Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.

domenica 29 dicembre 2013

Melograno o melagrana?

Probabilmente come arancio (l'albero) e arancia (il frutto). E dunque che coppetta al mascarpone variegata alla melagrana sia!
Ricetta di mia invenzione, dolcetto natalizio sfizioso e non troppo invadente, per quantità e sapore, per concludere i lauti pasti delle festività.
Per 6 coppette grandi come tazzine da caffè occorrono: 250 g di mascarpone, 100 ml di panna da montare, 2-3 cucchiai di zucchero a velo, una melagrana, un arancio (facoltativa un po' di maizena/fecola per addensare il succo di melagrana).
Montate la panna e mescolatela al mascarpone e allo zucchero a velo. Mettete il composto in frigorifero.
E ora la parte più "divertente": sgranare la melagrana e ricavarne il succo! Trovo che il seguente metodo sia abbastanza pratico. Armatevi di una ciotola, riempitela di acqua, tagliate la melagrana in quarti e sgranatela immergendola nell'acqua: in questo modo non vi tingerete le mani, la cucina non sembrerà il teatro di un efferato delitto e...magia...i chicchi andranno sul fondo e le pellicine bianche gallegeranno! Prelevate le pellicine con un mestolo forato e scolate i chicchi. Conservatene alcuni per la decorazione. Gli altri frullateli e passate il composto al setaccio per ottenere il succo. Fatelo addensare sul fuoco, aggiungendo il succo di mezza arancia (addolcisce un po' l'aspro della melagrana e sospetto che eviti l'annerimento del succo). Se non dovesse addensarsi o desideraste comunque una consistenza maggiore aggiungete un po' alla volta la maizena/fecola stemperata in poca acqua fredda.
Quando lo sciroppo si sarà raffreddato potete comporre le vostre coppette. Suggerisco di mettere un po' di succo anche sul fondo della tazza (cosa che io non ho fatto, ma che sicuramente farò la prossima volta). 
Buon appetito....e buon anno!
Proposito per l'anno nuovo: un post a settimana, altrimenti il blog si offende.

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martedì 5 novembre 2013

Se telefonando...


Diciamolo.
Quale fruttivendolo non terrebbe da parte gli ortaggi migliori per un'amica? Quale ristoratore non le riserverebbe il miglior tavolo? Quale professore non chiuderebbe un occhio su un esame non troppo convincente? Quale dirigente non favorirebbe una candidatura?
Siamo in Italia. E forse, tutto il mondo è paese.
Il gesto del ministro Cancellieri è stato umano e, umanamente, lo comprendo. Nè fruttivendolo, nè ristoratore, ma ministro, aveva il potere di focalizzare l'attenzione sul caso di un'amica che in carcere, a quanto si dice, rischiava la vita, e lo ha fatto. E l'amica in dieci giorni è tornata a casa.
Ho il convincimento però che maggiore è il potere pubblico, minore dovrebbe essere la libertà di usarlo a scopo privato. E pertanto maggiore è il prestigio di chi riveste ruoli dirigenziali, maggiore dovrebbe essere la sua cautela. Potere e prestigio hanno un prezzo molto alto: abnegazione pressochè totale al proprio impegno ed esercizio quasi monastico della rettitudine. Giustifico gli stipendi inusitati dei politici alla luce dell'inusistato sacrificio che la vita politica, specie a un certo livello, richiederebbe. Agire per la comunità, evitare i particolarismi, essere migliori della maggioranza di noi, essere di esempio.
Per questo penso che il gesto del ministro Cancellieri, benchè umanamente comprensibile, sia stato politicamente incauto, se non addirittura odioso. Peraltro, mio malgrado, devo ammettere che qualche parallelismo con l'odiosa telefonata di Berlusconi per Rubi c'è. E aggiungerei che il favoritismo riservato ad una spiantata minorenne molto disponibile non è più odioso di quello concesso ad una ricca signora con le amicizie giuste.
Peccato, ministro Cancellieri. Ha perso l'occasione di dimostrare di essere migliore di lui (pur essendolo certamente), e migliore di noi.    

