Oggi è la Giornata Mondiale della Terra. Non amo molto questi appuntamenti obbligati. Certo, mettono in luce argomenti basilari, ma mi sembra stiano quasi lì a dire: abbiamo la coscienza pulita, oggi ci occupiamo di questo tema, domani è un altro giorno. Un po' la logica illogica, ingannevole ed ipocrita che promouove le domeniche ecologiche e al tempo stesso nuovi parcheggi e strade a sventrare e soffocare le nostre città. Della serie: oggi al pranzo domenicale dalla zia Pina andateci a piedi o in bici, ripuliamo l'aria e compagnia bella, ma al lavoro, a fare la spesa, a portare i figli a scuola, nel quotidiano, CONTINUATE PURE ad usare la macchina, che noi vi rendiamo sempre più pratico ed agevole usarla a scapito dei mezzi pubblici e della bici.
Colgo tuttavia lo spunto della Giornata della Terra per lanciare un sasso nello stagno. Anzi, nello stagno ci lancio la classica bottiglia con tanto di messaggio.
Message in a bottle: lettera aperta a politici/amministratori/operatori economici/consumatori.
Omioddio, il PIL è in calo, mai stato così basso dal 19equalchecosa, il nostro PIL è la metà di questi e un terzo di questi altri, l'Italia è ferma, l'Italia non cresce, bisogna crescere, bisogna investire sulla crescita. E poi energia, serve più energia, per mantenere l'attuale stile di vita, e le rinnovabili non bastano, e allora il nucleare, viva il nucleare: è sicuro, il nucleare fa sconquassi: abbasso il nucleare, aspettiamo; e c'è Geddafi, evviva Geddafi, abbasso Geddafi, abbasso sì ma non troppo, perchè lui ha il petrolio e il petrolio ci serve.
La Terra, oggi è la sua giornata e possiamo permetterci di essere onesti, ha risorse FI-NI-TE o riproducibili in tempi lenti, che nulla hanno a che fare con le millantate necessità di sviluppo e con l'attuale stile di vita da mantenere o da raggiungere, aurea meta a cui un numero sempre maggiore di persone è istigato a dover tendere. Sviluppo sostenibile, un ossimoro molto modaiolo: per dirla con De Andrè, soltanto una legge che non riesco a capire ha potuto sposarli senza farli scoppiare. La verità è che siamo in troppi e vogliamo troppo: delle due l'una, o diminuiamo in numero o diminuiamo i nostri consumi. Dal momento che la prima via mi pare difficile da perseguire (e sarebbe anche oltraggioso per l'umana pulsione al perpetuarsi nelle generazioni tentare in qualche modo di imporla), occorrerà seguire la seconda, che sembra ostica ma nasconde, a parer mio, insospettabili soddisfazioni. Fino a che dunque continuerò a sentire istituzioni, partiti, persone che si fregiano di avere a cuore le sorti della Terra e al contempo parlano di necessità di crescita saprò che costoro mi stanno prendendo in giro o sono profondamente ignoranti. Possono avere la mia umana comprensione (fino a un certo punto), ma di sicuro non avranno da parte mia la patente della credibilità, nè il mio voto o la mia approvazione.
Desiderare di meno, spostarsi di meno, comprare di meno, vendere di meno, lavorare di meno, spendere di meno. Conoscere di più, donare di più, costruire di più, imparare di più, fermarsi di più, riposare di più. Meno strade, meno parcheggi, meno cantieri, meno cave, meno supermercati, meno viaggi, meno prodotti confezionati, meno regali acquistati, meno omologazione. Più orti, più mani che impastano, più case ristrutturate, più tempo regalato, più regali autoprodotti, più gambe e biciclette, più beni in condivisione, più rispetto per l'individuo e la sua originalità.
Non so se questa ricetta salverà la Terra, forse no. O forse lei si salverà da sola. Ma sono convinta che ne acquisteremmo tutti in serenità.
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