Ovvero recensione assai poco tecnica dell'ultimo film di Clint Eastwood, Hereafter.
Voto: 6.
Forse non è politically correct dare solo la sufficienza ad un film di Clint Eastwood, ma io non sono un critico cinematografico e me ne concedo il lusso.
Il film parla della vita oltre la morte e dei (possibili?) contatti con l'aldilà, e racconta tre vicende che si intrecciano intorno a questo non facile tema.
Sapevo della scena dello tsunami eppure vedermela lì sul grande schermo è stato un pugno allo stomaco. Mi sono sorpresa nel realizzare che la tragedia del Sud-Est asiatico sia cronaca recente, eppure come me la fossi già dimenticata. Ed è amaro rendersi conto quanto sia vero il detto popolare che dà il titolo a questo post. Del resto, è umano troppo umano che sia così.
Tornando al film, è ben confezionato, ottimi attori. Tuttavia mi è parso che esso volteggi un po' ingenuamente sul tema, come a volerne rimanere prudenzialmente in superficie. Il finale poi mi ha lasciata piuttosto interdetta e l'ho trovato un pizzico scontato e persino lezioso. Il film apre discorsi che rimangono accennati e che si concludono coi puntini di sospensione. Naturale forse per un tema ineffabile come la morte, ma a me il film ha lasciato un sentore di incompiutezza. Da un signore di ottant'anni, a cui il pensiero della morte immagino inizi a tenere compagnia piuttosto spesso, forse mi aspettavo un approfondimento maggiore.
Nota fuori tema ma neanche tanto. La protagonista femminile, attrice a me ignota. Complimenti Clint per questa scelta: una donna piena di fascino, ma un fascino normale e non di plastica, complesso e sfaccettato. Una donna credibile, di un'età credibile, con un corpo e un viso credibile. Grazie, ogni tanto, ci vuole.
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