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martedì 1 ottobre 2013

Non so se tutti hanno capito Ottobre

Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza, nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza.
Così cantava Guccini. E così io ruberò le parole al Maestrone per parlare di un altro tipo di mosto a quanti forse non hanno capito...l'Oktober (Fest). O meglio a quanti, magari incuriositi e con la mezza idea di andarci, ancora non hanno mai varcato le soglie di questo paese dei balocchi.
Ovvio che potete serenamente tenervene alla larga se non vi piace la birra e sperate di bere qualcos'altro di alcolico. Stesso discorso se siete tipi da "birra piccola", a meno che nel vostro personale metro di misura il boccale da un litro (ein mass) sia la misura piccola. Del resto, si sa, tutto è relativo.
Esiste solo un modo per affrontare l'Oktober Fest e magari divertirsi anche, ed è bere. Non necessariamente fino alle soglie del coma etilico, per quanto non pochi lo facciano; è sufficiente una leggera ebbrezza, quella sensazione di cervello che fluttua mezzo metro sopra la testa. Solo così, armati della vostra garrula noncuranza, potrete tollerare nell'ordine:
1) Il caos. Immaginatevi un baraccone di giostre dove probabilmente non salirete e di padiglioni dove sicuramente non entrerete. Immaginatevi un esodo di migliaia e migliaia di persone in cerca della birra promessa. Trasportati dall'onda umana, con pazienza, forse approderete a un mezzo sedile all'aperto e mai e dico mai il vostro uovo prossemico sarà rispettato.
2) Gli ubriachi. Che vomitano, che piangono, che strillano, che fanno a botte. Tendenzialmente quelli messi peggio sono già fuori dalla festa, a ciondolare su un marciapiedi, in un'ambulanza o in carcere, ma qualche soggetto di cui da sobri avreste orrore e paura vi capiterà certo a tiro.
3) I brilli. Tra cui, vi auguro, ci siete voi. Quelli col cervello a mezzo metro dalla scatola cranica. Che ruttano, che ridono in continuazione, che eine Prosit ogni due per tre, che fanno amicizia con chiunque, che palpano, che tentano approcci sociali un po' troppo avventati.
4) Il problema toilette. Quella birra scende bene, dovete berla per forza per fronteggiare i problemi 1, 2 e 3 e dunque vi ritroverete presto a fare i conti col problema 4. Se siete maschi il problema è relativo. Se siete femmine la scelta è di quelle epocali: un'interminabile fila che affronterete saltellando o piegate in due sperando di non farvela addosso, oppure sò la stanela zò i bragòn e il problema è risolto.

Se pensate di essere abbastanza forti per tutto questo, merita senz'altro una visita, e....Prosit! 

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lunedì 23 settembre 2013

E sono ancora qua...(e già)

E sì che non c'è niente che non va, ma c'è qualcosa (molto) da aggiornare.
Sì perchè ho adottato la filosofia di lasciare le "informazioni personali" nella colonna di destra cristallizzate a fine 2010, quando ho inaugurato questo mio spazio bloggesco. Come a ricordare: questa ero.
Ed ecco cosa sono oggi, a un passo da giugno 2016.
30 anni: sono andata avanti con gli anni, il chè è confortante perchè significa che sono ancora viva. Ne ho 36. Mi chiamano signora; non sono una con tutte stelle nella vita, ma signora resto.
60 mq: si sono più che raddoppiati, dislocati e muniti di ampio meraviglioso giardino. Da topo di città a topo di campagna.
2 gatti: sempre 2, ma nessuno dei quali è quello di allora...Adesso ho anche 2 cani, di cui avrei avuto il terrore nella mia scorsa vita. Ma i topi di campagna sanno dominare le loro paure.
0 figli: su questo fronte nessun cambiamento.
1 laurea, 1 dottorato, 4 lavori ufficiosi, 0 lavori ufficiali: inaspettatamente lavoro nello stesso posto e in un sol posto da un anno e mezzo, timbro un cartellino e ho una sede e un orario di lavoro. Un'ebbrezza che ancora mi stordisce.

Ma veniamo al capitolo amorevoli amati coinquilini umani & mariti.
Questo scrivevo tre anni fa:
Ancora 0 mariti, ok, fin qui ci siamo, ma ancora per poco...
Di questi tempi, tre anni fa, nel mio periodo in bilico tra una giovane donna incazzata e delusa, un'adolescente tardiva e Pinocchio che fuma, gioca a biliardo e se ne frega del Grillo, ho incontrato colui che più di chiunque prima di allora ha cambiato la mia vita. Un uomo che ha saputo ribaltarmi come un calzino. L'uomo che sposerò.

