Ovvero, riflessioni sparse sulla festa del 150° anniversario dell'Unità d'Italia alla luce delle suggestioni che ho tratto dalla performance di Roberto Benigni al festival di Sanremo e dall'intervento di Marco Travaglio di lunedì 21 sul web. Ometto il link al seguitissimo Benigni, mentre mi permetto di soccorrere quanti non si sentono pronti per 45 minuti di travaglio attraverso la sintesi che segue.
Ottimo attore Benigni, indiscutibilmente ben riuscita la sua lezione sull'inno nazionale. Tuttavia il messaggio, che secondo Travaglio sarebbe "italiani, siate orgogliosi del vostro glorioso passato e dunque festeggiate il 150° anniversario", non è condivisibile. Le brutture politiche che da anni si susseguono in Italia, non ultimo il Ruby-gate e lo scandalo affittopoli a Milano, non ci consentono nessun orgoglio, ma anzi somma vergogna. Pertanto c'è poco da festeggiare. La filosofia del volemose bene, la fratellanza fittizia che sarebbe sottesa alle celebrazioni del 150° non dovrebbero annacquare l'indignazione verso questa classe politica.
"Sono orgoglioso di essere italiano"/"Mi vergogno di essere italiano". Io relego entrambe queste frasi nel grande calderone del qualunquismo e pertanto cerco di evitarle entrambe.
Non mi piace il patriottismo di maniera, quello chiassoso delle parate del 2 giugno e della retorica dei funerali di stato all'ultimo militare ucciso. Non mi piacciono l'Italia agli Italiani e padroni a casa nostra, la difesa di dialetto e tradizioni da parte di quanti per lo più della cultura che ha reso grande l'Italia non hanno alcuna traccia nel cuore, e spesso nemmeno nella testa.
Sono nata in un paese variegato e stupendo dal punto di vista naturalistico, artisticamente inarrivabile; un paese in cui abbiamo avuto Dante e Michelangelo e Leonardo. Un paese che sa cosa sia una splendida giornata di sole, dove ad ogni angolo c'è una preziosa tradizione gastronomica. Un paese dove si parla una lingua ricca di poesia e di passione. Sono felice di esserci nata e per questi stessi motivi di viverci. Non ne sono orgogliosa, perchè l'esserci nata non dipende da me, ma dal caso.
Tuttavia nemmeno me ne vergogno. In Italia c'è una classe politica, da destra a sinistra, infida e mediocre, voluta e sostenuta evidentemente da una maggioranza altrettanto mediocre. Per responsabilità dell'una e dell'altra, sono tante le cose che non vanno in Italia, ma le responsabilità sono individuali, nè contagiose nè ereditarie.
E dunque, festeggiamo o no? Io direi di sì, e non solo perchè sia un giorno di vacanza (e per favore non parlatemi di costi e di crisi perchè mi viene l'allergia).
Benigni non ha fatto solo una performance da fuoriclasse, ma raccontando di Mameli, di Cavour, di Garibaldi mi ha ricordato che non per l'orgoglio sarebbe opportuno festeggiare, ma per la memoria. Perchè la storia di quegli spiriti magni possa servire da ispirazione e da stimolo per le nostre piccole umane faccende. Perchè proprio in un periodo socialmente e politicamente così tetro quella memoria ha un grande valore, e rappresenta qualcosa a cui aggrapparsi.
E così guarderò al 150° anniversario come Foscolo guardava alla chiesa di Santa Croce a Firenze, in cui sono custodite le spoglie di tanti grandi del passato: una fruttuosa occasione di memoria.
(...) ma piú beata che in un tempio accolte
serbi l'itale glorie, uniche forse
da che le mal vietate Alpi e l'alterna
onnipotenza delle umane sorti
armi e sostanze t'invadeano ed are
e patria e, tranne la memoria, tutto.
Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.
mercoledì 23 febbraio 2011
domenica 20 febbraio 2011
Luci a Sanremo
I navigli a Milano |
L'assenza della televisione nella mia vita mi ha tenuta un po' alla larga dal festival per la prima volta in più di 20 anni. Ieri sera però ho seguito la finale. E dunque, Vecchioni.
Professore di latino e greco, uomo colto, complesso, sensibile, ironico, capace di parole di pura poesia e anche di spasso. Inutile aggiungere che lo adoro, e già solo per quello che è e per le parole che ha saputo trovare in tante canzoni per me è stata una piacevole sorpresa il fatto che abbia partecipato a Sanremo e sono felicissima che lo abbia pure vinto.
Stile Vecchioni inconfondibile, quasi un autoplagio, ma se a plagiarsi è uno così sinceramente poco mi importa. Un testo molto attuale, ricco, i ragazzi in piazza, gli operai che perdono il lavoro, i libri e le idee da difendere, che nessun porco che sta sempre al sole può oscurare. E sopra a tutto questo, l'amore a cui aggrapparsi, quello cantato da un uomo che dedica il pezzo alla compagna di tutta una vita. Come per tante sue canzoni, ho l'impressione che non smetta mai di parlare soprattutto ai ragazzi, a quelli che per età e per natura possono e devono nutrirsi ancora di sogni e di speranze. E quando lo ascolto mi piace pensarmi in questa sua eterna classe sospesa a cui si rivolge, anche se lui non è più professore e io non ho più l'età per essere studente.
Francamente non avrei retto all'ennesima vittoria di uno della scuderia di Amici. Peraltro immagino che avrò modo di ascoltare migliaia di volte la canzone di Emma e dei Modà e alla fin fine di farmela piacere, ma nonostante sia parecchie tacche sopra quelle che furono di Marco Carta e Valerio Scanu, non mi è sembrata niente di straordinario.
Non infierirei troppo sul terzo posto di Albano, canzone zeppa di retorica cantata col suo solito stile ingessato. Misteri italiani, al pari di Pupo con Emanuele Filiberto. Bah.
