Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.

lunedì 31 gennaio 2011

Piccola città bastardo posto

Piazza Grande (nevicata gennaio 2010)
Così Guccini definisce Modena in una delle sue più belle canzoni. Modena è anche la mia città, quella dove sono nata e tuttora vivo. E oggi è il giorno del patrono, San Geminiano, uffici chiusi, un salto alla fiera.
Tema da terza elementare: descrivi la tua città.
Modena ha circa 200 mila abitanti, fa parte della decantata Padania anche se non ne ha la vocazione; è una città "rossa". Non è dotta come Bologna, anche se è pure lei sede universitaria; ma sicuramente è altrettanto grassa. Di Modena conoscerete certamente lo zampone (parentesi anti-campanilista: io cordialmente lo detesto) e i tortellini. E conoscerete due suoi celebri figli: Enzo Ferrari e Luciano Pavarotti.
Campanilismo dunque, eh sì, perchè anche Modena ha un campanile: la Ghirlandeina. Da almeno tre anni è insalamata in un telo che è costato parecchi soldi e parecchie polemiche, progettato da Mimmo Paladino. Assolutamente perdibile, secondo me. Il telo nasconde i lavori di restauro ancora in corso. Il cuore del centro storico è la Piazza Grande, col suo bellissimo Duomo romanico. In piazza incontrereste altri due simboli meno noti fuori da Modena: la preda ringadora e la bunessma. La preda è un grosso parallelepipedo di calcare rosso che veniva usata ai vecchi tempi per arringhe, da cui il nome, bandi, comizi, e, particolare che mi è rimasto sempre impresso da quando la mia mamma me lo raccontò da bambina, per esporvi i truffatori e qualche volta farceli secchi. La bunessma è una statuetta di nessun pregio artistico che rappresenta una donna, a quanto si racconta una ricca dama benefattrice.
La Ghirlandina impacchettata da Paladino
Modena è stata capitale del ducato degli Estensi, e infatti in città abbiamo un Palazzo Ducale e un Museo Estense. Emblema dell'esterofilia malata di tanti italiani: sono stata al British Museum, alla National Gallery, al museo di Van Gogh e quello di Picasso, al museo d'Orsay, e al Pergamon, ma non ho mai messo piede al Museo Estense. Rimedierò. Il Palazzo Ducale è attualmente sede dell'accademia militare e nasconde almeno due interessanti segreti. Una è la Torre dell'Osservatorio Astronomico: ricca di storia, e di amore per la scienza, e di eroismo, e da lassù si gode uno dei più bei panorami della città! Ho avuto il privilegio di salirci e prossimamente intendo raccontare la storia di quei locali (insieme al secondo segreto del Palazzo Ducale...).
Modena non è certo la città più bella dell'Emilia Romagna; anzi, so che chi non ci è nato spesso la snobba...tutto qui? Naturalmente io l'adoro e come tutte le mamme posso parlarne male, perchè di magagne ce ne sono, ma nessuno può parlare male di lei in mia presenza.

Tra Emilia e Romagna, come tra Modena e Bologna, e tra Reggio Emilia e Modena, dicono non corra buon sangue. Queste inimicizie personalmente non mi coinvolgono, e pertanto concludo il post con un omaggio alla Romagna: la piadina romagnola infatti si è sposata senza inimicizie con la porchetta che ho comprato alla fiera!
Ecco come autoprodurvi una piadina in pochi minuti:
La piadina dentro deve essere "sfogliata": spiate dal buco!
500 g di farina 00
50 g di burro fuso intiepidito
mezzo cucchiaino di sale
1 tazza di acqua tiepida
1 cucchiaino di lievito in polvere

Premessa: la piadina si dovrebbe fare con lo strutto. Io però ho un brutto rapporto con esso, perciò lo sostituisco col burro e ci aggiungo il lievito (che non sarebbe previsto) per creare un impasto più leggero.
Mescolate tutti gli ingredienti in una terrina, prima con una forchetta e poi con le mani: dovrete ottenere un impasto liscio ed elastico. Fate scaldare una padella antiaderente. Intanto prendete una palla di pasta (considerate che con queste dosi vengono circa 5 piadine) e con il mattarello tiratela piuttosto sottile e ovviamente tondeggiante. Ponete la pasta tirata sulla padella ben calda, girate quando necessario: la piadina è pronta quando fa le bolle bruciacchiate. W l'Emilia, W la Romagna, W l'Italia.

domenica 30 gennaio 2011

Crema di carote: sembra sana ma non è

Naturalmente intendendo "sana" in senso deteriore, come sinonimo di "gustativamente insulsa".
Ebbene, questa crema non è affatto insulsa, anzi, ha carattere da vendere, è facile da fare ed è economica.
Peraltro oggi nevica (le domeniche nevose: che bella invenzione!), quindi questa zuppa calda e vellutata è perfetta.
Per 4 persone vi serviranno:
500 g di carote
1 cipolla
1/2 litro di latte
una tazza di brodo (di dado, di carne, vegetale, è uguale)
olio, sale

Sbucciate le carote e tagliatele a dadini. Tritate la cipolla. Mettete il tutto in un tegame con poco olio d'oliva e fate insaporire per pochi minuti. Ricoprite col brodo caldo e lasciate stufare per 5 minuti. Aggiungete quindi il latte e lasciate cuocere per circa 15 minuti. Col frullatore a immersione riducete la brodaglia ad una cremina omogenea e lasciate ancora sul fuoco qualche minuto, mescolando.
Fine.

Volendo dedicare qualche minuto in più e/o volendosi sprecare con un po' più di fantasia, si possono valutare alcune aggiunte. Tipo, una punta di curry/paprika/tabasco negli ultimi minuti. Una spolverata di aneto alla fine. Postilla: io aaaaamo le spezie, se già non le amate, amatele anche voi! Regalano grandi soddisfazioni. Dosate con assennatezza esaltano molti piatti senza coprirne il gusto.
Se volete puntare su qualcosa di più classico, suggerisco i crostini formaggiosi, nobile epilogo della vita subaerea di qualsiasi pane avanzato. Accendete il forno a 200°C. Tagliate il pane avanzato a cubetti e preparate una grossa ciotola di parmigiano grattugiato. Quando il forno è caldo metteteci i crostini per pochi minuti (occhio che non passi il prete....per i non emiliani: occhio che non brucino!). Appena sono abbrustoliti toglieteli dal forno e tuffateli nella ciotola con il formaggio: mescolate...i crostini bollenti si impregneranno del formaggio e diventeranno qualcosa di superbo. Ottimi per qualsiasi zuppa.


English version:
Contrary to what is probably expected, this soup is tasty, easy to prepare and also very cheap! For 4 people you need:
500 g of carrots
1 onion
1/2 of milk
1 cup of broth
some oil and salt

Peel the carrots and cut into small pieces. Chop the onion and put it together with tha carrots into a pan with few oil. Cook for some minutes. Coat with all the hot broth and stew for 5 minutes. Add the milk and let it cook for 15 minutes. Use the mixer to obtain a smooth cream and continue cooking for the very last 2 minutes. The soup is ready!
....but if you have a bit more time and/or you're curious to test some small changes, I suggest: a pinch of curry/paprika/tabasco in the very last minutes of cooking and/or dill as a final touch. If you prefer something more classical, try the "cheesy croutons"! Turn on the oven at 200 °C, cut some bread (it doesn't matter if it is fresh or not) into small pieces and prepare a big bowl with some grated cheese such as parmigiano. Put the pieces of bread into the hot oven and let them toast (pay attention not to burn them!). When they are ready, put them into the bowl and mix the cheese with them: the croutons will be soaked with the cheese and become something fantastic. They're perfect for every kind of soup!

sabato 29 gennaio 2011

Son tutto questo le mie canzoni parte IV (e ultima)

