nelle scuole di ogni ordine e grado.
Sì, ma quindi, cosa faccio? Chiamami educatrice ambientale, mi sta bene.
Oppure continua a pensare che non mi sono ancora trovata un lavoro serio.

domenica 28 agosto 2011

Quante stupide "Galline" che si acquistano per niente

Questo libro mi è arrivato di terza o quarta mano. Mia madre, ma non è suo, glielo ha passato un'amica, ma non lo ha comprato lei. Da chi siano stati sganciati i ferali 18 euro non è dato saperlo.
E ora capisco perchè...
Opera prima di Silvia Bergero, professione giornalista.
Tanto è stato scritto sui giovani di 20 e giovanili e non-giovani di 30 e 40 anni. Perchè trascurare la generazione Fifties, i cinquantenni?
Storia di cinque amiche della Milano bene. Aperitivi, loft, weekend vacanzieri, abiti griffati, stanche manco a dirlo della solita routine familiare, bramose di maschi, qualche genitore morente o figlio dissidente giusto per incupire la vacuità di un mocassino Tod's e di una borsetta Prada.
L'amica grassa porta la 44. La menopausa le spezza ma non le piega e la libido si impenna verso vette insperate per le più giovani.
La mangiauomini tradisce l'amica anglofona in carriera col suo compagno, ma era solo sesso. Se la spassa salvo poi scoprire che il padre, con cui era in rotta da venticinque anni, è sul letto di morte.
La cicciona si prende una pausa dal matrimonio andando in Egitto per un corso di arabo.
Accerchiate in auto nel bel mezzo di una rissa metropolitana: intermezzo senza capo nè coda per giustificare un litigio irreale fra la modaiola col marito premuroso-professionista-affermato e la separata con figlia a carico in cerca del fremito ormonale. 
Il tutto senza mai tralasciare il sandalo gioiello infradito e la blusa animalier etno-chic. Dal basso dei miei trent'anni (più uno) mi chiedo: cosa dovrebbero rivelare questi dettagli? Alle cinquantenni l'ardua sentenza.
Io li ho trovati ossessivi e vuoti, tediosi, ma mai quanto certi dialoghi stentati, posticci come le tinture che le nostre eroine-galline pretendono di farci credere di non usare (Maddi e la sua chioma di vaporosi ricci rossi, tutti naturali...e io tapina che a 31 anni ho già 3 capelli bianchi).
Le amiche non sono così, non parlano così. Non a venti, non a trenta; ipotizzo nemmeno a quaranta e cinquanta. E se volevano essere personaggi estrosi e sopra alle righe non ne hanno l'ironia. Galline antipatiche e deprimenti, artefatte, come la prosa che le descrive.
18 euro che è meglio spendere per una pizza con un'amica. Con le espadrillas delle medie e la camicetta della nonna.

venerdì 26 agosto 2011

Dieta: giorno III

Terzo giorno. Un invito a pranzo rifiutato. Oggi la dieta parte male: vagheggiamento di un corpo perfetto in luogo di amicizia, ma dico scherziamo? Va bene, respira, tranquilla, semel in anno licet far la dieta.
E dunque, daccapo:
Colazione
1 uovo sodo (colesterolo questo inascoltato)
1 fetta di pane tostato
caffè o tè
Pranzo (argh)
1 pezzo di formaggio (ecco pure qui, come per i wurstel il dietologo è stato ingenuo: una fetta? quanto grande? di quale formaggio? Io ho scelto l'Asiago e la fetta era circa 5x8 cm x2 cm di spessore...ma ti pare che mi debba mettere pure a calibrare il formaggio?!)
5 creacker salati
caffè
Cena
250g di tonno al naturale
250g di fagiolini
150g di carote
1 mela piccola
125g di gelato alla vaniglia

Scrivo questo post all'alba del giorno dopo, anzi di due giorni dopo. Curiosi??
...e fu così che venne il giorno tanto atteso della pesatura. Alba del giorno del Signore IV dopo dieta. Sveglia, pipì, bilancia: tadàààà.....ed ecco a voi un quarto di bue da 68 kg tondi, ovvero in tre giorni 1 kg IN PIU'!!!
Così si infranse il mio American dream.
E' ufficiale: la dieta americana è un falso, alla rivista "Silouette" che la pubblicizzava bisognerebbe domandare a ragion del vero a quale genere di silouette intendano far riferimento. Silouette alla Botero? Ah, ok, allora io sono in perfetta forma e per forma intendo quella tonda, come recita la calamita sul mio frigo.
Archiviata l'America, partiamo col sogno numero due: il diario alimentare online! Per lo meno è divertente e forse più realista: raggiungerò il mio ideale morfologico il 16 dicembre 2011, gradualmente, mangiando poco, di tutto, ma con una netta prevalenza per le cose scialbe e insipide, e muovendomi di più. Ma va? A me ci voleva la dieta americana per capirlo...