Mi restano di questo Sanremo le canzoni di Giusy Ferreri, Davide Van De Sfroos e mio malgrado Anna Tatangelo. Lotto da tempo contro il mio inconfessabile debole per lei, ma so già che il suo pezzo mi perseguiterà e io lo imparerò a memoria e lo canticchierò in macchina.
venerdì 18 febbraio 2011
Odi et amo
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Ti odio e ti amo. Come possa fare ciò, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento.
CAIO VALERIO CATULLO
In esilio forzato dal mio blog causa intensa fase di "sudate carte" sulla mia tesi di dottorato da scrivere e consegnare in una manciata di giorni.
La odio oramai, perchè ha bisogno di me e di tutte le mie energie e del mio tempo per essere scritta; la amo perchè più la scrivo e più me ne appassiono.
Arrivederci a prima possibile, caro il mio amato blog. Vivo per lei (ma solo momentaneamente) e tu non esserne geloso.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Ti odio e ti amo. Come possa fare ciò, forse ti chiedi.
Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento.
CAIO VALERIO CATULLO
In esilio forzato dal mio blog causa intensa fase di "sudate carte" sulla mia tesi di dottorato da scrivere e consegnare in una manciata di giorni.
La odio oramai, perchè ha bisogno di me e di tutte le mie energie e del mio tempo per essere scritta; la amo perchè più la scrivo e più me ne appassiono.
Arrivederci a prima possibile, caro il mio amato blog. Vivo per lei (ma solo momentaneamente) e tu non esserne geloso.
lunedì 14 febbraio 2011
Pane per i miei denti
"La lattaia" (J. Vermeer) |
Il concetto di base di molte macchine del pane è rispettare l'ordine degli ingredienti, che solitamente è: i liquidi sotto, poi la farina a coprire, infine in angolini diversi il lievito, il sale, lo zucchero, il burro o olio (se previsto).
Pane bianco classico (x 1 kg)
350 cc di acqua tiepida
250 g farina di grano duro
250 g farina 0
85 g farina di manitoba
1 cucchiaio di olio, 1 di sale, 1 di zucchero, 1 di lievito di birra secco (ovvero circa 20 g di quello fresco)
Programma standard/base, opzione massima doratura della crosta.
Tutto qui?! E allora provate anche questo:
Pane tipo a cassetta/da toast (ma ha una parentela molto lontana con quello che si acquista, perchè ovviamente questo è moooolto migliore) (x 1 kg)
125 cc di acqua tiepida + 150 cc di latte tiepido
500 g di farina 00
40 g di fecola
1 cucchiaio di sale, 1 di zucchero, 1 di lievito di birra secco
25 g di burro ammorbidito (anche fuso va bene, purchè intiepidito)
Stesso programma di prima, ma in questo caso per necessità l'ho provato anche con quello rapido ed il risultato è stato comunque onorevolissimo.
La mia pagnotta semidolce |
300 cc di latte tiepido
500 g di farina di manitoba
45 g di zucchero
50 g di burro ammorbidito
1 cucchiaio di lievito di birra secco
La mia macchina del pane prevede il programma per impasti dolci, che riduce i tempi di cottura poichè l'alto contenuto di zucchero tende a far scurire rapidamente il pane. Se lo avete, lo suggerisco.
N.d.A. Questo post rappresenta la mia personale vendetta contro un libro a cui non ho saputo resistere e da cui per il momento ho ricevuto solo delusioni: "Macchina del pane" di Jennie Shapter. Ancora non ho capito cosa ci sia di sbagliato nel mio rapporto con le ricette di questo libro. Ma del resto, la cuoca lenta e ottusa il forno (o il libro, in questo caso) sempre accusa.
Amor ch'a nullo amato
amar perdona (porcocane), a tutti coloro che non hanno resistito all'istinto irrefrenabile di dare compimento al titolo del post, felice San Valentino. Ma soprattutto 364 felici non-san-valentini! Chi ha la fortuna di riconoscere l'amore nella propria vita non ha bisogno per festeggiare di una festa, dei cuori di peluche e dei cioccolatini (beh, aspetta, di quelli lì c'è sempre bisogno!).
Significato della famosa citazione dantesca per chi non lo sapesse -il mio amato non lo sapeva. L'amore non permette a chi è oggetto di amore di non riamare a sua volta. L'amore attira l'amore, quando è sincero, intenso, totalizzante. Come non credere in questo confortante assioma.
Vaaaa bene, pochi coraggiosi sopra ai 16 anni dichiarano di gradire e celebrare San Valentino: è una festa stucchevole, un idillio del consumismo, etc etc. Ma quale miglior pretesto per me per pubblicare una poesia che da sempre mi commuove, quella che vorrei che un uomo, preferibilmente il mio, mi dedicasse, una poesia d'amore che io trovo speciale e intima come poche. Fortunata questa donna che se l'è vista dedicare. E a tutte le donne innamorate desiderose di parole e a tutti gli uomini innamorati a corto di parole è questa che io dedico: A mia moglie di Umberto Saba.
Significato della famosa citazione dantesca per chi non lo sapesse -il mio amato non lo sapeva. L'amore non permette a chi è oggetto di amore di non riamare a sua volta. L'amore attira l'amore, quando è sincero, intenso, totalizzante. Come non credere in questo confortante assioma.
Vaaaa bene, pochi coraggiosi sopra ai 16 anni dichiarano di gradire e celebrare San Valentino: è una festa stucchevole, un idillio del consumismo, etc etc. Ma quale miglior pretesto per me per pubblicare una poesia che da sempre mi commuove, quella che vorrei che un uomo, preferibilmente il mio, mi dedicasse, una poesia d'amore che io trovo speciale e intima come poche. Fortunata questa donna che se l'è vista dedicare. E a tutte le donne innamorate desiderose di parole e a tutti gli uomini innamorati a corto di parole è questa che io dedico: A mia moglie di Umberto Saba.
- Tu sei come una giovane
- una bianca pollastra.