Proseguo nella mia personale carrellata musicale, cominciata con i tre post precedenti (parte I, II e III).
"Father and son". Mio padre aveva un disco in vinile di Cat Stevens ed è così che mi sono innamorata di questa canzone e di quella voce, così rasserenante. E poi quel tizio che cantava non si mangiava le parole e riuscivo a seguire il testo, e...beh...semplice: just relax, take it easy....if you want you can marry, look at me, I'm old but I'm happy. Semplice, solare.
Epperò mica si può sempre essere solari e semplici; a volte una punta di autocommiserazione può essere catartica. Ed è per questo che ho scelto "Siamo soli", in mezzo a tante stupende canzoni di Vasco, il quale ha la capacità di attingere ad un vocabolario universale di emozioni e parole. Vivere insieme a me, hai ragione hai ragione te, non è mica semplice, non lo è stato mai per me. Spatabang (macigno sul cuore).
Inutile spiegare il perchè e il per come, ma "Pensiero stupendo" è la canzone intrigante per eccellenza, sensuale e torbida, cantata da una donna veeeeramente attraente. Perchè i pensieri stupendi ci sono stati e ci sono, e perchè ci siano sempre in quanto rendono divertente stare al mondo.
Gli Oasis, per me gli Oasis sono gli anni del liceo. Ho deciso che mi dovessero piacere, e con loro i Blur, i Verve, i Suede, e gli U2, perchè il brit pop piaceva a colui che è stato forse la mia prima icona erotica (anche se allora potevo arrivare a comprendere il significato di "icona", ma latitavo molto su "erotica"). Orbene, me ne ero convinta così bene, che sono finiti per piacermi davvero un sacco, e "Don't look back in anger" è forse il loro brano simbolo, ed allora eccolo qui nella mia playlist.
"Poeta minore" non è forse il brano simbolo di Max Gazzè, autore che peraltro apprezzo molto. Ma è una canzone allegra e quasi futurista...e mentre canto la mia pelle sembra frigger come burro dentro suoni di padelle. Chi sia questo poeta minore non l'ho mai capito, ma concordo: la poesia non è solo nei grandi nomi e nei temi altisonanti.
Decisamente un po' di follia aiuta!
"Smells like teen spirit" ci sta perchè anche i Nirvana, perchè anglofoni, mi piacciono. E questo brano fa scatenare, viene naturale saltare come ossessi ciondolando la testa e urlando a squarciagola. E pure un po' di follia nella vita è terapeutica.

mercoledì 26 gennaio 2011

Il Giornale andrà in onda in forma ridotta

...per venire incontro alle vostre capacità mentali. Così si potrebbe chiosare, parafrasando una gag di qualche anno fa del comunistaccio Daniele Luttazzi.

Poche righe di articolo, un messaggio così lineare che anche una rezdora dall'Emilia con furore come me lo potrebbe capire. Peccato che l'autore abbia avuto la modestia di celarsi dietro un'impersonale "Redazione".

Il messaggio dell'articolo spiegato ai miei gatti.
Punto 1. Nichi Vendola si scaglia contro "la palude di ridi­colo dal sapore grottesco" rappresentata dal teatrino delle feste nella residenza privata di Berlusconi (su questo passaggio....miaoooo.....ho messo non a caso una sottolineatura).
Punto 2. Nichi Vendola è un frocio: del resto guardatelo lì, al gay pride, che si fa slinguazzare l'orecchio da un fan festoso.
Punto 3. Nichi Vendola pertanto non ha titolo, dal basso del suo essere frocio, peraltro allo scoperto e non nel chiuso della sua tavernetta, per indignarsi rispetto alle modalità che ha Berlusconi di trascorrere il tempo libero a casa sua.

Aggiungo, amici gatti, che questa dotta tesi l'ho sentita riproposta in varie salse, fra cui vi ricordo la maionese impazzita di qualche sera fa rappresentata dall'intervento di Castelli a 8 e mezzo contro Marino, reo di essersi turbato di fronte alla comunione che aveva recentemente visto concedere al pluridivorziato plurindagato plurifestante Berlusconi: proprio voi del sesso libero, dell'aborto libero, voi che avete portato in parlamento Luxuria.

I miei gatti purtroppo qui si fermano e oltre non possono andare, in quanto intrinsecamente limitati nell'elaborazione del proprio pensiero. Eppure a noi umani, cara amica "Redazione", un passettino in più sarà pure concesso, no?
Punto 1 (riservato ai lettori umani). Il presidente del consiglio tiene per mano me, i miei concittadini, il mio paese, e pertanto ci guida e ci rappresenta. Io vorrei poter essere guidata e rappresentata da una persona che reputo anche moralmente migliore di me, una persona di cui potrei dire ai miei figli "ispiratevi a lui". Un signore anziano che trascorre il tempo libero, nella migliore delle ipotesi, circondandosi di culi giovani, che si autocelebra elargendo donazioni a fanciulle in difficoltà o facendo alle questure telefonate di carità, che racconta barzellette, fa le corna e le battute a sproposito, irrompe nelle trasmissioni televisive non gradite con i suoi panegirici e che per il resto del tempo si nasconde rispetto a qualsiasi confronto, insulta le istituzioni che invece dovrebbe difendere, pretende di farci credere che una giovane donna piacente di madre lingua inglese laureata con 110 e lode abbia in questo già tutto quello che basta per assurgere agli alti ranghi della politica e debba peraltro essere per questi stessi motivi esentata da qualsiasi indagine, beh, questo signore qui moralmente non mi piace e non mi rappresenta, e, sì, mi indigno all'idea che stia dove sta. E il cittadino Nichi Vendola ha pure lui il diritto di indignarsi.
E quanto alla residenza privata, le dirò, amica "Redazione", se il mio presidente del consiglio vi si dedicasse a tornei di Risiko con i nipoti non avrei nulla da ridire, ma l'idea che casa sua sia aperta a tutti, che ci potesse entrare chiunque, che il presidente sia generoso con tutti, come va ripetendo anche la sua stessa claque, non mi rassicura per niente.
Punto 2 (riservato ai lettori umani). Essere di bassa statura non è moralmente più riprovevole di essere alti; è uguale. Al massimo è più difficoltoso, se si vive in un paese creato su misura per le persone alte. Oltre a questo, essere bassi sicuramente non è reato, e nemmeno manifestare per i diritti delle persone basse lo è. Pertanto, va da sè, punto 3) alti e bassi hanno lo stesso diritto all'indignazione.

martedì 25 gennaio 2011

Unghie di gatto, lingue di gatto

Renoir - Donna con gatto (N.d.A. brava donna, ottima scelta!)
"Le unghie non sono un buon motivo per escludere un gatto dalla propria vita".
Più di anni e anni di più assennate e complesse considerazioni, valsero per me i pochi secondi di questa frase, pronunciati con una sigaretta tra le dita e un'aria svagata da una fanciulla piuttosto assurda che ho incontrato una sola volta nella vita. Il giorno dopo avevo un gatto. Io che dei gatti avevo terrore e anzi mi facevano pure un po' impressione.
Un anno dopo ne avevo due. E qui per il momento mi fermo per via dei ben noti 60 mq.
I gatti non sono amichevoli come i cani, sono anzi tipi piuttosto diffidenti, che infondo stanno bene anche da soli. La loro amicizia non la danno a tutti indistintamente, ma se decidono di concedertela sanno essere compagni capaci di un affetto discreto, senza feste e scalmane, ma con una pacatezza e un'eleganza che infondono pace e rilassano anche gli spiriti più inquieti. Un gatto in casa non comporta un impegno gravoso, ma quel tanto che basta per ricordare a noi moderni spiriti egocentrici che il mondo non ruota intorno a noi. Prendono di mira qualche mobile con le loro unghiette? Poco male, anzi salutare: a noi moderni spiriti consumisti serve pure ricordare che gli oggetti sono solo oggetti. Qualche pelo di troppo in giro per casa? Poco male, anzi benefico: a noi moderni spiriti igienisti serve anche ricordare che le nostre case lustre e profumate con l'ultima super-galattica-cera-iper-lucida-pavimenti-che-uccide-il-99%-dei-batteri spesso diventano gabbie dorate. Dorate, ma pur sempre gabbie.


Omaggio ai miei gatti, e a tutti i gatti non miei in giro per il mondo, e a tutti quelli che saranno miei in futuro, perchè dubito che potrò mai più contemplare di abitare senza almeno due gatti...le lingue di gatto! Avete presente quei biscottini piatti e secchi da mettere sul gelato (o da intingere nello zabaione o nel cioccolato fuso...slurp)??