giovedì 25 agosto 2011

Dieta: giorno II

Scavallato il primo giorno, eccovi il diario alimentare del secondo.
Mi rendo conto che le mie peripezie alimentari non rappresentino un argomento culturalmente dignitoso o comunque di un qualche interesse, ma fanno parte della terapia. Scripta manent, quasi un contratto con me stessa, mi serve per tentare di prendermi sul serio.
Colazione
1 bicchiere si acqua e succo di limone (aggiunta mia)
1 uovo sodo (spiaccicato e condito con sale e pepe non è così indigesto),1 fetta di pane tostato, mezza banana
caffè
Pranzo
250 g di formaggio in fiocchi (una confezione e mezza del classico Yocca)
5 creaker salati
Caffè a metà pomeriggio (aggiunta mia), ma oggi resistere fino alla cena è stato meno problematico.
Cena
2 wurstel (l'incauto dietologo non si è premurato di specificarne tipo e dimensioni, e dunque....wuberone di puro suino!)
250 g di cavolini di Bruxelles (mmm...li amavo: sì, ma con burro e parmigiano. Con limone e prezzemolo sono i parenti assai poveri di quelli che conoscevo io, e non finiscono più)
150 g di carote (quantità accettabile)
mezza banana e il solito gelato (vedi giorno I)


Parentesi sull'impatto ambientale di questa dieta. Elevato. Tante, troppe proteine animali, lo so. Ma pare sia il solo modo per riappropriarmi di una morfologia accettabile, con buona pace dei fanatici della dieta mediterranea. Mi cautelerò nei giorni successivi.

mercoledì 24 agosto 2011

Dieta: giorno I

Perchè la dieta americana fra mmmille altre a disposizione?
Perchè le diete sono esperimenti antisociali. Rendono grotteschi i ritrovi al ristorante (per me un'insalata mista scondita e mezza minerale), improbabili quelli al pub (mmm...una spremuta d'arancia?), utopistiche le réunion amicali a tarallucci e vino. Rendono i soggiogati dell'ipocalorico sostanzialmente ostili al mondo e all'umanità, depressi e deprimenti. Più di tre giorni di ferrea e solitaria ortoressia non potrei reggerli.
Nè potrei reggere più di tre giorni di 70-g-di-merluzzo-del-Mar-Baltico-e-cavolini-di-Bruxelles: ingabbiata in una sfilza di ingredienti precisi, bandito ogni recupero dell'avanzo, ogni fantasiosa operazione di collage alimentare, no, non posso farcela. Benchè i fatidici tre giorni siano anche in questo caso da seguire alla lettera, gli ingredienti sono semplici e credibili, i pranzi (che spesso capita di consumare fuori) facilmente trasportabili nella ben nota storica gavetta.
E dunque, primo giorno. L'orrido rito della pesata mattutina pre-dieta...67 kg (e non sono 1 metro e ottanta...). I miei tremebondi piedi toccheranno nuovamente la bilancia solo all'alba del quarto giorno.  
Colazione
1 bicchiere scarsino di succo di pompelmo senza zucchero
1 fetta di pane tostato con un cucchiano di margarina (o burro di arachidi...più appetitoso, ma putroppo non l'ho trovato)
caffè o tè (niente latte o zucchero, ammesso solo il dolcificante)
Si giunge con discreta dignità (personalmente aggiungendo un caffè non zuccherato a metà mattina) fino al...
Pranzo
1 bicchiere di acqua e succo di limone (l'ho aggiunto io, per farmi venire quel tanto di acidità per non farmi odiare troppo questo magro pasto)
150 g di tonno al naturale con una fetta di pane tostato.
Ovviamente come condimento niente olio (nè burro), solo sale, spezie, e -aggiungo io- aceto di mele e limone, altrimenti muoio di stizza.
Caffè previsto dopo pranzo spostato a metà pomeriggio, per sopravvivere. Un bicchiere di tè non zuccherato nell'orario drammatico del rientro a casa: non si può mica cenare alle sei e mezza, no??? Superato il momento più critico della giornata si perviene alla...
Cena
90 g di carne a piacere (alla piastra)
250 g di carote (crude o al vapore, comunque sono un'infinità)
250 g di fagiolini (preferisco non parlarne...)
1 mela (a questo punto già si grida pietà: ci si sente pieni anche se non certo gratificati) 
125 g di gelato alla vaniglia (ho letto che in alternativa si può optare per il limone, forse è meglio)

Nulla può essere sostituito, spostato, evitato. La successione dei pasti va rispettata. Va da sè che niente alcolici o bevande gasate/zuccherate. Due litri d'acqua al giorno.
Un giorno è andato. Augh.