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venerdì 5 luglio 2013

Di stelle, sassi e immortalità

E' morta Margherita Hack.
Sì, lo so, non è l'ultima news dell'ANSA; ma pur con qualche giorno di ritardo appunto sul blog la mia personale, timida, incursione nel mondo metafisico, che la sua morte mi ha ispirato. E la dedico a lei, vera anticonformista, molto devota ad astri e pianeti e ben poco a dio.
No, in quel dio lì, il padre buono che sa tutto lui, anche quando quaggiù succedono le più stronze cose, io non ci credo. Preferisco anche non crederci, perchè se davvero ai piani alti c'è qualcuno che amministra la vita sulla Terra e l'amministra così, forse sarebbe il caso di riformarlo questo consiglio d'amministrazione. E onestamente credo che se pure esistesse un essere perfetto, di solo spirito, non starebbe a curarsi dei nostri futili privati casi.
Credo invece nei sassi e nelle stelle e nella loro consolante immensa grandezza al nostro cospetto.
Forse è per questo che ho scelto di studiare geologia, che in fin dei conti è una sorta di teologia antimetafisica.
Qualsiasi stronza cosa ci capiti, piccola o grande che sia dal nostro punto di vista, il sasso è lì, ignaro, da migliaia, milioni di anni e chissà per quanto ancora ci resterà, fino a sgretolarsi e diventare un nuovo sasso, o sprofondare e diventare nuova lava. Si può dire che sia immortale o almeno, più immortale di noi. E cosa dire delle stelle! Le guardi oggi e quella luce lì si è sprigionata anni fa e loro, ignare, sono là, lontanissime da noi, da chissà quanto tempo; roba da rimanerci secchi.
Consolante, a mio modo di vedere. Aiuta a dare la giusta dimensione ai propri privati accidenti, senza scomodare i piani alti. Siamo niente, saremo niente, e al tempo stesso diventeremo qualcos'altro...un cane, un gatto, un sasso (come diceva Margherita Hack).
Una cosa sopravviverà a noi, e non smetterò mai di essere grata alla mia insegnante di italiano che con tanta passione ci ha letto I Sepolcri di Foscolo. Quella cosa è il ricordo di noi in quanti ci hanno apprezzati e amati in vita.
Celeste è questa
corrispondenza d'amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l'amico estinto
e l'estinto con noi.

Ciao Margherita, un abbraccio.

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lunedì 27 maggio 2013

Prontuario di sopravvivenza al mal d'amore

Nessuno avrebbe mai potuto aspettarselo (si dice sempre così, in realtà circa sei persone su dieci se lo aspettavano eccome, due non si erano mai poste il problema, e gli altri due sono mamma e papà), ma tu e lui vi siete lasciati.
Caso 1
Lo hai lasciato tu.  Lui probabilmente, nell'ordine, ha strabuzzato gli occhi (ah, ecco, lui è l'altro che non se lo sarebbe mai aspettato), ha balbettato, ha pianto, si è cosparso il capo di cenere, ti ha detto che ti ama come non amerà mai nessuna. Ci stai malissimo: chissà forse hai sbagliato, forse sei stata troppo precipitosa, forse basterebbe prendersi una pausa.
Ragiona. Precipitosa? Coraggio, a me puoi dirlo, sono almeno sei mesi che ci pensi. Non ricordi? Gli puzzano i piedi, si è dimenticato l'ultimo anniversario, per il compleanno ti ha regalato la borsetta sbagliata, non si è accorto che da circa tre mesi hai la cresta punk, è un immaturo e se devi proprio dirla tutta a letto non è questo granché.
Vostro onore, la riformulo: non ci stai malissimo, ti senti mortalmente in colpa. Poverino...come farà senza di te? Scrupolosa fanciulla, il prontuario te lo assicura: prima o poi, farà. Anzi, il prontuario osa affermare di più: con te faceva il sostenuto su ricorrenze, legami, anelli di fidanzamento, proposte di matrimonio? stai serena, alla prossima stenderà davanti il tappeto rosso fino all'altare con tanto di fanfara paesana e fuochi d'artificio sul finale.
Caso 2
Ti ha lasciata lui. Tale evento ha la probabilità di verificarsi che ha la cometa di Halley di apparire nel firmamento. Più probabilmente ti sei lasciata tu. Ci stai malissimo, perchè nonostante gli puzzino i piedi, si sia dimenticato l'anniversario e non c'è verso che si accorga della cresta punk, pensavi fosse ammmòre.
Respira. Si chiama dipendenza. Come il tabagista per la nicotina, tu eri devota al pensiero di voi due. Era confortante svegliarsi al mattino e consumare il rito cornetto-cappuccino-paglia-cacca. E adesso che devi smettere non pensi ad altro, e pensi che mai smetterai di pensare ad altro e a com'era piena la tua vita di prima. Respira. Si chiama crisi d'astinenza. Ma puoi farcela, resisti, accetta l'invito dell'amico Bubber a quell'imperdibile sagra del tartufo, iscriviti a un corso di punto croce, fai le pulizie di primavera! 
Dicono che sia una risurrezione graduale, ma non lo sarà. Starai da schifo, e finchè sentirai che stai ancora un po' malino, vorrà dire che stai ancora da schifo e che quelle maledette sigarette ti mancano eccome, alla faccia del punto croce.
Sarà piuttosto che in un'ora qualsiasi, di un giorno qualsiasi, realizzerai che sono almeno tre ore che non pensi a fumare. Beh però. E sarà che il giorno che ti farai due rampe di scale senza sembrare afflitta da tisi non solo capirai che è fatta, ma sarai anche un filino orgogliosa e penserai che tutto sommato avere mente e polmoni più sgombri non è affatto male.
Probabilmente ci ricadrai, ma, per ora, prendi una boccata d'aria e non pensarci.