- Le si arruffano al vento
- le piume, il collo china
- per bere, e in terra raspa;
- ma, nell'andare, ha il lento
- tuo passo di regina,
- ed incede sull'erba
- pettoruta e superba.
- È migliore del maschio.
- È come sono tutte
- le femmine di tutti
- i sereni animali
- che avvicinano a Dio,
- Così, se l'occhio, se il giudizio mio
- non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
- e in nessun'altra donna.
- Quando la sera assonna
- le gallinelle,
- mettono voci che ricordan quelle,
- dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
- ti quereli, e non sai
- che la tua voce ha la soave e triste
- musica dei pollai.
- Tu sei come una gravida
- giovenca;
- libera ancora e senza
- gravezza, anzi festosa;
- che, se la lisci, il collo
- volge, ove tinge un rosa
- tenero la tua carne.
- se l'incontri e muggire
- l'odi, tanto è quel suono
- lamentoso, che l'erba
- strappi, per farle un dono.
- È così che il mio dono
- t'offro quando sei triste.
- Tu sei come una lunga
- cagna, che sempre tanta
- dolcezza ha negli occhi,
- e ferocia nel cuore.
- Ai tuoi piedi una santa
- sembra, che d'un fervore
- indomabile arda,
- e così ti riguarda
- come il suo Dio e Signore.
- Quando in casa o per via
- segue, a chi solo tenti
- avvicinarsi, i denti
- candidissimi scopre.
- Ed il suo amore soffre
- di gelosia.
- Tu sei come la pavida
- coniglia. Entro l'angusta
- gabbia ritta al vederti
- s'alza,
- e verso te gli orecchi
- alti protende e fermi;
- che la crusca e i radicchi
- tu le porti, di cui
- priva in sé si rannicchia,
- cerca gli angoli bui.
- Chi potrebbe quel cibo
- ritoglierle? chi il pelo
- che si strappa di dosso,
- per aggiungerlo al nido
- dove poi partorire?
- Chi mai farti soffrire?
- Tu sei come la rondine
- che torna in primavera.
- Ma in autunno riparte;
- e tu non hai quest'arte.
- Tu questo hai della rondine:
- le movenze leggere:
- questo che a me, che mi sentiva ed era
- vecchio, annunciavi un'altra primavera.
- Tu sei come la provvida
- formica. Di lei, quando
- escono alla campagna,
- parla al bimbo la nonna
- che l'accompagna.
- E così nella pecchia
- ti ritrovo, ed in tutte
- le femmine di tutti
- i sereni animali
- che avvicinano a Dio;
- e in nessun'altra donna.
"Il bacio" (G. Klimt) |
sabato 12 febbraio 2011
Se non ora quando (?)
"Invidiosi, ce l'avete con lui perchè le sue amiche sono tutte belle, mentre le donne della sinistra sono racchie" (peraltro, da che pulpito...arrancare fino a 1.28 minuti di questo video per capire).
L'acuta disamina mi colpisce. Una voce levatasi dal fiero manipolo di manifestanti guidati da una delle sue amiche. Ultimamente una delle sue più fedeli amiche. Daniela Santanchè. Amiche con nasi lisci e aggettanti come piste da skateboard, senza l'onta di un punto nero giacché il sebo non attecchisce sui materiali sintetici.
Io, racchia e dunque di sinistra, coi miei punti neri, i peli superflui e la cellulite, ricordo questa stessa amica che nel 2008 pregava le donne italiane, con e senza baffi, di non sprecare il loro voto per un uomo che le vedeva orizzontali e mai verticali. Probabilmente la signora ha poi optato per essere obliqua, pronta ad assumere alla bisogna l'angolazione più conveniente.
Domani (domenica 13 febbraio) in tante città italiane (e non solo!) si terrà una mobilitazione voluta dalle donne (racchie) per le donne e non contro le donne. Negli intenti di chi l'ha organizzata c'è quello di mostrare il volto delle donne che studiano, lavorano, amministrano, decidono, realizzano, dirigono, soffrono, gioiscono, collaborano, contribuiscono alla formazione delle nuove generazioni. Le donne comuni, ormai diventate sempre più, paradossalmente, fuori dal comune rispetto all'immagine che se ne sta offrendo ultimamente sui media (n.d.A. nell'ultimo secolo).
Sassolino dalla scarpa. Non sarà garbato, ma la scarpa è la mia e me lo concedo. Le donne contro cui non si dovrebbe manifestare sono corresponsabili dell'immagine degradante di cui sopra. A mio modo di vedere è semplicistico ridurre le varie rubi-rubacuori-sare-pazzie-sessuali-tommasi-nicole-consigliere-comunali-fidanzate-nazionali-minetti a vittime di una strumentalizzazione maschilista; non sono vittime, sono complici dei carnefici.
Alcune buone ragioni per recarsi, racchie, contente e verticali, alla manifestazione di domani.
Perchè una donna può raggiungere nella cultura, nella scienza, nell'efficienza amministrativa e dirigenziale lo stesso livello di un uomo, solo che per conquistare le stesse posizioni e ottenere gli stessi riconoscimenti spesso deve faticare tre volte tanto.
Perchè tuttavia queste donne esistono, ed esistono donne che semplicemente lavorano, e curano la casa e la spesa e i figli e gli anziani e preparano valigie e ricordano scadenze e pagano bollette e si fanno i chilometri e sostengono e rassicurano e incoraggiano.
Perchè bambine e ragazze, così come bambini e ragazzi, sappiano che le donne non sono solo la finta rappresentazione del reale delle fanciulle poppute e truccate del Grande Fratello, che le ambizioni possono essere altre rispetto alle ospitate pomeridiane da Barbara D'Urso.
Perchè non ho mica capito come mai, a fronte di tanti uomini pubblici di dubbia avvenenza, per le donne sfoggiare una mediocrità estetica sia un lusso e una sfida continua contro quegli stessi uomini, di dubbia intelligenza, che poi ti dicono che sei più bella che intelligente.