Ecco cosa vi occorre:
100 g di farina
100 g di burro ammorbidito
100 g di zucchero a velo
3 albumi
1 bustina di vanillina
1 pizzico di sale

Mescolate burro morbido e zucchero a velo insieme fino a quando avrete ottenuto una spuma omogenea. Aggiungete la farina, meglio se passata al setaccio, e la vanillina. Infine gli albumi, montati a neve con un pizzico di sale. Otterrete un composto tipo crema spalmabile.
Obbligatorio possedere la tasca da pasticcere con beccuccio piatto. Siccome questo tipo di beccuccio non si trova facilmente, potreste fare come me e comprarne uno classico rotondo (di metallo) e andare di martello fino a che non lo appiattite;) Per utilizzare comodamente quell'attrezzo indispensabile nella vita di ogni cuoco che è la tasca da pasticcere date un'occhiata ai trucchetti proposti in questo post.
Distribuite quindi il composto in segmenti di 4-5 cm, ben distanziati. Con le dosi suddette riempirete due placche da forno.
Le lingue di gatto cuociono in 7-8 minuti in forno ben caldo a 200 °C. Quando vedrete i bordi scurirsi sono pronte! Miao.

lunedì 24 gennaio 2011

E voilà....le meringhe!

Altrimenti dette, dalle mie parti, schiumini o spumini.
Facilissime da fare, ottime, e di grande effetto scenico, ma ci vuole un po' di pazienza per la "cottura".
Vi basterà avere:
100 g circa di zucchero normale (alcuni lo mettono a velo, per me non è necessario) ogni albume d'uovo,
1 pizzico di sale e poche gocce di succo di limone
(N.d.A. con due albumi si riempie una placca da forno)

E' obbligatorio possedere una tasca da pasticcere, meglio se con beccuccio a stella. Se non avete voglia di fare palestra suggerisco anche le fruste elettriche.
Gli albumi dovranno essere preferibilmente a temperatura ambiente e ovviamente freschi. Aggiungete un pizzico di sale e iniziate a montarli. Quanto e come vadano montati e a che punto aggiungere lo zucchero è spiegato in questo post.
Alla fine otterrete un composto che si regge da sè. Se risultasse troppo liquido aggiungete un po' di zucchero. Emulsionate al composto poche gocce di succo di limone. Questo renderà bianche e brillanti le vostre meringhe e attenuerà il sentore di uovo.
A questo punto non vi resta che introdurre il composto nella tasca da pasticcere. Un trucchetto: usatela per foderare un barattolo alto e stretto, tipo il bicchiere di plastica che viene venduto insieme ai frullatori a immersione, ovviamente tenendo il beccuccio verso il basso e l'apertura in alto, in cui scucchiaierete più facilmente quello che ci dovete mettere.
Componete le meringhe. Un altro trucchetto: per ottenere dalla tasca del pasticcere grandi soddisfazioni estetiche e non mucchietti simili a qualcosa di poco edificante, basterà erogare fino a che volete voi premendo sulla tasca e quindi smettere di premere puntare delicatamente verso il basso e quindi con uno strappo deciso di polso verso l'alto.
Infornatele in forno ventilato a 70 °C per almeno 1-2 ore. Temono l'umidità come l'inferno perciò sarà buona norma tenere il forno socchiuso (usate un guanto da forno ripiegato per mantenere un'apertura di pochi centimetri). Non dovranno cuocersi ma piuttosto asciugarsi. Se dovessero scurirsi proteggetele con un foglio di alluminio. Quando saranno rassodate spegnete il forno e dimenticatevi di loro ancora per qualche ora.
Se proprio volete essere edonisti sciogliete del cioccolato fondente e intingeteci le meringhe (ma dovrà sempre rimanere esposta una parte bianca e lucente), lasciate raffreddare e....voilà!

domenica 23 gennaio 2011

Chi è morto giace chi è vivo si dà pace

Ovvero recensione assai poco tecnica dell'ultimo film di Clint Eastwood, Hereafter.
Voto: 6.
Forse non è politically correct dare solo la sufficienza ad un film di Clint Eastwood, ma io non sono un critico cinematografico e me ne concedo il lusso.
Il film parla della vita oltre la morte e dei (possibili?) contatti con l'aldilà, e racconta tre vicende che si intrecciano intorno a questo non facile tema.
Sapevo della scena dello tsunami eppure vedermela lì sul grande schermo è stato un pugno allo stomaco. Mi sono sorpresa nel realizzare che la tragedia del Sud-Est asiatico sia cronaca recente, eppure come me la fossi già dimenticata. Ed è amaro rendersi conto quanto sia vero il detto popolare che dà il titolo a questo post. Del resto, è umano troppo umano che sia così.
Tornando al film, è ben confezionato, ottimi attori. Tuttavia mi è parso che esso volteggi un po' ingenuamente sul tema, come a volerne rimanere prudenzialmente in superficie. Il finale poi mi ha lasciata piuttosto interdetta e l'ho trovato un pizzico scontato e persino lezioso. Il film apre discorsi che rimangono accennati e che si concludono coi puntini di sospensione. Naturale forse per un tema ineffabile come la morte, ma a me il film ha lasciato un sentore di incompiutezza. Da un signore di ottant'anni, a cui il pensiero della morte immagino inizi a tenere compagnia piuttosto spesso, forse mi aspettavo un approfondimento maggiore.
Nota fuori tema ma neanche tanto. La protagonista femminile, attrice a me ignota. Complimenti Clint per questa scelta: una donna piena di fascino, ma un fascino normale e non di plastica, complesso e sfaccettato. Una donna credibile, di un'età credibile, con un corpo e un viso credibile. Grazie, ogni tanto, ci vuole.

sabato 22 gennaio 2011

Io era tra color che son sospesi

Come il buon Virgilio, anche io vivo tra color che son sospesi, nel limbo dei soggetti professionalmente evanescenti.
Di quelli che si ammalano e vanno in ferie e si infortunano e fanno figli e assistono parenti gratis. Di quelli che a trent'anni hanno fatto svariati lavori ma non sanno rispondere alla domanda "che lavoro fai?". Di quelli che tecnicamente, per le generazioni precedenti, non hanno ancora cominciato a lavorare. Di quelli che hanno studiato molto, forse troppo, forse male. Di quelli che probabilmente non hanno ancora imparato a fare nulla. Di quelli che non avranno la pensione. Di quelli che non potranno dire "adesso mi compro una casa" senza aggiungere "papà dammi una mano". Di quelli che non potranno fare figli senza aggiungere "mamma dammi una mano". Di quelli che cambieranno lavoro più spesso di quanto genitori e nonni, impiegati, operai, commercianti da una vita, avrebbero mai concepito come possibile. Di quelli che vivono e abbozzano una progettualità futura senza sapere cosa faranno domani, o fra un mese, o fra un anno. Di quelli per cui genitori e nonni sono molto preoccupati.
Contrariamente a quanto le premesse possano lasciare supporre questo post non intende:
1) sottolineare che in questo paese non esiste la meritocrazia, che senza conoscenze non vai avanti, che bisognerebbe fare largo ai giovani;
2) far presente che il paese è bloccato, che la crisi lo sta schiacciando, che c'è uno stato sociale inaccettabile, che il precariato avvelena la vita delle nuove generazioni.
Questo post intende bensì enumerare i numerosi vantaggi che la suddetta condizione paradossalmente può offrire.