martedì 23 agosto 2011

Tu vò fà l'americana

Pure il gatto rosso...sono io!
Intesa come dieta americana.
Ebbene sì, lo confesso, mi sono messa a dieta.
Orrore e raccapriccio, anzi ira funesta, ma devo tentare.
Messaggio per quanti ancora dicono che sono sempre uguale. Seeee...prego visionare le foto non dico di 10 ma anche solo di 5-7 anni fa. E non è una mia scorretta percezione del corpo, scarsa autostima e tutte quelle pippe, no no: bilancia canta, ero da 10 a 7 kg in meno.
Messaggio per quanti ancora dicono che li distribuisco bene. Sì, sono democraticamente distribuiti fra panza, cosce, culo, braccia (orrore!), viso e collo, schiena: a nessuno manca niente in effetti, adipe equa e solidale. Confortante.
Messaggio per i negozianti che ancora mi propongono la taglia 44 (alcuni ipovedenti addirittura la 42). Oh, ma lo vedo solo io che è una sfida impossibile tra me e un pantalone che grida pietà, una cerniera che urla vendetta, un elastico teso allo spasimo??!! Forse è un gesto di riguardo ma il risultato è: cruccio e amarezza, rabbia omicida, inghiottita dal camerino-con-specchio-e-luce-accecante, spietato come una macchina della verità.
Ebbene, quindi dieta americana. Trovata su una rivista di "salute da spiaggia" la settimana scorsa.
Il regime ferreo dura 3 giorni consecutivi, ripetibili per un mese e seguiti da 4 giorni liberi ma possibilmente controllati.
Per chi volesse sperimentarla, per chi fosse curioso di seguirmi nell'impresa, per chi sa già che sgarrerò, per chi vuole usarmi come cavia per sapere se funziona, inauguro qui per la storica occasione una nuova etichetta, ovvero dieta.

mercoledì 10 agosto 2011

Amare il seitan, ovvero travestirsi da vegetariani pur non essendolo

Decine di post fa introducevo il tema dell'opportunità di limitare il consumo di carne per motivi ecologici. Passo la parola al simpatico collega Mario Tozzi che in questo filmato spiega molto bene cosa si intende (se volete andare al nocciolo della questione spostatevi al minuto 4.15).
Mangiare più raramente la carne, spendendo qualcosa di più (non sempre tra l'altro) per comprarla possibilmente locale e biologica. La spesa maggiore è giustificata da una migliore qualità della vita dell'animale e una maggiore naturalezza del suo mangime. Più salute, più gusto, meno gotta, meno deforestazione, meno consumo di risorse, meno gas serra, meno riscaldamento globale...devo continuare?
Ma veniamo al titolo del post: cosa è il seitan e perchè non diffidare di lui. Io ho preso coraggio grazie alla testimonianza di un'amica ecologicamente avanzata e ho comprato quello alla piastra che vendono nel banco frigo di molti supermercati (4 bistecchine costano circa 4 euro).
Ha praticamente le stesse calorie della carne (ma zero colesterolo), è ricco di proteine e, aspetto primario, è commestibile, anzi gustoso se lo si cucina in modo gustoso. Diciamo che è un alimento mimetico, che ricorda la carne, ma è più delicato, e sa diventare molto saporito se accompagnato da ingredienti validi. Inoltre permette di "imitare" tipici piatti di carne ma in tempi molto più ridotti.
Io ho sperimentato le tagliatelle col ragù di seitan e vi assicuro che sono molto buone!
Provate così.
Ponete in padella un giro d'olio, cipolla tritata, aglio e fate soffriggere. Nel frattempo tagliuzzate finemente una bistecchina di seitan (per due persone) e aggiungetela al soffritto. Mescolate, salate, peperoncinate se vi piace. Cinque minuti e potete aggiungere un po' di buona salsa di pomodoro, allungate con poca acqua di cottura della pasta. Mantecate la pasta già cotta nel ragù per pochi minuti. Per un buon ragù di carne 3 ore. Per un buon ragù di seitan 10 minuti. Tentar non nuoce.

lunedì 1 agosto 2011

Mai senza patata

Più che un doppio senso, un senso unico di siffrediana memoria.
Ma pure fuor di metafora, ditemi voi se si potrebbe vivere senza patate, uno dei motivi per cui sono più grata a Cristoforo Colombo di essersi imbarcato per quel viaggio assurdo.
Patate fritte, ovviamente, a fiammifero, a disco, a tocchetti. Patate al forno (non meno gustose). Crocchette di patate (gialle o verdi, con o senza ripieno). Gnocchetti di patate. Zuppa di patate. Tortini e soufflè di patate. Purè di patate. Patate bollite, calde, fredde, con buccia, senza. Patate al cartoccio (magari con cuore di olio aromatico). Mi è impossibile immaginarmi senza.
Ed ecco a voi un'altra superba interpretazione di Sua Maestà La Patata: la pasta lievitata, un prodotto culinario altamente versatile, che si presta addirittura per preparazioni dolci. Devo questa ricetta preziosa ad uno dei più fecondi corsi di cucina fatti dalla Lisa (scuola di cucina il Girasole).
Vi occorrono:
530 g di farina 0 (qualcosa di più circa per impastare),
230 g di farina di grano duro (o manitoba, o anche un insieme delle due)
450 g di patate
400 g di acqua (circa)
120 g di olio d'oliva
un cubetto e mezzo di lievito di birra
4 cucchiaini di sale
un pizzico di zucchero