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martedì 14 maggio 2013

Se questo è un uomo

Un uomo.
Un pazzo? Un malvagio? Un disadattato? Un sadico? Un abusato? Sotto effetto di stupefacenti? alcol? Si sentiva vittima del sistema? dell'indigenza? del razzismo? della frustrazione? di un abbandono? della noia? della paura? del male di vivere? Qualcuno dovrà stabilirlo.
Certo è che c'è un uomo che ha commesso un abominio contro suoi simili, indifesi. Uomini che lasciano altri uomini a piangerli, per una morte inaccettabile, come sempre lo è la morte.
Non c'è un modo accettabile di morire una mattina presto a colpi di piccone, vittima casuale di un uomo che proprio quella mattina sente "voci cattive".
Non c'è un modo accettabile per una donna di essere stuprata, picchiata, seviziata, uccisa.
Non ce n'è uno per essere travolti da un'auto fuori controllo. O per morire di lavoro per la negligenza o il pressapochismo di qualcuno.
Non sono morti di meno i tanti colpiti a morte in Norvegia nel 2011, vittime casuali di un norvegese ultranazionalista ostile al multiculturalismo.
Eppure quando avvengono fatti come quelli del ghanese che a Milano ha ucciso tre passanti a colpi di piccone dilaga la sindrome "delinquenti e buoi dei paesi tuoi".
Ma la pelle bianca non avrebbe reso il reato di quell'uomo più accettabile, così come la pelle nera di una ministra italiana nata in Congo non la rende di per sè meno brava. Né al contrario necessariamente più brava.


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domenica 21 aprile 2013

Di nuovo tu? Ma non dovevamo vederci più?

Ma allora ditecelo che non ne vale la pena. Ditecelo che mettersi lì, valutare, ascoltare la richiesta di cambiamento, dare un segnale di lucidità, scegliere il meglio per noi, è troppo. Non meritiamo questo sforzo. E la miglior prova del fatto che non lo meritiamo è che voi, grazie a noi, siate (ancora) lì
Dopo due mesi in cui tentano di accordarsi per un governo, dovevano eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Poteva essere una buona occasione per eleggere qualcuno fuori dalla scena politica. Per eleggere una donna. Per eleggere qualcuno di anagraficamente "giovanile". Per eleggere qualcuno che suggerisse la speranza di un accordo fra le parti.
E invece no. 
E' stata l'occasione per dimostrare che la lungimiranza politica e la coesione del PD sono pari all'onestà e al numero di capelli naturali di Berlusconi. 
I grillini al 25%, Renzi e i renziani alle costole, rottamiamoli, mummia, zombie, morto che cammina...perchè mai allora, in questo contesto, appoggiare la candidatura dei 5 stelle (che peraltro, oh, avevano proposto l'80enne composto, elegante giurista Rodotà, mica Mario Balotelli)? Perchè non proporre invece un homo novus, uno che desse proprio l'idea della cesura con il passato, come Franco Marini? Perchè non proporre Prodi, giusto per evidenziare che il dissenso della Mussolini con la sua maglietta "Il diavolo veste Prodi" è stato più elegante di quello delle serpi che dovevano sostenerlo e non lo hanno fatto?
E' stata l'occasione per ricordarci che il pdl avrebbe candidato D'Alema. Cosa serve ancora? L'incoronazione la notte di Natale in San Pietro come "imperatore degli italici inciuci"?