L'acuta disamina mi colpisce. Una voce levatasi dal fiero manipolo di manifestanti guidati da una delle sue amiche. Ultimamente una delle sue più fedeli amiche. Daniela Santanchè. Amiche con nasi lisci e aggettanti come piste da skateboard, senza l'onta di un punto nero giacché il sebo non attecchisce sui materiali sintetici.
Io, racchia e dunque di sinistra, coi miei punti neri, i peli superflui e la cellulite, ricordo questa stessa amica che nel 2008 pregava le donne italiane, con e senza baffi, di non sprecare il loro voto per un uomo che le vedeva orizzontali e mai verticali. Probabilmente la signora ha poi optato per essere obliqua, pronta ad assumere alla bisogna l'angolazione più conveniente.
Domani (domenica 13 febbraio) in tante città italiane (e non solo!) si terrà una mobilitazione voluta dalle donne (racchie) per le donne e non contro le donne. Negli intenti di chi l'ha organizzata c'è quello di mostrare il volto delle donne che studiano, lavorano, amministrano, decidono, realizzano, dirigono, soffrono, gioiscono, collaborano, contribuiscono alla formazione delle nuove generazioni. Le donne comuni, ormai diventate sempre più, paradossalmente, fuori dal comune rispetto all'immagine che se ne sta offrendo ultimamente sui media (n.d.A. nell'ultimo secolo).
"L'origine del mondo" (G. Courbet) |
Alcune buone ragioni per recarsi, racchie, contente e verticali, alla manifestazione di domani.
Perchè una donna può raggiungere nella cultura, nella scienza, nell'efficienza amministrativa e dirigenziale lo stesso livello di un uomo, solo che per conquistare le stesse posizioni e ottenere gli stessi riconoscimenti spesso deve faticare tre volte tanto.
Perchè tuttavia queste donne esistono, ed esistono donne che semplicemente lavorano, e curano la casa e la spesa e i figli e gli anziani e preparano valigie e ricordano scadenze e pagano bollette e si fanno i chilometri e sostengono e rassicurano e incoraggiano.
Perchè bambine e ragazze, così come bambini e ragazzi, sappiano che le donne non sono solo la finta rappresentazione del reale delle fanciulle poppute e truccate del Grande Fratello, che le ambizioni possono essere altre rispetto alle ospitate pomeridiane da Barbara D'Urso.
Perchè non ho mica capito come mai, a fronte di tanti uomini pubblici di dubbia avvenenza, per le donne sfoggiare una mediocrità estetica sia un lusso e una sfida continua contro quegli stessi uomini, di dubbia intelligenza, che poi ti dicono che sei più bella che intelligente.
giovedì 10 febbraio 2011
Al diavolo, andiamo al bowling
Insieme a "Manhattan" è il mio film preferito, "Il grande Lebowski". Un film che non vuole insegnare nè dimostrare niente, un film ironico e dissacrante, in cui ogni personaggio è una riuscitissima parodia e i dialoghi sono perle di umorismo intelligente. Si potrebbe dire che il bowling sia il filo conduttore di un film di cui è facile perdere il filo, e vi dirò che le prime n volte che l'ho visto per me non è stato neccessario raccapezzarmici per trovarlo delizioso. I protagonisti amano il bowling, e giocando a bowling passano la maggior parte del proprio tempo.
L'appostamento di ieri sera per raccattare gli ultimi biglietti rimasti per lo spettacolo di Beppe Grillo non è andato a buon fine. Solo noi e un inquietante bagarino. Meglio di no, la professionalità del soggetto era francamente discutibile. E allora....al diavolo, andiamo al bowling!
Il rollio della palla sulla pista, il tocco secco con cui affonda i birilli, l'allegra cascata dei birilli inghiottiti, e poi, tra un tiro e l'altro, il tempo di quattro chiacchiere, una birra. Il buon Drugo l'aveva capita fino in fondo la vita!
Il Drugo mantiene un rispettabile regime di droghe leggere e di white russian, un morbido cocktail che ha avuto anche nella mia vita il suo momento di gloria. E' molto tempo che non me ne preparo uno. Volete provare? Vi occorreranno vodka liscia (circa metà del totale), liquore al caffè, panna liquida, naturalmente ghiaccio. Non immaginatevi acrobazie da baristi circensi: basterà miscelare semplicemente gli ingredienti nel bicchiere. Ottimo come "dessert" o per una seconda serata interlocutoria, bocciato per l'aperitivo.
E già che siamo in tema di cocktail, che, non soprenderà nessuno, mi appassionano, vi posto un altro paio di imperdibili miscele, oltre a quella già pubblicata di mia invenzione.
Facilissimo, stuzzicante, democratico, il Bellini. D'accordo, ci vorrebbe una bella pesca bianca da frullare, ma se non l'avete o vi danno noia quelli che io chiamo nonini, andrà benissimo un buon succo di pesca, da allungare con il prosecco. Se volete essere proprio impeccabili, lasciate scivolare nel bicchiere una ciliegia da cocktail.
Sensuale, avvolgente, esotica, la piņa colada. Frullate, insieme al ghiaccio, del rum bianco (circa 1/3 del totale), il succo d'ananas, il latte o la panna liquida, qualche fetta di ananas sciroppato. La crema di cocco darebbe il tocco del maestro, ma personalmente non l'ho mai posseduta e tuttavia la piņa colada in casa mia ha sempre fatto una sua onorevole figura.
L'appostamento di ieri sera per raccattare gli ultimi biglietti rimasti per lo spettacolo di Beppe Grillo non è andato a buon fine. Solo noi e un inquietante bagarino. Meglio di no, la professionalità del soggetto era francamente discutibile. E allora....al diavolo, andiamo al bowling!
Il rollio della palla sulla pista, il tocco secco con cui affonda i birilli, l'allegra cascata dei birilli inghiottiti, e poi, tra un tiro e l'altro, il tempo di quattro chiacchiere, una birra. Il buon Drugo l'aveva capita fino in fondo la vita!