Per prima cosa pelate e riducete le patate a cubetti e cuocetele a vapore.
Il bambino di pane dopo un'ora di lievitazione
Sciogliete il lievito in metà dell'acqua col pizzico di zucchero. Come si sa i lieviti in questo modo "mangiano" lo zucchero e si attivano velocemente. Va evitato al contrario il contatto diretto fra lievito e sale, perchè quest'ultimo inibisce la lievitazione.
Mescolate le farine con il sale formando la classica fontana. Create un buco nel mezzo in cui inserirete le patate lesse schiacciate (con l'apposito attrezzo o anche coi rebbi di una forchetta). Iniziate a versare l'"acqua lievitata" e ad impastare aiutandovi con una forchetta. Aggiungete l'olio e il resto dell'acqua: regolatevi con la quantità in base a quanta ne assorbe la farina, il chè dipende anche dall'umidità dell'aria. Una volta ottenuto un impasto coeso, morbido e piuttosto appiccicoso, formate una palla e lasciate lievitare per un'ora circa in una terrina che sigillerete con la pellicola trasparente lasciando però uno sfiato per l'aria. Il volume dovrà raddoppiare.
A questo punto sgonfiate il vostro bambino di pane, impastate ancora un po' aiutandovi eventualmente con farina aggiuntiva e/o ungendovi le mani. Non temete: l'impasto appiccica, è normale, ma con un po' di pazienza riuscirete a domarlo. Ora avete tre alternative, una delle quali declinabile in decine di versioni.
Gnocco con passata di pomodoro e romsmarino
1) Gnocco al forno. Spiaccicate con le mani su una teglia l'impasto. Non è necessario, e praticamente impossibile, tirarlo con la cannella. Con queste dosi riempirete una teglia da forno. Potete lasciarlo nudo ed eventualmente farcirlo all'interno con quel che vi piace a mò di panino a cottura ultimata oppure impreziosirlo di origano, pomodorini, aglio, rosmarino, pancetta, grana, cipolla, passata di pomodoro, insomma qualsiasi cosa la fantasia vi suggerisca. Cuocete a 180° per mezz'ora.
2) Paste fritte. Per questa preparazione potreste avere bisogno di ulteriore farina nella fase di impasto, perchè dovrete ottenere un composto che si possa tirare con la cannella. Una buona idea può essere anche quella di diminuire l'olio di 50 g. Quando lo avrete, fatelo e tirate la pasta di circa 7 mm di spessore. Ricavate delle strisce irregolari, ponetele ben distanziate su un canovaccio e lasciate lievitare fino a che diventano spugnosi. Friggete poi in olio prondondo non troppo caldo. Accompagnate con salumi, sottaceti, pomodorini, mozzarelle, o anche nudi e crudi (anzi fritti).
3) Ciambelle dolci. Idem come sopra per l'impasto, ma in questo caso formate delle palline che bucherete al centro e modellerete a ciambella. Dopo la lievitazione, friggete e ricoprite di zucchero semolato.

Nessuno penserà che le patate abbiano a che fare con queste preparazioni, e invece le maliarde ci sono eccome e anzi sono proprio loro a conferire ad esse una poetica morbidezza!

domenica 31 luglio 2011

Siamo alla frutta...sciroppata

Estate, andiamo, è tempo di conserve. Il sole in barattolo della conserva di pomodoro forse non è cosa da tutti perchè occorrono attrezzatura e spazio. A tal proposito il mio ricordo vola però alla mia nonna, strenua interprete del se lo vuoi con forza non è un sogno, che portava avanti la tradizione della passata di pomodoro fatta in casa anche quando la "casa" in questione non era più il casolare di campagna ma un miniappartamento senza balcone.
Alla portata di ogni microcosmo moderno è invece la frutta in barattolo! Domanda imperante: perchè?
1) Perchè riduciamo la quantità di rifiuti. I barattoli di vetro infatti, ben lavati ed asciugati (e non sbeccati!), saranno sempre gli stessi ogni anno e questo eviterà da parte nostra l'acquisto e successivo conferimento nei rifiuti di contenitori in vetro o monoporzioni in alluminio o plastica.
2) Perchè nelle nostre conserve non serviranno conservanti, addensanti, coloranti, edulcolanti, niente di niente: pochi, semplici, controllati ingredienti e la garanzia di un prodotto buono e sano (ovviamente scegliendo materie prime di buona qualità), ma non per questo meno piacevole alla vista.
3) Perchè risparmieremo soldi, soprattutto se abbiamo la fortuna di conoscere qualcuno che ci faccia dono della sua frutta che altrimenti non utilizzerebbe.
4) Perchè impareremo a realizzare un bene (che può diventare anche un regalo originale), quando il mercato ci vuole soltanto compulsivi compratori di merci.
Personalmente i prodotti che utilizzo di più e che mi piace realizzare sono: ciliegie sotto spirito, amarene e mirtilli sciroppati, marmellate di prugna (un jolly, perfetta per le crostate), albicocca (sono ghiotta di torta Sacher) e pere (ottima coi formaggi).
Dedico questo post alle amarene sciroppate, retaggio -manco a dirlo- della mia infanzia con la nonna, che le preparava per farcire torte e impreziosire lo yogurt a colazione oppure creme e gelati.
Occorrono: amarene sane, pulite e asciutte (meglio pulirle delicatamente con uno strofinaccio che in acqua), zucchero. Ovviamente barattoli di vetro e tappi (questi ultimi sempre nuovi!).
Denocciolate le amarene. Potrete eventualmente conservare in noccioli per il maraschino...Premetele a strati nei barattoli, alternando ad esse strati di zucchero. Suggerisco di attendere qualche ora a tappare il barattolo una volta riempito perchè le amarene tenderanno a "risalire" nello zucchero che si sarà sciolto nella loro acqua lasciando circa un centimentro di vuoto sul fondo. Potrete quindi procedere a pigiare un ulteriore strato di amarene. A questo punto tappate per bene.
E veniamo alla parte forse più importante: la sterilizzazione. Passaggio fondamentale affinchè la vostra frutta si conservi per lunghi periodi (mesi o addirittura anni) senza il pericolo che sviluppi muffe o peggio il temuto botulino. Un falso dogma da sfatare a riguardo: coi barattoli moderni attuali non è vero che sia necessario sistemare stracci tra un barattolo e l'altro e sul fondo della pentola di bollitura! I barattoli non si rompono, a meno che non siano sbeccati.
Basterà quindi un pentolone abbastanza grande in cui sistemerete i vostri barattoli coprendoli d'acqua in modo che essa li sovrasti di 4-5 cm. Accendete il fuoco, attendete il bollore e lasciate il fuoco acceso per 20-25 minuti. Dopodichè spegnete e lasciate raffreddare il tutto (ci vorranno parecchie ore). Se tutto è proceduto bene noterete che i tappi saranno leggermente curvati verso l'interno del barattolo (magia del sottovuoto!) e quando li aprirete sentirete un netto click.
Se non doveste sentirlo, se notaste delle "bollicine" in superficie o addirittura delle muffe....beh, a malincuore ma senza indugi: buttate il tutto! Ma tale evenienza è assai rara se si procede con attenzione.