Se oggi fossi tra i pochi coetanei che possono contare sulla parola magica, lavoro a tempo indeterminato, non avrei avuto ragione nè probabilmente modo di cimentarmi in lavori diversi, sperimentando il gusto di fare il lavoro A per staccare dal lavoro B e a tempo perso occuparmi del lavoro C per sfruttare meglio il tempo per A, contando anche sulle pause da B. E invece adesso conosco limiti e vantaggi di A, B e C e magari in un futuro molto prossimo avrò da dire la mia anche su D ed E.
Se potessi contare sulla parola magica, forse non mi sarei lanciata con la stessa curiosità e passione nella scoperta continua di che cosa posso evitare di comprare oggi? cosa mi serve davvero per vivere serena? qual è il guadagno minimo che mi occorre per procurarmi ciò che mi serve davvero? 
Se potessi contare sulla parola magica, oggi non avrei l'ardire di chiedermi, a quasi 31 anni, cosa mi piacerebbe fare da grande. E' vero, non ho niente in mano, ma d'altro canto non ho niente da perdere. E' vero, i lavoretti saltuari spesso sono pagati poco e non offrono garanzie, ma d'altro canto li abbandonerò senza troppi rimpianti se all'orizzonte si profilerà qualcosa di più allettante o se deciderò di assecondare un sogno.
Già, un sogno, il sogno di lavorare per vivere e non viceversa, facendo un lavoro che mi appassiona. O anche semplicemente facendo un lavoro, punto e basta. Un lavoro che mi lasci il tempo e l'energia per ricordarmi delle persone care e di me stessa.

martedì 18 gennaio 2011

E poi ti dicono tutti sono uguali


L'unico modo per sopravvivere a questo.



La storia siamo noi, nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono "Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera".
Ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perchè è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perchè nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.


lunedì 17 gennaio 2011

Son tutto questo le mie canzoni parte III

Prosegue la galleria musicale (tutto ebbe inizio con parte I e parte II). E più prosegue e più mi rendo conto di quante canzoni ho lasciato indietro. Ma ce ne faremo tutti una ragione.
"Mr Tambourine man", Bob Dylan. Non so, in fin dei conti è un po' sovrapponibile a "Mrs Robinson", Simon&Garfunkel. Sono canzoni che non so assolutamente cosa dicano, capisco sì e no tre parole in croce, ma mi mettono di buon umore. Soprattutto la seconda; la prima è più sul malinconico andante e racchiude pure in sè il ricordo di un periodo di ideali alla cogliona, leggero e svagato, ma ogni cosa alla lunga mi molesta. Che poi non è nemmeno vero, ma adesso esagero e mi sto capendo solo io.

"Il sogno di Maria". Questa canzone è la Divina Commedia in musica. Così come Dante ha avuto in sè qualcosa di soprannaturale per scrivere quello che ha scritto, De Andrè lo ha avuto per scrivere questo brano (e tutto l'album per la verità...e una buona stella ce l'ha avuta in generale per quasi tutte le canzoni che ha scritto). Questa canzone è perfetta. La musica è espressiva quanto le parole e mi commuovo ogni volta che l'ascolto. E poi De Andrè ce lo siamo cantati tante volte io e il coinquilino, ed il fatto che lo conoscesse è stato il primo aspetto che mi ha avvicinata a lui. E già che siamo in tema De Andrè, "Amore che vieni amore che vai" è un altro pezzo immancabile, che mi strugge ogni volta. E che ho ascoltato qualcosa come cinquanta volte di questi tempi nove anni fa, e poi ho deciso. Potere della musica.
E per un amore che se ne va, uno che è arrivato e restato e resta. E a dire il vero associo qualcosa di così grande ad una canzonetta semplice e senza troppe pretese, che è "Soli" di Adriano Celentano. Semplice, come quei due che chiudono il mondo fuori dalle loro mura domestiche, la pelle come un vestito, che staccano il telefono e danno un calcio alla tv...solo io solo tu. Ebbè.
Ultimo appuntamento, in questo post.

domenica 16 gennaio 2011

Fréta l'è bouna anc 'na zavata

Giacomo Ceruti Natura morta con piatto di peltro, coltello, pane, salame, noci,
bicchiere e brocca con vino rosso (n.d.A. gnam!)
Ovvero, fritta è buona anche una ciabatta; saggio detto popolare della mia terra. Sottoscrivo in pieno. A casa mia il fritto è un imperativo morale. Da mia nonna a mia madre arrivando fino a me, anni e anni di gioiose, multiformi, conviviali fritture che hanno procacciato alle nostre magioni il titolo di casa del fritto e fatto giungere alla conclusione che noi friggiamo anche il latte.
Eccovi pertanto una ricetta fritta e mangiata, che ovviamente è prelibata. Ah, lo so, lo so che regge meglio le alte temperature e tutte quelle storie lì, ma giusto come premessa, da me non si frigge mai con l'olio d'oliva perchè a mio avviso lascia una puzza e un retrogusto amarognolo insopportabile. Molto meglio l'olio di arachidi.

Frittelle di mais (personalizzata da una ricetta imparata e gustata alla scuola di cucina il Girasole)
2 scatolette di mais (totale sgocciolato 280 g)
qualche cubetto di formaggio tipo mozzarella/fontina/emmenthal...insomma, quello che avete
cipolla
100 g di farina autolievitante + 80 g di farina normale
180 g di acqua
1 albume
sale, volendo 1 pizzico di curry

Soffriggete la cipolla tritata in poco olio (questo sì, d'oliva) e aggiungete il mais scolato dal liquido in cui è contenuto. Fate insaporire il tutto. Nel frattempo preparate una pastella con la farina, un pizzico di sale e l'acqua aggiunta a poco a poco. Dovrete ottenere un composto semi-liquido, liscio e appiccicoso. Lasciatelo riposare un quarto d'ora. Intanto potete dadolare il formaggio e montare l'albume (con un pizzico di sale). Aggiungete alla pastella il mais con tutto il suo soffrittino e, delicatamente e mescolando dall'alto al basso, l'albume. Scaldate l'olio per friggere e quando è pronto versateci il composto a cucchiaiate. Le frittelle sono pronte in pochi minuti. Estraetele, tamponate l'olio in eccesso e salate. Gnam.

Ieri sera ho proposto questo antipasto insieme a qualcosa di più "sgrassante" e a un cocktail, tutto di mia invenzione. Siccome l'abbinamento mi è parso molto ben riuscito, vi posto anche il resto:

Insalata esotica di finocchi (idea mia)
finocchi (piccoli, solitamente sono più buoni)
arance tipo tarocco
pistacchi
olio, sale, volendo pepe (a mio avviso l'aceto non ci sta bene)

Rapidissimo, anche perchè facendolo con anticipo si ammoscia. Tagliare a rondelle sottili il finocchio. Aggiungere l'arancia, pulita il più possibile dalle pellicine bianche (amare) e tagliata a dadini, e i pistacchi, tritati grossolanamente. Condire a piacimento.

Cocktail della Giulia 
succo di frutta tropicale
vermut rosso
liquore all'amaretto
un'arancia per decorare (volendo)

Tagliate l'arancia a rondelle e poi a triangolini da apporre ai bordi dei bicchieri.
Mettere il ghiaccio nello shaker, insieme a tutti gli ingredienti liquidi. Come in ogni cocktail che si rispetti le proporzioni sono libere. Il concetto, secondo me, è che il cocktail deve fregarti: ovvero sembrare quasi analcolico e andare giù che è un piacere. Andate comunque a vostro gusto. Shakerate e servite subito.


English version:
Within my family, fried dishes are a sort of tradition and I really like them as they usually are delicious, cheerful and convivial!
The following is a very easy and tasty appetizer. 

Corn fritters
This is what you need (for 4-6 eaters):
2 cans of corn (280 g)
Some onion
Some cheese such as mozzarella
180 g of meal (better if you have the one with yeast included)
180 g of water
1 egg white
Some oil

Put some minced onion in a pan with few oil. After 5-6 minutes add the corn and let them become tasty. Turn off the fire. In the meantime mix the meal with the water: you should obtain a sort of smooth and sticky cream. Forget it for 20 minutes and take care of the cheese (cut it in small pieces) and the egg white (beat it until stiff with a pinch of salt).
Mix together the cream, the corn with the onion, and the cheese, and at the end, very carefully, the egg white.
Heat some oil in a pan and spoon your tasty mass into the hot oil.
Complete your fritters with some salt.
Maybe you like something lighter to accompany these fritters. This is my proposal:

Exotic salad with fennels
Fennels
Some orange
Some pistachios
Dressing

Simply cut the fennels into very thin slices. Add some pieces of orange (take care not to include the white part as it is bitter) and the minced pistachios! Dress as you like.
Very easy…isn’t it?