Il Drugo mantiene un rispettabile regime di droghe leggere e di white russian, un morbido cocktail che ha avuto anche nella mia vita il suo momento di gloria. E' molto tempo che non me ne preparo uno. Volete provare? Vi occorreranno vodka liscia (circa metà del totale), liquore al caffè, panna liquida, naturalmente ghiaccio. Non immaginatevi acrobazie da baristi circensi: basterà miscelare semplicemente gli ingredienti nel bicchiere. Ottimo come "dessert" o per una seconda serata interlocutoria, bocciato per l'aperitivo.
E già che siamo in tema di cocktail, che, non soprenderà nessuno, mi appassionano, vi posto un altro paio di imperdibili miscele, oltre a quella già pubblicata di mia invenzione.
Facilissimo, stuzzicante, democratico, il Bellini. D'accordo, ci vorrebbe una bella pesca bianca da frullare, ma se non l'avete o vi danno noia quelli che io chiamo nonini, andrà benissimo un buon succo di pesca, da allungare con il prosecco. Se volete essere proprio impeccabili, lasciate scivolare nel bicchiere una ciliegia da cocktail.
Sensuale, avvolgente, esotica, la piņa colada. Frullate, insieme al ghiaccio, del rum bianco (circa 1/3 del totale), il succo d'ananas, il latte o la panna liquida, qualche fetta di ananas sciroppato. La crema di cocco darebbe il tocco del maestro, ma personalmente non l'ho mai posseduta e tuttavia la piņa colada in casa mia ha sempre fatto una sua onorevole figura.
lunedì 7 febbraio 2011
Azzeccagarbugli e i suoi capponi
Ovvero, pennuto ruspante arrosto e patate all'acquapazza.
Perchè questo titolo. Perchè il pennuto (nel mio caso, un galletto) mi è stato regalato da mia zia, la quale di tanto in tanto mi rifornisce di avicoli provenienti dalla fattoria di una sua amica, già perfettamente puliti e porzionati. Pennuti che razzolano in campagna e mangiano quel che devono mangiare. Questo è il modo migliore di consumare la carne: poca, locale, biologica. Se poi avete la fortuna che un Renzo qualsiasi venga a farvi visita omaggiandovi di un cappone, beh...non c'è niente di meglio.
Per tutta la preparazione (carne+patate), nella quantità immortalata da me, ci vorranno un paio d'ore.
Prendete le vostre porzioni di pennuto e salatele, rosmarinatele, pepatele, agliatele...insomma, insaporitele come più vi piace su tutti i lati. Il classico aglione già dosato delle nonne andrà ovviamente benissimo. Se la carne non fosse già a temperatura ambiente, aspettate che lo diventi. Ponetela quindi in una pirofila da forno e distribuiteci poco olio d'oliva, rigiratela e infornate a 180 °C in forno ventilato, in cui avrete sistemato un'altra pirofila riempita con due dita d'acqua. Questo permetterà alla carne di risultare croccante ma non eccessivamente asciutta.
Per 1 kg di carne ci vorrà circa un'ora, ma più che altro ci vorrà dell'usta: controllate la cottura, rimpinguate la pirofila con l'acqua, e quando la carne sarà bella marroncina rosolata (e non bruciata) sarà pronta!
Non spegnete il forno, estraete il pennuto arrosto e la pirofila con l'acqua, toglietene un po' (circa un dito) e sostituitela con l'acquetta ricca e saporita che avrà naturalmente espulso la carne nella sua pirofila. In questa acquapazza ponete una generosa quantità di patate, sbucciate e tagliate a tocchetti.
Parentesi: le patate, al forno o fritte che siano, devono a mio avviso essere sempre in quantità orgiastiche perchè sono troppo buone per finire troppo in fretta. La patata tira, come diceva un noto esperto, ed è così anche a tavola; se non ne possedete in grande quantità o non avete voglia di essere eccessivi, non fatele. Almeno se mai inviterete me a pranzo/cena.
Infornate nuovamente e rigirate di tanto in tanto. Shockate le patate con 10 minuti di grill a 200 °C quando avranno assorbito l'acqua e saranno diventate morbide. In questi ultimi minuti rimettete in forno anche il pennuto, in modo che si scaldi. La cottura delle patate richiederà complessivamente circa 45 minuti.
Due ore del vostro tempo, sì, ma intanto potete fare tanto altro e contemporaneamente trarre gaudio già solo dal profumo che si diffonderà in tutta la casa...in attesa di gustare, e ne sarà valsa la pena!
Perchè questo titolo. Perchè il pennuto (nel mio caso, un galletto) mi è stato regalato da mia zia, la quale di tanto in tanto mi rifornisce di avicoli provenienti dalla fattoria di una sua amica, già perfettamente puliti e porzionati. Pennuti che razzolano in campagna e mangiano quel che devono mangiare. Questo è il modo migliore di consumare la carne: poca, locale, biologica. Se poi avete la fortuna che un Renzo qualsiasi venga a farvi visita omaggiandovi di un cappone, beh...non c'è niente di meglio.
Galletto e patate: porzione quasi dietetica per 2 persone |
Prendete le vostre porzioni di pennuto e salatele, rosmarinatele, pepatele, agliatele...insomma, insaporitele come più vi piace su tutti i lati. Il classico aglione già dosato delle nonne andrà ovviamente benissimo. Se la carne non fosse già a temperatura ambiente, aspettate che lo diventi. Ponetela quindi in una pirofila da forno e distribuiteci poco olio d'oliva, rigiratela e infornate a 180 °C in forno ventilato, in cui avrete sistemato un'altra pirofila riempita con due dita d'acqua. Questo permetterà alla carne di risultare croccante ma non eccessivamente asciutta.
Per 1 kg di carne ci vorrà circa un'ora, ma più che altro ci vorrà dell'usta: controllate la cottura, rimpinguate la pirofila con l'acqua, e quando la carne sarà bella marroncina rosolata (e non bruciata) sarà pronta!