E dunque eccoci al Napolitano bis. Invece del nuovo che avanza, gli avanzi del pranzo della domenica. Aveva detto di no, che era ormai troppo vecchio, stava imballando le ultime chincaglierie insieme alla Clio, aveva già prenotato il ponte del 25 a Ischia, e invece....ehm....Giorgio, scusa, non è che ci puoi ripensare? Ovviamente sì. Chi se ne intende lo chiama "alto senso dello stato". Io sento che si parla di un governo con Amato o Letta, e mi coglie solo il senso di nausea. 
Giorgio, ma un'eutanasia non era meglio di questo accanimento terapeutico?

“Il forte si mesce col vinto nemico.
Col novo signore rimane l’antico.
Dividono i servi, dividon gli armenti:
si posano insieme sui campi cruenti
d'un volgo disperso che nome non ha.”
 
(A. Manzoni, Adelchi - coro del III atto)

 
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martedì 2 aprile 2013

Patologicamente donna

Pensa ad una donna qualsiasi. Come tante donne immagina di avere dei figli. Ma anche se ci fanno credere di essere onnipotenti, non lo siamo, e non sempre le cose vanno come uno le immagina. A volte i figli arrivano inattesi, altre volte, pur attesi e desiderati e cercati, non arrivano, altre ancora sembra che arrivino, se ne stanno là dove non puoi vederli, ma sai che ci sono, e di punto in bianco non ci sono più.
Ci sono donne qualsiasi a cui capita di sentirsi diverse da qualsiasi donna che annuncia di essere in attesa, si accarezza la pancia, si siede al posto che le è appena stato lasciato libero, risponde di che sesso sarà e come lo chiamerà. Alcune di queste donne hanno al seguito compagni spauriti e inermi, figlioni non voluti, e sono piene di rabbia e frustrazione, quel pensiero diventa un'ossessione e al tempo stesso un segreto silente, un taboo intoccabile.
Altre magari si ritrovano sole, che forse è meglio. Alcune provano a fidarsi, vada come vada, e si giocano la carta del fatalismo e dell'ironia, forse era giusto così, forse ma forse ma sì, e via andare.
Pensa ad una donna qualsiasi, sola, ma armata di fiducia, di un sorriso e di un buon libro, che si reca al reparto di Patologia Ostetrica ad eseguire gli esami per una diagnosi di poliabortività.
Già patologia abbinato ad ostetrica suona male: ci si sente patologicamente difettate, laddove tutto un immaginario di cicogne e di cavoli e di fiocchi azzurri e rosa concorre a delineare intorno all'idea di maternità un'aura di puro idillio. Ma via...fiducia-sorriso-libro: ascensore, reparto, ingresso. Ma ecco che un esercito di pance da combattimento in assetto idilliaco si para davanti alla nostra signora qualsiasi patologicamente donna: settimi, ottavi, noni mesi, con mano di ordinanza ad accarezzarsi il ventre e compagni solerti e baldanzosi al seguito. Ok, forse ma dico forse per il reparto di Patologia Ostetrica poteva essere ricavato uno spazio a parte rispetto a quello di Euforia-Meraviglia-Gaiezza Ostetrica; comunque fiducia-sorriso-libro e via.
Domandi ad un addetto dove devi andare, "non qui", e vieni arcignamente rimbalzata tre porte più in là, "attenda di essere chiamata". Attendi. Fiducia-sorriso-libro. Ti mimetizzi tra le pance (beh...infondo tra bagordi alimentari e cappotto un quinto mese lo potresti sembrare...mmm, peccato per l'assenza di mano e di marito). Scopri che c'è chi sta peggio. C'è qualche altra donna qualsiasi che per inseguire il sogno di un figlio deve passare per l'ostetrica responsabile del reparto Sterilità, scelta probabilmente per la sua sterilità di intelligenza, educazione, umanità. "Scusi ma si ripresenta dopo sei anni?! E cos'ha fatto nel frattempo?! Il compagno è sempre lo stesso?!" "Ma gliele hanno prese le uova o no?!" "Beh ma se poi le viene un'infezione e rimane sterile sono fatti suoi".
Fiducia-sorriso-libro. Mimetismo. Attesa. 
Attendi un'ora e mezza prima che l'ostetrica del reparto si ricordi che un'ora e mezzo prima aveva appuntamento con te. "Scusi ma mio padre non sta bene". Proverai a dirlo domani al lavoro. Magari funziona. Prelievi e via. "Ora vada al reparto Sterilità per i dosaggi ormonali". Ti palesi a Miss Sterilità, la quale sgrana gli occhi, ripiega le labbra rifatte in una probabile smorfia di diniego, e sentenzia che "Scusi ma sono già le undici e mezza e io non ho tempo. Venga domattina".
Pensa ad una donna qualsiasi, senza fiducia e senza sorriso.
Oggi una donna fiduciosa, sorridente, scribacchina, ha provato compassione per quella donna qualsiasi, costretta a tutto questo, ma senza la terapia di un blog e di un po' di ironia.      