venerdì 29 luglio 2011

Il vademecum per le donne odiato dalle donne

"La maya desnuda" di F. Goya
E' di questi giorni la notizia che il comune di Roma ha patrocinato la pubblicazione di un opuscolo sulla sicurezza delle donne distribuito alle fermate della metropolitana. L'intento dichiarato è quello di fornire alle donne utili consigli per difendersi da molestie, violenze, scippi.
La pagina 22 di detto opuscolo mostra poi l'intento sotteso ma non troppo, che è quello di pubblicizzare un aggeggio elettronico, un gps per jolande disperse -come direbbe la Litizzetto, che consente di inviare un segnale di aiuto ad una centrale operativa che identifica immediatamente la posizione della vittima e invia i soccorsi.
Ho letto che l'iniziativa e soprattutto i millantati utili consigli non sono piaciuti a molte donne, fra cui quelle della casa editrice noidonne.org. Riporto uno stralcio dell'opuscolo, i cui suggerimenti sono stati giudicati retrò ed anzi capaci solo di istigare alla paura:

A piedi in un quartiere isolato
Se percepisci una situazione di pericolo, attiva tutte le possibili armi in tuo possesso:
• tieni il telefonino in tasca o in mano.
• Tieni il cellulare impostato sul 112/113 (assolutamente sconsigliato usare per svago mp3 o cellulare perché ci rende meno attente e più vulnerabili essendo distratte dalla conversazione/messaggio/ascolto di un brano musicale).
• Cerca con lo sguardo altre persone/locali o case nelle vicinanze, dove potenzialmente chiedere aiuto.
• Se hai già previsto di rientrare la sera da sola, non indossare abiti vistosi o gioielli, tieni il cellulare e i documenti in tasca invece che in borsa.
• Controlla sempre che la borsa sia chiusa o nascondila in buste della spesa.
• Evita i parchi di sera anche se dovessi fare strada in più o i giri in bici da sola in posti isolati.

Le donne dunque non sarebbero libere di vestirsi come vogliono, dovrebbero avere paura di spostarsi da sole, dovrebbero piegarsi alla stessa logica sessista che determina la pericolosità instrinseca della società? Inaccettabile, sostengono le redattrici di  noidonne.org.

La dinamica della polemica è vetusta. - Donne, non girate da sole in abiti succinti- -Maschilisti! Il corpo è mio e me lo svestisco io- -Sì, volentieri, era solo un suggerimento per la vostra tranquillità, per non alimentare la brama maschile- -Ottusi! Insegnate piuttosto ai vostri figli maschi a non molestare le donne e finitela con le battute sul culo della collega-.Premessa. Sono stata in parecchi paesi stranieri dove le donne girano da sole, di sera, in abiti succinti. Procedendo per deduzione rispetto ad anni ed anni di storia dell'umanità, immagino che anche in quei paesi la violenza sulle donne esista, ma che probabilmente là l'abito (della vittima) non faccia il maniaco oltre che il monaco.  
Da noi in Italia l'abito non solo fa monaco e maniaco, ma ti fa pure ministro se scegli con gusto.
Pertanto, nel misero Paese dell'incentivo-alla-maternità-questo-sconosciuto, delle posizioni di potere conquistate prendendole di petto (rifatto), delle usuali battute vetero-sessiste di Bar Montecitorio, delle donne in posizione di potere più rare della foca monaca, del voyerismo che va a braccetto col perbenismo di tradizione clericale, qui no, care amiche di noidonne.org, quei consigli non sono retrò.
E' l'Italia ad esserlo.