Non spegnete il forno, estraete il pennuto arrosto e la pirofila con l'acqua, toglietene un po' (circa un dito) e sostituitela con l'acquetta ricca e saporita che avrà naturalmente espulso la carne nella sua pirofila. In questa acquapazza ponete una generosa quantità di patate, sbucciate e tagliate a tocchetti.
Parentesi: le patate, al forno o fritte che siano, devono a mio avviso essere sempre in quantità orgiastiche perchè sono troppo buone per finire troppo in fretta. La patata tira, come diceva un noto esperto, ed è così anche a tavola; se non ne possedete in grande quantità o non avete voglia di essere eccessivi, non fatele. Almeno se mai inviterete me a pranzo/cena.
Infornate nuovamente e rigirate di tanto in tanto. Shockate le patate con 10 minuti di grill a 200 °C quando avranno assorbito l'acqua e saranno diventate morbide. In questi ultimi minuti rimettete in forno anche il pennuto, in modo che si scaldi. La cottura delle patate richiederà complessivamente circa 45 minuti.
Due ore del vostro tempo, sì, ma intanto potete fare tanto altro e contemporaneamente trarre gaudio già solo dal profumo che si diffonderà in tutta la casa...in attesa di gustare, e ne sarà valsa la pena!
domenica 6 febbraio 2011
Elogio della sporcizia
Questo il sottotitolo di un libello simpatico che ho letto qualche anno fa chiamato - fuor di metafora- "Scopare o spolverare". Lo consiglio: riporta un excursus interessante sulla storia del concetto di ordine e pulizia, e fornisce molti ironici consigli per curare sì le faccende domestiche ma riflettendo sul fatto che spesso il troppo pulito sterilizza anche la vita e che le relazioni interpersonali in famiglia non devono mai essere sacrificate sull'altare di Igea.
Cerco di mantenere con la pulizia e l'ordine un rapporto di cordiale distacco. Me ne occupo, e ho anche io le mie fissazioni e debolezze, ma senza eccessivo puntiglio.
Le nostre case stanno diventando sempre di più asettiche stanze operatorie, disinfettate e linde, in cui vivere circospetti e col divieto di sudare. Decine di prodotti diversi per ogni genere di superficie ingombrano i nostri mobili.
Ma c'è chi dice no. Perchè non provare?
Meno chimica, meno rifiuti (i flaconi), meno energia (quella per produrre le nostre magiche ignote pozioni battericide e quella per trasportarle fino ai supermercati), meno stress.
Piccolo vademecum per le pulizie domestiche.
PAVIMENTI: il grande alleato di ogni massaia, l'aceto. Io ne diluisco circa un bicchiere in mezzo secchio d'acqua. Qualche goccia dell'olio essenziale favorito attenuerà il sentore di insalata (comunque momentaneo) in giro per la casa. Se avete bimbi piccoli sgattonanti valutate se sia veramente meglio per le loro manine la chimica delle cere-super-disinfettanti o qualche innocuo germetto.
PANNI: in una domenica uggiosa ci si potrebbe dedicare all'autoproduzione del detersivo. Altrimenti si potrebbe optare per i detersivi alla spina e/o dimezzare i dosaggi rispetto a quelli consigliati da chi ha il solo interesse a farci esaurire il flacone in un battibaleno. Disintossichiamoci dall'ammorbidente al profumo di mare, che il mare contribuisce solo ad inquinarlo, e sostituiamolo, dignitosamente, con un cucchiaio di bicarbonato aggiunto direttamente nel cestello. Poche gocce del fidato olio essenziale per maniaci dei profumi.
SUPERFICI IN ACCIAIO: nuovamente, aceto. Lasciare agire pochi minuti. Impietoso contro il calcare.
SUPERFICI IN CERAMICA: erieccololà, bicarbonato! Scioglierne un po' in acqua fino ad ottenere una pasta che si conserverà in un barattolo. Distribuitelo sulla superficie da sbiancare e strofinate con spugna e olio di gomito (prodotto non in venidta).
VETRI: mmm.....vediamo, fantasia: aceto! Diluito in acqua, da mettere direttamente nell'ultimo spruzzino di simil-vetril che acquisteremo. Lo stesso prodotto servirà ad esempio per pulire l'interno del frigorifero o le piastrelle di bagno e cucina.
PIATTI: personalmente non ho ancora provveduto all'autoproduzione del detersivo per i piatti (anche per lavastoviglie). Se qualcuno avesse voglia di precedermi, dia un occhio a questo link! Oppure, nel frattempo, diluite diluite diluite (con acqua): il nostro cremosissimo detersivo super-concentrato durerà molto di più.
E in ultimo, puliamo, riordiniamo, laviamo, stiriamo, d'accordo. Ma tenendo a mente il consiglio del libro di cui sopra: bisogna riuscire a limitare il tempo che si dedica ai lavori di casa così da non perdere la freschezza dei sentimenti, il piacere di coltivare interessi, insomma, il gusto di vivere.
La condizione umana (R. Magritte) |
Cerco di mantenere con la pulizia e l'ordine un rapporto di cordiale distacco. Me ne occupo, e ho anche io le mie fissazioni e debolezze, ma senza eccessivo puntiglio.
Le nostre case stanno diventando sempre di più asettiche stanze operatorie, disinfettate e linde, in cui vivere circospetti e col divieto di sudare. Decine di prodotti diversi per ogni genere di superficie ingombrano i nostri mobili.
Ma c'è chi dice no. Perchè non provare?
Meno chimica, meno rifiuti (i flaconi), meno energia (quella per produrre le nostre magiche ignote pozioni battericide e quella per trasportarle fino ai supermercati), meno stress.
Piccolo vademecum per le pulizie domestiche.
PAVIMENTI: il grande alleato di ogni massaia, l'aceto. Io ne diluisco circa un bicchiere in mezzo secchio d'acqua. Qualche goccia dell'olio essenziale favorito attenuerà il sentore di insalata (comunque momentaneo) in giro per la casa. Se avete bimbi piccoli sgattonanti valutate se sia veramente meglio per le loro manine la chimica delle cere-super-disinfettanti o qualche innocuo germetto.