And why not drinking something alcoholic?
The following cocktail is a personal invention, hence its name is Giulia’s cocktail:
Tropical juice
Red martini
Almond based liqueur

Put everything into the shaker together with some ice….and shake! In my opinion, a cocktail does not require precise proportions: I prefer the ones you drink easily, almost without realizing they actually are alcoholic!

sabato 15 gennaio 2011

Il voto è segreto

...ma anche no. Da bambina accompagnavo volentieri i miei genitori a votare e li aspettavo fremente e piena di curiosità chiedendomi quali segreti incantesimi avvenissero dietro quella tendina dove io non potevo andare. Non mi hanno mai fatto mistero di chi votassero, e anche se allora per me un nome valeva l'altro sono cresciuta con l'idea che tenere il segreto sul proprio voto, benchè sia certamente un diritto, è una scelta bislacca. 
Poi vennero Forza Italia, il Partito della Libertà, il Popolo della libertà, il Popolo della libertà e del buon governo, i Circoli della Libertà, il Partito dell'amore, e ultimamente mi pare si vociferi: Italia. Ah, sospiro di sollievo: niente meno, semplice, forse un filino megalomane, ma immediato, basterà mettere la croce sul nome della Nazionale, come al Fantacalcio. Lo capirebbe anche un bambino. 

Per il Presidente giusto il tempo di una festa in famiglia - pensate a tavola erano in 35! (in tempi di ristrettezze economiche avranno dovuto pure loro negare il capitone a un po' di parentame e tagliare sugli invitati essendo per lo più pluridivorziati gli over 18 e figli di quinti e sesti letti gli infanti), che già gli è toccato dare il buon anno ai soliti magistrati di sinistra. Marrani, hanno l'ardire di indagare un uomo che l'ha già dichiarato davanti a tutti e giurato su figli e nipoti che lui è innocente. Stacanovisti senza costrutto, peraltro, 'sti magistrati: quanti processi imbastiti, tempo e soldi pubblici sprecati, prove affannosamente cercate, testimoni interrogati, quando bastava chiedere agli imputati di giurare a piacimento su zie cesire o nonni roberti se erano stati cattivelli oppure no! 
E come se non bastasse torna fuori pure questa Ruby-la-rubacuori-nipote-tettona-di-Mubarak. Una ragazza tanto bisognosa, incidentalmente gnocca, ma innanzitutto bisognosa. Maggiorenne - e che cavoli! lei glielo aveva pure giurato sulla cugina Pussy, dunque niente meno che la figlia di Mubarak! Dunque, dicevamo, maggiorenne, eppure così bisognosa che necessitava di essere affidata ad una persona coscienziosa, incidentalmente gnocca pure lei. E dopotutto la povera Ruby-la-rubacuori-nipote-tettona-di-Mubarak, con tutto quello che doveva aver passato nella vita, avrà pure avuto diritto a svagarsi un po' in una festicciola tra amici! E 'sti magistrati di sinistra sempre a ficcare il naso nella vita privata del Presidente, non se ne può più. 

No, no, un momento, questa è un'altra storia e pure io sceglierei la strada bislacca se tre anni fa la sacra croce l'avessi messa su quel nome. Non mi meraviglio perciò che, benchè lui governi, io abbia finora incontrato pochi coraggiosi che dichiarano di averlo votato.

giovedì 13 gennaio 2011

Son tutto questo le mie canzoni parte II

...pregustando una pizza imminente, un post facile facile. Chi è interessato dunque mi segua nella galleria degli Imperdibilia, inaugurata con questo post.
"Prospettiva Nevskji", ammesso che le j e le i siano giuste. Battiato è matto come un cavallo, e per questo mi piace un sacco. Questa canzone me la sento vicina in modo particolare. Sarà principalmente per quel maestro che insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire, cavoli avercelo avuto! Poi per tutta una serie di immagini e di associazioni assurde, vezzi intellettualistici che così ben dosati non guastano. Beh, poi probabilmente per quegli orinali messi sotto i letti che in un colpo solo mi ricordano un sacco di episodi divertenti.
"You learn". Questa donna mi piace, Alanis Morisette. Tosta, una che sa il fatto suo, ci giurerei, intensa, non bella ma a mio avviso magnetica. E quella voce lì la vorrei pure io, e infatti nel mio privato karaoke domestico questa è una delle poche canzoni non italiane con cui mi sono cimentata.
Sensualità e disperazione: Toulouse Lautrec
"Gelato al limon". Eccone un altro che è ben strano, ma con una classe da vendere. Ti offro l'intelligenza degli elettricisti così almeno un po' di luce avrà la nostra stanza negli alberghi tristi. Avanguardia lessicale. Chi mai parlerebbe dell'amore in questi termini? Cinismo, ironia, irriverenza...e quella musica che suggerisce la sensualità delle vite disperate. Da restarci secca.
Cavoli, la pizza incombe!

La storia prosegue nel post successivo.

mercoledì 12 gennaio 2011

Sua maestà, la birra

Il sacro kit per la produzione domestica della birra
Quando mi capita di parlare di autoproduzione, anche laddove conserve e marmellate suscitano tiepidi entusiasmi, regna invece una smania collettiva negli uditori allorché emerge che produco in casa anche la birra.
Tutto cominciò nell'estate del 2009, quando un mio collega mi svelò di un regalo curioso ricevuto per il suo matrimonio: un kit per la produzione domestica della birra. Poco ci mancava che balzassi dal tavolino del bar e corressi verso un'imprecisata meta alla ricerca del sacro kit. Mi imposi invece di resistere alla tentazione, mi documentai e scoprii chela stagione calda nuoce ai lieviti della birra e così mi limitai a collezionare (im)pazientemente i vuoti delle birre che ci seccavamo in casa. Poi finalmente l'autunno arrivò e comprai il kit.
Esistono tre modi di produrre la birra in casa. Io sono ancora una neofita e pertanto sono solo al primo stadio. Nel mondo birraio ci sono grandi intenditori che sanno distinguere in un sol sorso quanti tipi di luppolo contiene una certa birra, se è pils o lager o weis o d'abbazia, e sospetto anche tanti aspiranti indenditori che probabilmente non distinguerebbero una birra dall'orzobimbo. Questa premessa per dire che se, come me, le vostre esigenze di consumatori di birra si limitano ad ambire ad una buona onesta birra, con una certa personalità, allora gioite: il primo stadio non richiede particolare perizia e regala grandissime soddisfazioni!
Per diventare pure voi mastri birrai con poco sforzo dotatevi di un kit per la produzione domestica della birra (anche detta homebrewing), online o nei negozi specializzati (a Modena Maltomania). 50-60 euro. Autoprodurre birra ha un senso ambientale se le bottiglie vengono recuperate. Quindi l'ideale è conservare ex bottiglie piene, ma a onor del vero non tutti i fomrati di birra si tappano comodamente; se poi vi fa piacere imbottigliare il vostro sacro nettare in una bottiglia esteticamente accattivante, magari per regalarla, imponetevi il vuoto a rendere! Ora che avete kit e bottiglie non vi resta che scegliere una mistura, ovvero il tipo di birra che preferite: dalla stout tipo Guinness alla chiara tedesca, dalla rosso doppiomalto ad una leggera stile messicana. La magica mistura consiste in un barattolo contenente una specie di melassa e una bustina di lievito (costo circa 15 euro). In quasi tutti i tipi di birra dovrete aggiungere un chilo di zucchero. Il procedimento lo trovate ben spiegato sui siti specializzati, sul kit e sui barattoli, quindi mi limito a fornirvi un'idea dei tempi.
1) Pulizia delle bottiglie e dell'attrezzatura: ESSENZIALE. Ci sono prodotti specifici (anche nel kit) per farla. E' forse la parte più lunga e noiosa. Vi ci vorrà circa un'ora. Mettete le bottiglie a testa in giù per scolare l'acqua in eccesso.
2) Preparazione mistura: va introdotta in 2-3 litri di acqua bollente e poi "allungata" con acqua fredda fino al raggiungimento della quantità di birra prevista, di solito una ventina di litri per volta. 15 minuti, più il tempo necessario al raffreddamento (il lievito si offende se l'ambiente è troppo caldo e si inibisce se è troppo freddo).
3) Fermentazione (dopo aver introdotto il lievito) nel tino di plastica. Da 10-15 giorni a 1 mese, dipende dal tipo di birra e dalla temperatura esterna.
4) Imbottigliamento e attesa del primo stappamento. Circa un'ora (molto meno se siete in due). Primo stappamento dopo almeno 3 settimane fino a 2-3 mesi per le birre più forti.
Per ora le mie conoscenze e la mia esperienza di birrificazione si fermano qui....ancora interpreto i fenomeni che avvengono in quel tino e che trasformano quello strano intruglio iniziale in una vera birra come qualcosa di magico. Ma vera birra è! Ho provato finora 5 tipi di birra, tutti soddisfacenti, un paio in particolare. Un hobby divertente e un bel regalo, sempre molto gradito. E anche voi susciterete la smania collettiva dell'uditorio!