mercoledì 27 luglio 2011

Cinque buoni motivi per preferire le Cinque Terre

...alla riviera romagnola quando abiti a Modena e hai voglia di andare un giorno al mare.
1) Vale sicuramente la pena allungare un po' il viaggio per trovare un posto che sta alla riviera romagnola come il salmone affumicato sta alla simmenthal. Peraltro con una benefica sveglia antelucana si può prendere il treno alle 6.50 e giungere a destinazione alle 10 con un solo cambio. Costo del viaggio andata e ritorno sotto i 25 euro.
2) Se le file di ombrelloni allineati come sardine non sono il tuo forte, se la gimcana tra gli altrui teli alla ricerca di mezzo metro quadrato di libertà non interpreta il tuo concetto di relax, se bucheresti volentieri la palla a quelli che saltellano sul tuo asciugamano chiosando uno "scusa" ogni volta che sbagliano palleggio (cioè sempre), beh, sugli scogli gli ombrelloni purtroppo non si piantano, lo spazio fisico purtroppo è limitato e disagevole per i più, purtroppo i giochi senza frontiere risultano assai ostici. Le spiagge di sabbia sono poche (e tuttavia esistenti), gli accessi al mare rocciosi ma pratici, in cui è possibile ricavarsi un nido di comodità e raggiungere il mare in tranquillità, sono la norma.
3) E' un mondo a colori, di quelli che in città non capita di vedere: intanto il mare è davvero blu, e questo già è un ottimo motivo. In più, le svariate tonalità di verde della macchia mediterranea, le tinte accese delle piccole casette variopinte (orridi alberghi multipiano non pervenuti), l'ocra, il marrone, il nero della roccia (ndr: stupendi strati di arenarie e silititi piegati in verticale dalla tettonica, motivo 3-bis a sè stante).
4) Le possibilità di fare -volendolo- una pausa dalla crogiolatura al sole e dai tuffi in acqua esiste ed è più emozionante del pellegrinaggio fra le bancarelle di autentiche borsette Brada e calzini Nke. Se siete allegri stambecchi troverete le vostre soddisfazioni (in particolare nel percorso tra Vernazza e Monterosso), se siete come me più sullo stile cauto passeggiatore spostatevi da Riomaggiore a Manarola seguendo la celeberrima Via dell'Amore! Venti minuti di trotterellio, scorci suggestivi e approdo in un paesino delizioso.
5) ...e già che siete a Manarola fermatevi alla Cantina dello zio Bramante (poco fuori dalla stazione a destra)! Pasto con ottime bruschette con aggiughe e pesto, insalata di mare, buon vino bianco, 10 euro.

lunedì 25 luglio 2011

Perchè sposerò Nicolò Ammaniti parte II

Partiamo da questo presupposto.
Alienato con monomania della violenza sui bambini 
Detto questo, approdo a "Come Dio comanda" sapendo che mi piacerà, e forse ciò limita la mia obiettività.
Sono una lettrice discontinua e tendenzialmente piuttosto lenta. A volte si può proprio dire che mi ci perda un po' e temporeggi eccessivamente attraversando anche periodi abbastanza lunghi di allontanamento dalla lettura o dalla prosecuzione di un libro che magari mi sta pure piacendo. Temo sia il mio organismo che si ribella alle titaniche imprese dei malavoglia-gattopardi-coscienze-di-zeno e compagnia bella da leggersi in un'estate dei tempi del liceo.
Questo per dire che, curiosamente, ho letto questo libro in pochi giorni, rubando mozziconi di frasi persino al distributore in attesa del pieno di benzina. Prosa inarrestabile, in pieno stile Ammaniti. E d'accordo, i ragazzini dei libri di Ammaniti son sempre un po' lo stesso personaggio, ma io a quel personaggio lì sono così affezionata, ci credo così tanto, che ci casco ogni volta. E pure la dinamica padre-figlio (con padre possibilmente violento-alcolista-maniacodepressivo) è pluri-indagata nei suoi romanzi, ma io ci trovo sempre una poesia, timida, modesta, ma potente.
La storia prende, anche se non sorprende: si intuisce cosa accadrà ma il modo in cui è raccontato è talmente incalzante che del colpo di scena proprio non se ne sente la necessità.
E ora vengo all'alienato di Géricault. So dell'esistenza di tali alienati dai tempi in cui un'amica li studiava per un esame e non me li sono mai più dimenticata. Tante volte mi capita di associare un quadro a una canzone o a un libro: beh, assocerei questo a "Come Dio comanda" e credo che l'affresco che fa Ammaniti di un certo personaggio del libro lasci altrettanto atterriti...provare (alias leggere) per credere.