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martedì 26 marzo 2013

Peppone va alla messa

"La mia nonna diceva a noi bambini: il sudario non ha tasche"
Non ne so molto di papi, non è che negli ultimi anni siano stati fra i miei argomenti preferiti, ma io un papa che racconta di sua nonna non me lo ricordavo.
Il sudario non ha tasche. Mi ha fatto ripensare a una parabola che mi è sempre piaciuta molto e che da ragazzina avevo trascritto e appeso sulla porta di camera mia:  
Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno (Matteo, 6, 25-34).
La nonna del papa mi ha fatto tornare a quel lampo di speranza sulla porta di camera mia. Già, dovrei ricordarmene più spesso.
E poi, quel nome, Francesco. Dico, esiste un santo più intrigante di San Francesco? Uno che abbandona le ricchezze di cui avrebbe potuto disporre per andarsene a parlare con le bestie e a scrivere "lodata tu sia, nostra sorella morte", perchè a lodare la vita eran capaci tutti.
Sarà il nome, sarà che è capitato così, inaspettatamente, in un periodo inaspettatamente difficile della mia vita, sarà che quest'uomo sa parlare alla gente: parla di sè, semplicemente, gesticola, improvvisa.
Sarà che pure a me la mia nonna ha detto tante cose che ancora ricordo e che non scorderò mai.
Fatto sta che di tanto in tanto io, agnostica e francamente anticlericale, io, confesso che ultimamente ascolto le parole di questo papa. Ti dico una cosa, Francesco, se il buongiorno si vede dal mattino, il tuo è già un piccolo miracolo.


 
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martedì 5 marzo 2013

Non è un paese per donne

L'ho pensato oggi mentre facevo la pipì nel bagno di un supermercato.
O almeno, non lo sono i bagni pubblici.
Cari uomini, ingegneri architetti designer progettisti dei bagni pubblici (perchè è chiaro che siete uomini), manca poco alla nostra festa e allora fateci questo regalo: il bagno delle donne pensatelo per le donne.
Mi scappa la pipì. Ah ecco! Il bagno.
Varco la soglia. Luce automatica che intuisce il mio ingresso e....luce fu. Fantastico.
Cappotto, sciarpa, berretto, borsina, borsetta. Un ripiano? Una mensola? No, è troppo. Beh, due ganci, un gancio, mezzo gancio...quelli erano difficili da intuire?! Ma veramente devo fare pipì e magari pure il cambio della guardia con la borsetta in testa, il tampax nell'orecchio e il rischio di fare pipì sul cappotto?!
Pare di sì.
Va bene, vi perdono, questo dettaglio prevede in effetti una conoscenza della natura femminile che il maschio medio raggiunge (forse) in età da pensione. Ma persino voi, giovani uomini progettisti di bagni pubblici, sarete di certo a conoscenza del fatto che le donne fanno pipì sedute.
E allora peeeerchè la fantastica luce automatica non intuisce che no, dopo soli due secondi dal mio ingresso io NON sono già uscita, BENSI' sto facendo per l'appunto la pipì nel modo che la mia anatomia mi impone?!?! Ebbene la fantastica luce è poco intuitiva, si spegne, e mi costringe a farla al buio o a fare un po' di squat per farla riaccendere (niente di grave, se non fosse che ho sempre la borsetta in testa, il tampax nell'orecchio e a questo punto la pipì sul cappotto assicurata).
Ehi ragazze, ma qualcosa di intuitivo c'è...è lo sciacquone! Non serve nemmeno azionarlo, fa tutto lui, e durante lo squat di cui sopra....scrosssccc....eccolo che parte.....ehi no, aspetta, non ho finito....e vi lava.
Se poi all'uscita incontrate il lavandino automatico con fotocellula modello "mi spieghi dove minchia devo tenerle 'ste mani perchè tu capisca che ci sono?!" siete fregate! A quel punto viene voglia di infilarsi dritte dritte nel "contenitore igienico per signora" (un'altra idea vostra questo nome, nevvero?) e dimenticare questo mondo crudele.
Ah, un'ultima cosa, maschi progettisti. Noi donne non abbiamo niente contro i disabili.
Ma vi sveliamo un segreto: nei bagni pubblici 9 donne su 10 fanno pipì in sospensione.
Ora, il wc del bagno disabili, che di solito è lo stesso destinato alle signore, è posizionato a 20 cm da terra. Ha una ciambella alta 20 cm. Il wc in sè sarà alto...quanto? 80 cm. Prendete squadra e goniometro. Compasso e livella.
Il risultato è che pisciarsi sui piedi è matematico.