PANNI: in una domenica uggiosa ci si potrebbe dedicare all'autoproduzione del detersivo. Altrimenti si potrebbe optare per i detersivi alla spina e/o dimezzare i dosaggi rispetto a quelli consigliati da chi ha il solo interesse a farci esaurire il flacone in un battibaleno. Disintossichiamoci dall'ammorbidente al profumo di mare, che il mare contribuisce solo ad inquinarlo, e sostituiamolo, dignitosamente, con un cucchiaio di bicarbonato aggiunto direttamente nel cestello. Poche gocce del fidato olio essenziale per maniaci dei profumi.
SUPERFICI IN ACCIAIO: nuovamente, aceto. Lasciare agire pochi minuti. Impietoso contro il calcare.
SUPERFICI IN CERAMICA: erieccololà, bicarbonato! Scioglierne un po' in acqua fino ad ottenere una pasta che si conserverà in un barattolo. Distribuitelo sulla superficie da sbiancare e strofinate con spugna e olio di gomito (prodotto non in venidta).
VETRI: mmm.....vediamo, fantasia: aceto! Diluito in acqua, da mettere direttamente nell'ultimo spruzzino di simil-vetril che acquisteremo. Lo stesso prodotto servirà ad esempio per pulire l'interno del frigorifero o le piastrelle di bagno e cucina.
PIATTI: personalmente non ho ancora provveduto all'autoproduzione del detersivo per i piatti (anche per lavastoviglie). Se qualcuno avesse voglia di precedermi, dia un occhio a questo link! Oppure, nel frattempo, diluite diluite diluite (con acqua): il nostro cremosissimo detersivo super-concentrato durerà molto di più.
E in ultimo, puliamo, riordiniamo, laviamo, stiriamo, d'accordo. Ma tenendo a mente il consiglio del libro di cui sopra: bisogna riuscire a limitare il tempo che si dedica ai lavori di casa così da non perdere la freschezza dei sentimenti, il piacere di coltivare interessi, insomma, il gusto di vivere.
Etichette:
ambiente,
autoproduzione,
consumi,
recensioni,
rifiuti,
società
venerdì 4 febbraio 2011
Terra che mangio per vivere ancora
La poetessa Alda Merini |
Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all' orecchio degli amanti. Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
Una delle tante "catene di Sant'Antonio" che si propagano su Facebook: per opporti all'immagine degradante della donna che stanno offrendo le ultime vicende legate al premier, scegli come immagine del profilo quella di una grande donna. Io ho scelto Alda Merini.
Oggi un'amica mi ha spedito per mail questa sua poesia, che pubblico volentieri. E' esattamente per questo che ho scelto di "essere" Alda Merini. Ho bisogno di quelle stesse cose.
E l'ho scelta per questo capolavoro di canzone di Roberto Vecchioni.
Briciole....italiane e internazionali
Ovvero, torte sbriciolate di nome o di fatto.
Un classico italiano, la torta sbrisolona, tipica di Mantova. La preziosa ricetta l'ho avuta gentilmente in omaggio dai quaderni di una vera massaia mantovana, di cui si racconta che fosse una cuoca eccezionale.
Digressione su una pazza giornata con due carissime amiche in quel di Mantova: sedute ad una fermata d'autobus, un bizzarro autoctono ci ha intrattenuto passandoci, tra l'altro, un suggerimento per gustare la sbrisolona al meglio. Cospargere il piatto in cui porre la porzione di torta con alcune gocce di buona grappa e lasciare che la torta la assorba. Ovviamente ho sperimentato e il risultato è stato eccelso. Penso che anche nella versione semplice comunque la sbrisolona sia di per sè un dolce meraviglioso.
Provate, come me, a farlo da voi con:
1 hg e mezzo di farina bianca
50 g di farina gialla
75 g di ottimo burro
50 g di mandorle tritate
1 hg di zucchero
2 tuorli
1 busta di vanillina
Mettete le farine, le mandorle tritate e la vanillina a fontana in una ciotola. Ponete al centro il burro a tocchetti e con le dita ricavate briciole di burro intrise di farina. Il procedimento è quello illustrato in questo post per la pasta brisè. Aggiungete i tuorli per legare il tutto: legare ma non troppo, perchè il composto deve da definizione rimanere sbrisolado. Distribuite le golose briciole in una tortiera per uno spessore non superiore a 2-3 cm. Infornate a 180 °C e cuocete fino a doratura.
Post culinario tra la via Emilia e il West, ed eccoci, come promesso, ad una ricetta americana di tipologia simile. Personalizzata da me. Le barrette ai mirtilli.
Come in ogni ricetta americana che si rispetti, le dosi sono in tazze. Procuratevi:
2 tazze e 1 po' di farina bianca
1 tazza di zucchero
1 tazza di nocciole tritate
1 tazza di ottimo burro
1 uovo
mirtilli sciroppati (in alternativa marmellata di mirtilli o di lamponi)
Io ci ho messo mirtilli preparati e imbarattolati da me l'estate scorsa (prossimamente un post a riguardo).
Seguite lo stesso procedimento della sbrisolona. Ponete nella tortiera circa 2/3 del composto e cospargeteci sopra i mirtilli o chi per essi. Infine distribuite il resto del composto. Infornate a 180 °C e cuocete fino a doratura. Raffreddate a tagliate a barrette.
Un classico italiano, la torta sbrisolona, tipica di Mantova. La preziosa ricetta l'ho avuta gentilmente in omaggio dai quaderni di una vera massaia mantovana, di cui si racconta che fosse una cuoca eccezionale.