lunedì 10 gennaio 2011

Son tutto questo le mie canzoni

...nebbie, ricordi, pena, profumo...son tutto questo le mie canzoni. Così scrive il grande Guccini nella sua bellissima canzone intitolata appunto "Una canzone" (la allego nel video).
Forse qualche lettore più attento ha notato che da un paio di giorni compare nella colonna a destra una nuova sezione chiamata Imperdibilia, ovvero canzoni "mai senza". Ci trovate 20 canzoni che più di centinaia di altre che amo altrettanto, come ad esempio questa di Guccini, hanno un significato nella mia vita. Adesso vi spiego quale.
"La signora Aquilone"....beh, anche i lettori meno attenti avranno notato che è appunto il titolo del mio blog. Perchè De Gregori è forse il primo cantautore italiano che ho cominciato ad ascoltare ed amare. Perchè la signora Aquilone vive fiduciosa e serena sotto un albero verde, si fa portare da quell'aquilone legato ai suoi fianchi, convinta che il vento le sia amico e che il cielo sia abbastanza grande perchè ci sia posto anche per lei. Come Nanni Moretti nella Stanza del figlio ho una deformazione al padiglione auricolare per cui riesco ad ascoltare solo musica italiana....in realtà non solo, ma quasi esclusivamente. E soprattutto, tolte le poche canzoni in lingua inglese per me storiche, sistematicamente dimentico di un pezzo straniero chi sia che lo canta.
"Canzone di notte n°2". Guccini, appunto. Ne avrei potute mettere decine di altre. Ho messo questa e "Amerigo". Il mio papà ascoltava Guccini da ragazzo, scriveva i suoi testi su un quaderno blu, li dedicava alla mia mamma che allora non li apprezzava, me li cantava quando ero bambina. E in "Amerigo", in quel tipo d'uomo che non si perde in nostalgie da ricchi, fiero e orgoglioso, vedo lui, il mio papà. "Canzone di notte n°2" racconta della goliardia, del gusto del cibo, dei bicchieri pieni, del canto, delle risate. Ma anche dell'impellenza di esprimersi, di raccontare di sè, di credere che qualcuno sentirà la tua malinconia e ti aiuterà a cullarla; della ribellione e dell'anticonformismo, dell'individualismo e della necessità di essere o di sentirsi diversi.
E parlando di genitori anche la mia mamma ha una sua canzone: "4 marzo 1943". Perchè il primo concerto della mia vita è stato quello di Lucio Dalla, insieme appunto alla mia mamma. Perchè è stata lei a raccontarmi la storia del titolo di questa canzone. Perchè in quella mamma bambina che aspettò come un dono d'amore fino dal primo mese vedo lei che ha aspettato me quando di anni ne aveva solo 18. 
"Sogna ragazzo sogna". Vecchioni. Una canzone che vorrei parlasse di ogni ragazzo, che farei ascoltare a mia sorella, ai miei figli, a tutti i giovani. La canzone dell'idealismo, della forza dei propri pensieri e dei propri sogni, della libertà. Magari nella vita non sempre andrà così, ma credere che andrà così è fondamentale per vivere.
Non solo musica italiana comunque. "Summertime" di Janis Joplin è quanto più associo all'amicizia fra donne. E' stata la colonna sonora di una vacanza spensierata, fatta nella magica età dei 20 anni, quando pensi di avere tutto per possibilità (Guccini, di nuovo); che poi se hai la fortuna di crescere serenamente e ti accorgi che non è proprio così ti rimane pur sempre quella nostalgica tenerezza verso quella che eri. E' la canzone struggente e graffiante di una donna indipendente e per me rappresenta il tesoro dell'assiduità di scherzo e di parola fra amiche. 
Per ora basta così. Alle prossime Imperdibilia!
 

Dedicato ai cattivi che poi così cattivi non sono mai


Ieri sera mi sono proprio divertita. Serata di karaoke in un piccolo baretto a Reggio Emilia insieme a delle carissime amiche. Ho respirato la goliardia di quando a 23 anni, in vacanza a Vulcano, ci attaccavamo addosso gli adesivi di Kledi e ci cappottavamo dal ridere mentre io mi cappottavo come un bivalve dalla sedia a sdraio.
In quella stessa sera devo avere abbandonato il mio portafoglio sul bancone e qualcuna deve esserselo intascato e portato nel bagno delle donne. Lì con calma lo ha aperto, ha preso tutti i soldi che avevo, monetine comprese, e lo ha abbandonato sul lavandino, dove qualcun'altra lo ha trovato e me lo ha fatto avere. Il portafoglio più costoso della mia vita è ritornato nelle mie mani, integro, con tanto di documenti e carte di credito, prima ancora che avessi il tempo di accorgermi che lo avevo perso. L'ho rimesso al calduccio nella borsetta e ho ricominciato a cantare a squarciagola. Ho cantato pure E la luna bussò, roba che sognavo da anni!
Dedico questo post e questa stupenda canzone a chi ieri sera si è intascato i miei soldi ma mi ha lasciato tutto il resto. Buon anno anche a te amica.

domenica 9 gennaio 2011

E tu sei piccolo e nero?

...come il povero Calimero, reietto e perseguitato?
Oppure sei candido, sicuro di te stesso, hai una voce suadente, insomma, sei un vincente? 
Questo post parla dello spot sull'energia nucleare. Chiedo scusa se ci arrivo in ritardo; mi par di capire che imperversa da tempo su tutte le reti tv, che io, grazie alla storica svolta del digitale terrestre, non ricevo.
La prossima volta che vi capita sott'occhio fate questa prova: chiudete gli occhi.
Il primo a parlare ha nella voce un leggero tremolio; sono contrario all'energia nucleare perchè mi preoccupo per il futuro dei miei figli. Il secondo è fermo e incoraggiante, una bella voce profonda, che farebbe -è il caso di dirlo- la sua porca figura anche in un film erotico d'autore, di quelli che piacciono alle donne; io sono favorevole perchè fra 50 anni non potranno contare solo sui combustibili fossili. 
Il sig. Porno-soft (il giocatore che muove gli scacchi bianchi) riporta dati, certezze (dirà anche che non ci sono dubbi sulla sicurezza delle centrali), è uno che si è documentato e la sua opinione se l'è costruita bella solida e inattaccabile: lui è favorevole perchè sa. Il sig. Calimero (il giocatore che muove gli scacchi neri) è incerto, vacilla, non argomenta, mostra semplicemente perplessità generiche: la sua opinione è che è contario perchè non sa. Il sig. Porno-soft e il sig. Calimero non hanno chiaramente lo stesso grado di cultura, di intelligenza, di carisma, di autorevolezza.
Ed ecco che uno spot travestito da spunto di riflessione super partes diventa il veicolo di un'idea ben precisa, quella del sig. Porno-soft: siate favorevoli al nucleare. Chi si dice contrario è poco informato e valuta in base a pregiudizi. 

