Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.

lunedì 14 febbraio 2011

Amor ch'a nullo amato

amar perdona (porcocane), a tutti coloro che non hanno resistito all'istinto irrefrenabile di dare compimento al titolo del post, felice San Valentino. Ma soprattutto 364 felici non-san-valentini! Chi ha la fortuna di riconoscere l'amore nella propria vita non ha bisogno per festeggiare di una festa, dei cuori di peluche e dei cioccolatini (beh, aspetta, di quelli lì c'è sempre bisogno!).
Significato della famosa citazione dantesca per chi non lo sapesse -il mio amato non lo sapeva. L'amore non permette a chi è oggetto di amore di non riamare a sua volta. L'amore attira l'amore, quando è sincero, intenso, totalizzante. Come non credere in questo confortante assioma.
Vaaaa bene, pochi coraggiosi sopra ai 16 anni dichiarano di gradire e celebrare San Valentino: è una festa stucchevole, un idillio del consumismo, etc etc. Ma quale miglior pretesto per me per pubblicare una poesia che da sempre mi commuove, quella che vorrei che un uomo, preferibilmente il mio, mi dedicasse, una poesia d'amore che io trovo speciale e intima come poche. Fortunata questa donna che se l'è vista dedicare. E a tutte le donne innamorate desiderose di parole e a tutti gli uomini innamorati a corto di parole è questa che io dedico: A mia moglie di Umberto Saba.
 
"Il bacio" (G. Klimt)
Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell'andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull'erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
Così, se l'occhio, se il giudizio mio
non m'inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun'altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
 
Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
se l'incontri e muggire
l'odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l'erba
strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t'offro quando sei triste.
 
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d'un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
 
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l'angusta
gabbia ritta al vederti
s'alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
 
Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest'arte.
 
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un'altra primavera.
 
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l'accompagna.
 
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun'altra donna.

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