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lunedì 25 febbraio 2013

La vittoria di Re Travicello

Ognuno sa quanto sia apprezzabile, per un principe, essere leale e vivere con onestà, non con l’inganno. L’esperienza dei nostri tempi ci insegna tuttavia che i principi, i quali hanno tenuto poco conto della parola data e ingannato le menti degli uomini, hanno anche saputo compiere grandi imprese e sono alla fine riusciti a prevalere su coloro che si sono invece fondati sulla lealtà.
Dovete dunque sapere come ci siano due modi di combattere: l’uno, con le leggi; l’altro, con la forza. Il primo modo appartiene all’uomo, il secondo alle bestie. Ma poiché molte volte il primo modo non basta, si rende necessario ricorrere al secondo. È pertanto necessario che un principe sappia servirsi dei mezzi adatti sia alla bestia sia all’uomo.
Un signore prudente, pertanto, non può né deve rispettare la parola data se tale rispetto lo danneggia e se sono venute meno le ragioni che lo indussero a promettere. Se gli uomini fossero tutti buoni, questa regola non sarebbe buona. Ma poiché gli uomini sono cattivi e non manterrebbero nei tuoi confronti la parola data, neppure tu devi mantenerla con loro.
Gli uomini sono così ingenui e legati alle esigenze del momento che chi vuole ingannare troverà sempre chi si lascerà ingannare.
(Niccolò Machiavelli, Il Principe - capitolo 18)

Anno 1513.
Cinque secoli ed è ancora così.
Lo votano perchè è ricco. E' un manager. E' un uomo di successo. E' circondato di belle donne. Possiede una squadra di calcio. Possiede ville in ogni dove. Possiede i canali televisivi con Barbara D'Urso e Maria Di Filippi. Racconta le barzellette. Prende per il culo le donne brutte. Lusinga quelle belle. Fa il trapianto di capelli e la dieta tisanoreica. E' imputato in decine di processi ma tanto alla fine la spunta sempre.
Lo votano perchè straparla. Spara, e più la spara grossa e più se ne parla. E più se ne parla e più lo votano. Perchè per delle menti semplici e sguarnite basta dire una cosa perchè questa sia vera.
Basta un pezzo di legno lanciato in uno stagno, un travicello che galleggia impassibile, perchè un branco di rane lo elegga a indiscusso sovrano.
E brave rane, ranocchie e rospi italiani, avete consegnato di nuovo lo stagno a Re Travicello!