Partita a scacchi fra il sig. Porno-soft e l'Autrice.
Io sono contraria perchè la materia prima dell'energia nucleare è l'uranio che è, pure quella, una risorsa finita, il cui prezzo è in continuo aumento. I tempi di costruzione di una centrale sono lunghi e una cosa è certa: quando saranno attive le prime centrali in Italia l'uranio sarà ancora meno di ora e il suo prezzo ancora più alto.
Io sono contraria perchè i costi per la costruzione, manutenzione e smantellamento di una centrale e il trattamento delle scorie fanno sì che quella nucleare sia una fonte energetica a bassa resa.
Io sono contraria perchè dall'energia nucleare si può ottenere solo elettricità e resterebbe pertanto il problema legato ai trasporti e al riscaldamento.
Io sono contraria perchè non so chi in Italia, zona sismica, come ben sappiamo, si terrebbe allegramente le scorie qualche metro sotto i propri piedi.
La mia opinione è questa, e poi ben vengano i dibattiti, i confronti, gli spunti di riflessione, ma che siano tali e che non si faccia anche di un problema serio e pressante come l'energia una bandiera ideologica (segnalo, per chi volesse approfondire questo argomento e in generale i temi legati alle risorse energetiche, il sito di Aspo Italia).
E tu che posizione hai?

giovedì 6 gennaio 2011

I cinesi sono i migliori ristoratori del mondo

Mi duole contraddirla ma i cinesi sono i migliori ristoratori del mondo. Chi ha visto Pane e tulipani ricorderà sicuramente questa battuta. Chi non lo ha visto vada a vederlo: è un delizioso, divertente, tenero film, da non perdere.
In altre parole: eccovi la ricetta per un memorabile pollo alle mandorle. Quelli che, come me, amano la cucina orientale si leccheranno i baffi, quelli che non la amano probabilmente non l'hanno mai provata: iniziate cimentandovi con questa ricetta a casa vostra, scommetto che vi piacerà.
Ecco cosa vi occorre:
Una scena del film Pane e tulipani di Silvio Soldini
500 g di petto di pollo
1 cipolla/ porro/scalogno
2 albumi
maizena (amido di mais), ma se non l'avete vanno bene anche la fecola e al limite la farina
salsa di soia
olio di arachidi
zucchero di canna
1 po' di vino bianco
2 cucchiai di burro
1 tazza di brodo
1/2 tazza di mandorle

Mettete a bollire una pentola piena d'acqua con un po' di salsa di soia. Postilla: quella più buona per noi occidentali resta secondo me quella che si trova ormai in tutti i supermercati. Nei negozi orientali ne hanno di tanti altri tipi: ne ho provate un paio ma non erano di mio gusto.
Nel frattempo fate a tocchetti il petto di pollo (devono essere dadini molto piccoli) e a parte preparate una miscela con gli albumi e circa 4 cucchiai di maizena, in cui immergerete i dadini di pollo, mescolando per bene. Quando l'acqua bolle tuffateci i dadini di pollo passati nel composto di albumi e lasciateli lessare. Basteranno circa 10 minuti. Una volta pronti scolateli e immergeteli velocemente in una ciotola colma di acqua fredda e scolateli nuovamente.
Fate un giro di olio nel wok. Il wok è una speciale padella generalmente in ghisa usata nella cucina cinese. E' molto pesante e distribuisce il calore in modo uniforme, trattenendolo a lungo. Se vi piace questo tipo di cucina non potete proprio fare a meno di averne una. Affettate sottilmente la cipolla e fatela soffriggere. Aggiungete poi il pollo e rosolatelo pochi minuti. Preparate una miscela con vino bianco, salsa di soia, zucchero e maizena. La consistenza deve essere quella di una salsa liquida. Versate la miscela nel wok e amalgamatela. La cinesità del piatto dipende in gran parte dal non essere parchi di salsa di soia, quindi nel caso aggiungetene. Per fare questa quantità di pollo potrebbe servirvi quasi un'intera bottiglietta di salsa di soia.
In una padellina a parte realizzate una sorta di "besciamella" in cui il brodo e la salsa di soia interpreteranno la parte del latte. Ovvero, sciogliete un tocco di burro (circa 2 cucchiai). Aggiungete poca maizena, mescolando, fino ad ottenere una specie di cremina. A poco a poco diluite con il brodo caldo (vegetale o di carne è uguale) e un po' di salsa di soia. Continuate a mescolare come si fa per la besciamella, in modo che non si formino grumi. Quando avrete ottenuto una crema vellutata e densa spegnete il fuoco. Praticamente avete creato un puccino da addizionare al pollo in modo che esso risulti bello immerso nel suo condimento. Non vi resta dunque che versare il puccino nel wok, dare una mescolata finale e portare in tavola.
Ah, dimenticavo: le mandorle. Curioso ma nel pollo alle mandorle le mandorle sono la parte meno importante, nel senso che la ricetta ha corpo e anima anche senza di loro. Comunque, le mandorle (spellate) vanno aggiunte nel wok insieme al pollo e amalgamate al condimento.

mercoledì 5 gennaio 2011

Maschio al volante ansia galoppante

Per il momento posso concedermi il lusso di condividere un'unica automobile e di non utilizzarla spesso. Credo che oltre all'ambiente e al portafogli questo stato di grazia vada anche a beneficio della mia integrità psico-fisica.
Mi presento, sono una donna al volante vecchio stampo. Pericolo costante. Faccio da tappo rispetto a velleità di sorpassi antimaterici verso l'infinito e oltre. Vacillo in presenza di avversità atmosferiche quali nebbia, ghiaccio, neve, nevischio, brina, pioggia, pioggerella. Al casello autostradale potrei dovervi costringere alla retromarcia perchè mi sono inavvertitamente infilata nella corsia telepass pur non avendo il telepass. Se in autostrada ci arrivo staziono fissa nella corsia del traffico lento per almeno 2 ore e quando poi prendo coraggio vi taglio la strada tentando sorpassi improbabili. Se non ho fatto e rifatto una strada almeno 100 volte vado nel panico e allora è la macchina che guida me, che forse è quasi meglio.
Tuttavia quando è necessario mi metto al volante, ma resto una femmina veicolisticamente non evoluta, che non ama guidare e che se c'è un uomo o una femmina evoluta nei paraggi cede volentieri lo scettro della guida.
Cari maschi al volante, e anche voi care femmine evolute che con un ghigno di sfida brandite il volante fiere e risolute perchè voi sapete guidare come e meglio di tanti uomini, abbiate pietà di me. Vi assicuro che se avessi potuto scegliere sarei andata a piedi, o in bici, o in autobus, o in monopattino. Sicuramente un'infausta congiunzione astrale ha voluto che mi beccaste proprio uno dei pochi giorni in cui sono stata costretta ad usare la macchina. Domani andrà meglio per tutti noi, ne sono sicura.
Non stazionate minacciosi a pochi centimetri dal mio paraurti. Oddio se tocco il freno è la fine. Non inceneritemi con lo sguardo nello specchietto. Se non ti va bene mi sorpassi. Non lampeggiatemi, non usate il clacson, non inveite. Ma dov'è che ve ne andate tutti sempre così di fretta? Non potevate partire un po' prima? Succede qualcosa di drammatico se arrivate un po' dopo? Avete una donna partoriente con le doglie da accompagnare d'urgenza in ospedale che vi staziona in macchina? Siete chirurghi e vi aspettano per un'operazione salvavita? Vi siete dimenticati il fuoco acceso?
Non fate lo slalom dei sorpassi come se le altre auto fossero birilli da scansare in allegria, che io già mi prefiguro un frontale apocalittico a pochi metri da me, io che freno e divento un tutt'uno col suddetto guidatore minaccioso e pressante a un centimetro dal mio paraurti. Te l'avevo detto di rispettare la distanza di sicurezza.
Se metto la freccia a sinistra su un rettilineo a doppio senso di marcia è perchè devo voltare a sinistra in una stradina stronza e volevo segnalartelo per tempo per evitare che ti spetasciassi su di me. No, non avevo la minima intenzione di sorpassare quello davanti. Io non sorpasso mai su un rettilineo a doppio senso di marcia.
Lo so, lo so, ma chi mi ha dato la patente?, le donne come me dovrebbero stare a casa a fare le lasagne invece di mettersi al volante. Hai perfettamente ragione. Domani è un altro giorno, lasagne per tutti.