martedì 12 luglio 2011

Chi non capisce l'economia è un ladro o una spia

Oggi è il day after di un lunedì nero per le borse europee, ne hanno parlato tutti, ovunque. Ma non di solo "spread Btp-bund" (???) vive l'uomo e se così fosse per me si metterebbe davvero male.
Io sono l'anti-economia. Ho 31 anni e non so cosa significhi esattamente inflazione; le borse sono per me luoghi oscuri dove qualcuno ogni giorno decide il valore dei soldi, dell'oro e del succo d'arancia; mi sfugge il senso di comprare azioni, e la differenza tra queste e obbligazioni, titoli, buoni del tesoro; se mi capita di dover andare in banca a ritirare qualche documento stringo vergognosamente tra le mani un appunto, probabilmente preparato da mio padre, con la dicitura esatta di quel che mi serve.
Sono il sogno proibito di qualsiasi banchiere senza scrupoli, perchè io so che chiunque su questo piano potrebbe fregarmi in qualsiasi modo. Il fatto è che l'economia non la capisco, e non la capisco perchè non la ascolto e non la ascolto perchè non la stimo.
Chi ha cercato in passato di spiegarmela mi ha guardata con una punta di compatimento, beata ignoranza pareva dirmi. E così accade che a 31 anni presumo ci sia di che essere contriti per il suddetto lunedì nero, preoccupati per la barca che affonda, per il futuro che non avremo; tuttavia non ci riesco. Snobismo radical-chic. Forse.
Eppure ieri ho mangiato. Non tutti al mondo lo hanno fatto e non certo da ieri.
Eppure ieri ho avuto di che pagare debiti e utenze. Non tutti ce la fanno e non certo da ieri.
Eppure ieri nessuno è venuto a requisirmi il tetto sulla testa. Non tutti hanno un tetto sulla testa e non certo da ieri.
Non certo da ieri c'è chi non ha di che vestirsi, non ha i mezzi per spostarsi e comunicare, non può comprare un regalo per il compleanno del figlio, non può portarlo in vacanza, non può sfuggire al caldo con la piscina o il condizionatore. Non può fare quello che io invece nel lunedì nero delle borse europee ho potuto fare.

" Se avete cibo nel vostro frigo, abiti addosso, un tetto sulla vostra testa e un luogo dove dormire, siete più ricchi del 75 % degli abitanti della Terra.
Se nello stesso tempo avete denaro in banca, nel portafoglio e monete in un salvadanaio, fate parte dell’8% dei privilegiati di questo Mondo."

venerdì 8 luglio 2011

Lasciamo a Cesare quel che è di Cesare

e se non sei Cesare fattene una ragione.
Da qualche tempo ho finito di leggere l'ultimo libro del maestrone Guccini (e Loriano Macchiavelli), Malastagione. Un giallo ambientato nell'Appennino da lui ben conosciuto e tanto amato; protagonista un giovane e appassionato forestale soprannominato Poiana. L'ho finito da qualche tempo ma esitavo con la recensione perchè io ho una grande passione per il Guccini cantautore, cantante, arringatore. Era il grande amore musicale di mio padre da ragazzo (e lo è anche ora) e tale è rimasto per me.
Come si sarà intuito lo stesso entusiasmo non mi ha suscitato Guccini scrittore di romanzi. Malastagione perchè una serie di episodi sinistri si succedono nel piccolo paese brulicante di autoctoni, alcuni piuttosto teneri, e qualche extracomunitario un po' troppo macchiettistico, e dove una insopportabile quanto fortunatamente assai poco credibile giovane universitaria contestatrice si trasferisce alla ricerca della vecchia casa del nonno e di se stessa. Viaggio quest'ultimo assai breve dato che la ragazza ha la profondità di una vasca da bagno. Francesco, no, le donne nei romanzi non le sai proprio raccontare. Nè lei nè le altre (poche) donne meritano la sufficienza. Trapela amore per quelle terre, questo sì. Ma il sentimento non basta a celare la goffaggine narrativa, fatta di immagini e modi che attingono a piene mani dal luogo comune e assai poco dalla freschezza e dall'inventiva.
Ricordo un bellissimo documentario-intervista su Guccini che vidi qualche anno fa in cui lui raccontava che la sua maestra delle elementari disse a suo padre, che le confessò il desiderio del piccolo Francesco di diventare scrittore, "Non credo che lo diventerà, suo figlio a scrivere è un cane"...
Scrivere canzoni evidentemente è tutta un'altra storia.
Voto a questo libro: 4. Sceglietevi qualche altra lettura sotto l'ombrellone.
Mi riappacifico col Maestrone postando la sua Avvelenata....voi critici voi personaggi austeri militanti severi, chiedo scusa a vossìa....chiedo scusa io se in questa recensione forse lo sono stata.

domenica 3 luglio 2011

Piatti deliziosi per cuochi (poco) coscienziosi

Le ricette che seguono non troverebbero spazio nei manuali di cucina, ed in effetti chiamarle "ricette" è già un balzo lessicale notevole. Ma non di sole sontuosità di complessa preparazione vive l'uomo, ma anche di piatti semplici, pronti in poche rapide mosse (senza necessariamente optare per speadypizze e quattrosalti).

Sua Immensità, la Pasta, croce e delizia di ogni italiano. Ne mangerei sempre, di ogni forma e sostanza. Mi accorgo che tutto sommato ho postato poche ricette e anzi, a giudicar da quelle, sembra che vadano per i dolci le mie preferenze gastronomiche, ma non è affatto così. Ma la pasta fa subito pasto e per lo più non ha bisogno di procedimenti e bilance, non le servono nemmeno cuochi solerti; le basta un estatico ammiratore, che lasciando galoppare la fantasia, crei un connubio di ingredienti che darà immancabilmente soddisfazione.