Digressione su una pazza giornata con due carissime amiche in quel di Mantova: sedute ad una fermata d'autobus, un bizzarro autoctono ci ha intrattenuto passandoci, tra l'altro, un suggerimento per gustare la sbrisolona al meglio. Cospargere il piatto in cui porre la porzione di torta con alcune gocce di buona grappa e lasciare che la torta la assorba. Ovviamente ho sperimentato e il risultato è stato eccelso. Penso che anche nella versione semplice comunque la sbrisolona sia di per sè un dolce meraviglioso.
Provate, come me, a farlo da voi con:
1 hg e mezzo di farina bianca
50 g di farina gialla
75 g di ottimo burro
50 g di mandorle tritate
1 hg di zucchero
2 tuorli
1 busta di vanillina
Mettete le farine, le mandorle tritate e la vanillina a fontana in una ciotola. Ponete al centro il burro a tocchetti e con le dita ricavate briciole di burro intrise di farina. Il procedimento è quello illustrato in questo post per la pasta brisè. Aggiungete i tuorli per legare il tutto: legare ma non troppo, perchè il composto deve da definizione rimanere sbrisolado. Distribuite le golose briciole in una tortiera per uno spessore non superiore a 2-3 cm. Infornate a 180 °C e cuocete fino a doratura.
Post culinario tra la via Emilia e il West, ed eccoci, come promesso, ad una ricetta americana di tipologia simile. Personalizzata da me. Le barrette ai mirtilli.
Come in ogni ricetta americana che si rispetti, le dosi sono in tazze. Procuratevi:
2 tazze e 1 po' di farina bianca
1 tazza di zucchero
1 tazza di nocciole tritate
1 tazza di ottimo burro
1 uovo
mirtilli sciroppati (in alternativa marmellata di mirtilli o di lamponi)
Io ci ho messo mirtilli preparati e imbarattolati da me l'estate scorsa (prossimamente un post a riguardo).
Seguite lo stesso procedimento della sbrisolona. Ponete nella tortiera circa 2/3 del composto e cospargeteci sopra i mirtilli o chi per essi. Infine distribuite il resto del composto. Infornate a 180 °C e cuocete fino a doratura. Raffreddate a tagliate a barrette.
mercoledì 2 febbraio 2011
Vacche grasse bambini magri
Come si evince dalla piadina alla porchetta -e non solo, io non sono vegetariana, nè mai credo che riuscirò ad esserlo. Sfortunatamente non esiste una categoria di cibo che non mi piaccia, fatta eccezione per le frattaglie o altre porzioni poco edificanti di bestie varie quali code o zampe, e dunque mi piace anche la carne, e ancora di più i salumi e il pesce. Non consumo però molte proteine animali, visto che il mio primo grande amore rimane la pasta. Cerco di consumarne ancora meno (proteine animali) da quando so cosa ci costano in termini ambientali e sociali.
Excursus sul perchè i vegetariani che ho conosciuto e di cui ho sentito parlare sono vegetariani (esclusi quelli a cui semplicemente la carne non piace).
Perchè non mangiano cadaveri di altri esseri viventi. Gli animali di cui ci nutriamo vengono uccisi per questo scopo. Qualcuno ritiene già questo un oltraggio a cui non intende prestarsi. Personalmente penso che l'uomo uccida da sempre gli animali per nutrirsene e che la natura preveda l'esistenza di predatori e di prede. Tuttavia, gli allevamenti intensivi in cui vige la legge dei grandi numeri (= produrre più carne possibile), quelli che consentono alle carni dei supermercati (spesso peraltro stoppose e senza sapore) di costare così poco, somigliano a dei veri e propri lager, in cui di naturale non c'è proprio nulla e infondo la morte rappresenta il minore dei mali. Prometto di pubblicare prossimamente un didascalico filmato a riguardo...
Perchè fa bene alla salute fisica e all'equilibrio psicologico. Mi è giunta voce che i consumatori di carne sarebbero persone aggressive. Lo sono parecchio anche certi integralisti-vegani-crudisti-frugivori che mangiano semi e bacche per essere in pace con il mondo ma evidentemente non con il vicino di piatto. Sicuramente non mi avventuro nel discettare di medicina, so che la gran parte dei medici però suggerisce di consumare in effetti poche proteine animali.
Perchè gli allevamenti hanno un forte impatto ambientale. E torniamo dunque alla premessa del post, ovvero: alcuni meno noti validi motivi per travestirsi da vegetariani pur non essendolo. Per questi vi rimando però al prossimo post.
Excursus sul perchè i vegetariani che ho conosciuto e di cui ho sentito parlare sono vegetariani (esclusi quelli a cui semplicemente la carne non piace).
Perchè non mangiano cadaveri di altri esseri viventi. Gli animali di cui ci nutriamo vengono uccisi per questo scopo. Qualcuno ritiene già questo un oltraggio a cui non intende prestarsi. Personalmente penso che l'uomo uccida da sempre gli animali per nutrirsene e che la natura preveda l'esistenza di predatori e di prede. Tuttavia, gli allevamenti intensivi in cui vige la legge dei grandi numeri (= produrre più carne possibile), quelli che consentono alle carni dei supermercati (spesso peraltro stoppose e senza sapore) di costare così poco, somigliano a dei veri e propri lager, in cui di naturale non c'è proprio nulla e infondo la morte rappresenta il minore dei mali. Prometto di pubblicare prossimamente un didascalico filmato a riguardo...
Perchè fa bene alla salute fisica e all'equilibrio psicologico. Mi è giunta voce che i consumatori di carne sarebbero persone aggressive. Lo sono parecchio anche certi integralisti-vegani-crudisti-frugivori che mangiano semi e bacche per essere in pace con il mondo ma evidentemente non con il vicino di piatto. Sicuramente non mi avventuro nel discettare di medicina, so che la gran parte dei medici però suggerisce di consumare in effetti poche proteine animali.
Perchè gli allevamenti hanno un forte impatto ambientale. E torniamo dunque alla premessa del post, ovvero: alcuni meno noti validi motivi per travestirsi da vegetariani pur non essendolo. Per questi vi rimando però al prossimo post.
Iscriviti a:
Post (Atom)