lunedì 3 gennaio 2011

Hogmanay: ovvero capodanno a Edimburgo

Il castello di Edimburgo

Ostilità preconcetta verso il capodanno. Obbligo di spumanti stappati, divertimento, chiasso, tirar tardi (che di per sè è un concetto spassoso, ma doverlo fare per forza no). D'altra parte a casa propria, come se fosse una sera come un'altra, si avverte una vaga tristezza.
Progetto per scavallare il capodanno 2010. Un breve viaggio in famiglia. Pretesto: il capodanno. Causa reale: il viaggio in famiglia, una città nuova, Edimburgo. 
Mi dicono che il capodanno a Edimburgo (Hogmanay) spacchi parecchio, ma io non ne so niente, visto che la notte del 31 l'ho trascorsa per la precisione a South Queensferry, un paesino a mezz'ora di autobus da Edimburgo, dove alloggiavamo. Posto delizioso, tranquillo, cottage accogliente e pulitissimo affacciato sul fiume-lago-mare-insenatura io ancora non ho capito cosa cavolo fosse, con tanto di ponte stile ponte di Brooklyn. Il 1° gennaio qui accorrono tanti pazzi per buttarsi nello specchio d'acqua gelido di cui sopra (il bagno dei matti chiamato Loony Dook). Segnalazione di ristorante non certo tipicamente scozzese ma proprio grazie a ciò non tipicamente già chiuso ad orari improbabili tipo le 8 di sera: specialità asiatiche, proprio all'ingresso del paese. Buono, abbondante, prezzo abbordabile; evidentemente in pochi sfidano l'aspetto un po' penalizzante, dunque praticamente vuoto.

Edimburgo. Città molto raccolta, si gira facilmente a piedi, anche quando i piedi appartengono –in rigoroso ordine decrescente di performance atletica- a una bambina di anni 6, una zoppa, un camminatore che però la salita la facciamo poi in autobus, un uomo-bradipo. Molto suggestiva, circondata dalle colline e svettata dal ben noto castello e dalla meno nota, splendida, sella di re Artù, un vulcano ora spento. Chiese e monumenti gotici, vicoletti e architetture un po’ da Jack lo Squartatore, che anche se squartava a Londra, ci sarebbe stato bene anche qua. Qua in effetti ci vagava il poco raccomandabile Mister Hyde, frutto della fantasia di uno dei vari scrittori scozzesi celebri (Robert Stevenson), cosa a cui gli scozzesi tengono molto. Al calar delle tenebre (ovvero alle 15.30) la città ha un ché di sinistro, ma di quel noir piacevole, che però ti fa capire come tutto sommato anche Trainspotting ci sta bene ambientato in questo posto. Dato il poco tempo a disposizione e il costo salato dei biglietti, abbiamo completamente omesso musei e altre attrazioni. Ma anche così è una città che consiglio, perfetta per un breve soggiorno. O anche per un soggiorno più lungo, itinerante, con meta principale più a nord, nelle Highlands, laghi, castelli…lo farò prima o poi.
Alcune postille. Da Bologna ci vola mamma Ryanair, generosa madre di noi viaggiatori low budget. Non è tra le mete a 5 euro e si viaggia al solito stipati col bagaglio a mano distribuito nelle tasche, ma la mamma è sempre la mamma. L’alloggio si trova anche a prezzo contenuto, specialmente fuori città. Ma in generale è una città abbastanza cara.
La birra scozzese, con tutto il rispetto, è solo la mia opinione e basta, fa schifo. Sgasata, slavata, amarognola senza un perché.
Il clima scozzese, almeno in questa parte orientale, è molto più mite di quanto la latitudine possa far immaginare. Forse questa storia della corrente del Golfo è vera! Il nostro padrone di casa ci ha irriso per i nostri cappotti da circolo polare artico. Il buon Bill mi ha anche informato che non è nemmeno così tanto piovosa rispetto almeno alla parte occidentale. Di neve ne vedono poca, ma una settimana prima del nostro arrivo c'era stata la più grossa nevicata da vent'anni. Ecco, ottima scelta: una settimana prima del nostro arrivo. 
Infine. Gli scozzesi ci tengono ad essere considerati cosa diversa dagli inglesi. Ebbene, lo sono. Molto cordiali e amichevoli, si sforzano di parlare col povero turista un idioma che si avvicini a quelle poche nozioni di itanglese che il turista italiano medio conosce. Assolutamente ben disposti con i bambini, quasi nessuno nega loro una battuta, una caramella, un sorriso.
Trovi le foto di questo viaggio qui.

domenica 2 gennaio 2011

Convivialità e tazze fumanti

In questi giorni di festa ho dedicato poche ore al lavoro e molte alla convivialità. Eccovi dunque un post per celebrare la magia di quattro tazze rigorosamente scompagnate, una bevanda calda e due chiacchiere tra amici.

Cioccolata in tazza alla maniera della Lisa
Devo questa prelibata ricetta per una cioccolata in tazza con fortissima personalità alla mia maestra della scuola di cucina Il Girasole. Generalmente l’ho sempre preparata con un pentolino, un cucchiaio e un po’ di olio di gomito, ma mi tocca ammettere che il risultato ottenuto la sera scorsa da una mia amica con il Bimbi ha comunque avuto successo.
Per 6 tazze vi occorreranno:
800 g di latte
200 ml di panna (tenete i 50 ml in più della classica confezione da 250 per montarli e servirli a parte)
120 g di cioccolato fondente in tavoletta
100 g di zucchero
60 g di cacao amaro in polvere
1 stecca di vaniglia
4 cucchiaini di fecola
Spezie a piacere (a mio parere non dovrebbero mancare, perché rendono questa cioccolata particolarmente “memorabile”, ma lì va a gusti). Io in genere metto ½ cucchiaino di peperoncino o paprika, 1 cucchiaino di cannella, 1 cucchiaino e ½ di zenzero. Ovviamente tutto in polvere.

Stemperate fecola e cacao amaro in poco latte freddo (si sciolgono molto meglio che in quello caldo e non fanno grumi!). Nel frattempo portate ad ebollizione il latte e la panna, in cui avrete messo la stecca di vaniglia. Quando inizia il bollore togliete la stecca di vaniglia ed aggiungete lo zucchero, il cacao e la fecola sciolti, attendete, mescolando, che riprenda il bollore e lasciate cuocere per 1 minuto, sempre mescolando (coraggio coraggio, ne vale la pena). Infine, aggiungete il cioccolato a pezzetti e le spezie. Fate amalgamare e preparatevi a leccarvi i baffi.
Se ne avanza, questa cioccolata è molto buona anche fredda, nelle vesti di una mousse al cioccolato.

La “sciòma”, ovvero il caffè con la schiuma alla maniera della nonnona
Ha fatto la sua comparsa in questo blog altre volte, la nonnona. Questa mia nonna, grassottella, luminosa e sorridente, non conosceva una grande varietà di piatti, ma quelli che conosceva le venivano che era una meraviglia e sugli ospiti alla sua tavola riversava una tale devozione che dai suoi piatti, come da lei, ci si sentiva sempre amati e coccolati. A fine pasto era solita preparare il caffè con la moka e servirlo con la sciòma, una cremina di zucchero perfetta per formare sulla superficie uno straterello cremoso proprio come nel caffè espresso.
Per ottenerla bisogna stazionare pazientemente e prontamente nei pressi della moka in cui il caffè è in preparazione, armati di una tazza da caffelatte con dentro un po’ di zucchero e un cucchiaio. Perché la sciòma venga bene bisogna versare sullo zucchero rigorosamente le prime gocce di caffè che si raccolgono nella moka (se vi sfugge l’attimo e tentate di recuperare col resto del caffè non vale: non verrà mai bene come con le prime gocce). Regolatevi un po’ a occhio: aggiungete rapidamente un po’ di zucchero se dovesse scapparvi troppo caffè. Mescolate energicamente per qualche secondo: otterrete una cremina nocciola, densa ma non troppo. Fantastica.