Pangrattato abbrustolito alias mollica torrefatta
E dunque, pasta con mollica torrefatta.
Presumo che un'espressione di dubbio si dipinga su molti volti. Da siciliane passate frequentazioni so che la mollica torrefatta altri non è che il pan grattato abbrustolito in padella, eventualmente con l'aggiunta di prezzemolo, salvia, sesamo o altri aromi graditi. Ottimo, povero, economico condimento: sta bene con la sola compagnia di un filo d'olio a crudo, sta benissimo con accompagnamenti "oliosi" più variegati. Ideale: cuocete la pasta (io voto: spaghetti), scolatela, conditela con un giro d'olio a crudo, pezzetti di aggiughe e briciole di feta. Spolverizzate con la mollica torrefatta.
Variante di Acireale (chiamata così perchè ho preso spunto da un piatto gustato in un bel ristorante del luogo): in padella profumate un bel giro d'olio con uno spicchio d'aglio e stemperateci qualche filetto di acciuga. Aggiungete peperoncino, una grattata di scorsa di limone e le barbe del finocchio tagliate fini (in alternativa al finocchietto selvatico).

Complicato? Provate la pasta rapida al pomodoro. Mentre cuocete la pasta prendete il piatto in cui la mangerete, metteteci qualche cucchiaiata di una passata di pomodoro di cui vi fidate, ovvero che sia profumata e gustosa (...da un paio d'anni io la faccio in casa e vi assicuro che è una bomba!), sale quanto basta, una noce di burro. Due minuti a potenza minima nel microonde.  Scolate la pasta, adagiatela nel piatto col pomodoro. Idea dell'amorevole amato coinquilino umano. Si sporca il minimo indispensabile, minimo sforzo, sorprendente risultato.
Conserva di pomodoro autoprodotta (post a breve!)

E visto che parliamo di forno a microonde, ecco un'altra idea per utilizzarlo per qualcosa di più che scongelare il pane e farvi la tisana.
Dotatevi di una pirofila in vetro con coperchio adatta. Tagliate a dadini un paio di melanzane. Anche le zucchine fanno la loro figura. Eventualmente integrate con cipolla e patate tagliate sottili. Giro d'olio, sale, pepe, aglio e aromi secondo il vostro gusto. Mescolate, infornate alla potenza massima per 20 minuti.
Verdure (di stagione) trifolate, sane, buone. E fatica zero.

English version:
Easy, quick and anyway delicious dishes.
Pasta con la mollica torrefatta
Put some breadcrumbs in a pan, add some parsley/sage or any other favourite spice, and let them toast.
Cook your pasta (I suggest spaghetti). Put in your dish and add some olive oil, pieces of anchovies and feta. Sprinkle with the toasted breadcrumbs (= mollica torrefatta, which is a sicilian name).
Pasta rapida al pomodoro.
While cooking your pasta, put some high-quality tomato sauce in a dish together with salt and a piece of butter. Cook in the microwave oven for a couple of minutes. Mix your pasta with this sauce: that's it!
Verdure trifolate.
Again the microwave oven, why not? Cut two aubergines into small pieces (courgettes are ok as well). If you like, add some thinly cut onions and potatos. Put olive oil, salt, pepper, garlic and/or any other favourite spice: mix a bit and cook for 20 minutes.    

martedì 28 giugno 2011

Stromboli detto Mangiafuoco

...citazione dal Pinocchio Disney
quel lestofante è qui di nuovo. 
Dedico una sezione a parte di questo post all'isola di Stromboli, meta di una gitarella in giornata durante il mio soggiorno a Lipari.
Su di Lui, sul vulcano, ho deciso che incentrerò uno dei prossimi viaggi, con tanto di ascesa (imprecherò, già mi sento) e sosta notturna tra lapilli e stelle (ma ne varrà la pena, già lo so). Mi sono pertanto limitata ad aggirarlo, Lui, a sentirne la soggezione nuotandoci sotto o ammirando gli sbuffi di fumo dal mare.
Lo Stromboli ci saluta (copyright signora Aquilone)
Ci tornerò anche perchè l'isola è di una bellezza unica. Il paesino è arrampicato lungo stradicciole dove passa a malapena un'apecar (non ci sono macchine), le case sono tutte tipicamente a cubo, bianche, molto curate, circondate spesso da tettoie e terrazzi fioriti. Non mi stancavo di ammirarle una per una ed invidiare molto chi potesse rilassarvici dentro.
Gli abitanti di Stromboli sono circa 500, mentre 30 soltanto sono quelli di Ginostra, un pugno di case abbarbicate sul versante opposto dell'isola, raggiungibili soltanto via mare grazie ad un piccolo porticciolo steso su acque limpidissime. Il gestore del bar-ristorante del posto, a cui ho chiesto se possedesse una barchetta per i suoi spostamenti o se rimanesse sempre a Ginostra, mi ha risposto che a volte si è spostato con qualche amico, ma che di solito non ha molto tempo per farlo. Questione di punti di vista.
Il porticciolo di Ginostra (copyright signora Aquilone)
Le spiagge di Stromboli sono lembi sottili di ciottoli e sabbie nere lungo il tratto nord-est della costa, a ridosso del centro abitato. Mare incantevole (tuffo anche al largo, intorno allo scoglio di Strombolicchio: meraviglia), scelto non a caso da numerosi miliardari più o meno famosi che sostano nei paraggi coi loro yacht.
Mi è parsa in effetti un'isola da turista natural-intellettuale, talvolta un filino snob; per usare un'espressione dei nostri giorni, direi tipicamente radical chic. Ed io, pur non essendo chic ma pur sempre radical quanto basta, ci tornerò sicuramente.