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domenica 24 febbraio 2013

AAA Cercasi principe blu oltremare

Azzurro non lo voglio.
L'azzurro è indefinito, indeciso, non sa cosa essere: blu o bianco? e perchè no? a tratti potrebbe essere interessante sembrare pervinca o lilla.
Non voglio un principe a tinte pastello.
Sì, lo so, sono rilassanti, luminose, ariose. Questo lo dicono in molti, e infatti molti dipingono le pareti di casa di rilassanti e luminosi giallini rosini azzurrini. Le mie pareti non sono in colori pastello.
Lascio alle principesse rosine i principi a tinte pastello. Il mondo ne è pieno. Anzi ho idea che la maggior parte, principi e rospi in età da moglie, continuino ad essere a tinte pastello. Principesse rosine siete fortunate, la vostra ricerca non sarà lunga e in tanti risponderanno al vostro annuncio.
Io però voglio un principe blu oltremare.
Indubitabilmente, francamente, esplicitamente blu.
E non un blu qualsiasi. Tonalità oltremare. Quella dei viaggi, dei sogni, degli ideali. Quella della stella polare che anche la notte la vedi chiara all'orizzonte, a dirti pacifica che quella è la direzione. 
Certo anche lui sarà stato azzurro un tempo, ma io voglio che arrivi da me decisamente blu. Profondo, accogliente, suggestivo, stabile. Non statico, leggete bene principi: stabile. Ammessa, anzi gradita, qualche increspatura, anche giornate di cavalloni, ma con la certezza che qualche metro più in giù tutto è sereno, equilibrato, pacifico, noto: stessa temperatura, stesso colore, stessa salinità. Sempre.
E che lasci parcheggiato al castello il cavallo bianco. Io voglio un principe che arrivi a piedi, sulle sue di gambe. E chissà da dove, chissà da quanto era in marcia. E quante volte è caduto, non ha saputo dove andare, ha sbagliato strada, soprattutto quando ancora era azzurro. Ma adesso è blu e se sbaglia strada se ne accorge presto e sa trovare da solo la via del ritorno.


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sabato 23 febbraio 2013

Chissa che cada a pezzi l'universo

Piccolo amore piccolo amore
che pena quelli con un grande amore
quelli con la pistola in mano
se guardi un altro oppure ci lasciamo
che bella novità
la prossima carezza che verrà
Piccolo mondo
dove ti prendo
e piccolo tornare sorridendo
piccolo letto
dove puoi dormire
che è un altro modo poi di far l'amore
e stare insieme a te
con tutta la dolcezza che c'è in me

Ma in fondo son parole
che il giorno che ti ho perso
chissà che cada a pezzi
l'universo
e non farei che dire
e non saprei che fare
di tutti i giorni che ti ho detto amore


Di tutti i giorni che ti ho detto amore
di tutti i giorni che ho pensato amore
di tutti i giorni che ho inventato amore
sognato amore
cantato amore
di tutti i giorni che ti ho detto amore
di tutti i giorni che ti ho scritto amore
piccolo amor non c'è niente al mondo
più grande in fondo
di questo amore

Che piano piano muove i tuoi capelli
e si risveglia nei tuoi occhi belli
e che ogni giorno come fosse il primo
si guarda intorno come un bambino

Piccolo amore
piccolo amore
che bravi quelli con un grande amore
verrà l'inverno e chi ci vuol male
per noi non sarà niente di speciale
e se ci lasceremo
sarà per poco sai
ci rivedremo

Ma queste son parole
che il giorno che ti ho perso
chissà che cada a pezzi l'universo
e non farei che dire
e non saprei che fare
di tutti i giorni che mi hai detto amore

Di tutti i giorni che ti ho detto amore
di tutti i giorni che ho pensato amore
piccolo amore non c'è niente al mondo
più grande in fondo
di questo amore
che muove l'aria e muove i tuoi capelli
e si risveglia nei tuoi occhi belli
e che ogni giorno come fosse il primo
si guarda intorno come un bambino.

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mercoledì 13 febbraio 2013

Giorno 10. Quando la cosa non la fai bensì ti capita

Questo è il momento più sereno da quando ho cominciato il gioco di almeno una cosa.
E con momento intendo serie di istanti in cui sto battendo i tasti della tastiera. Fra qualche altra manciata di istanti il mio umore potrebbe cambiare. Ma è da almeno due ore che la serenità la sta spuntando e quindi, diamole fiducia.
Ho cominciato questo gioco imponendomi di fare ogni giorno almeno una cosa che portasse positività nella mia giornata. Oggi a rigore ho contravvenuto alla regola, perchè la cosa che in assoluto mi ha portato più positività non l'ho fatta, ma mi è capitata.
Una piccola, semplice cosa. Questa mattina, come ogni mattina, sono andata a scuola a lavorare. Scuole diverse ogni mattina, da "insegnante a gettoni" quale sono. Un progetto di educazione ambientale sull'energia e il risparmio energetico in una quinta elementare.
L'attenzione, la curiosità, l'entusiasmo di quei bambini sconociuti ha fatto per me quanto nessuna delle altre cose positive che avevo fatto in questi giorni era riuscita a fare.
Uno su tutti. Al termine della lezioni un bimbo mi si è avvicinato e con tutta la naturalezza del mondo mi ha detto: grazie, mi hai insegnato tante cose nuove

Alle salse di Nirano, intorno ai conetti di argilla e acqua salmastra, solo una pianta, anonima e senza pretese, riesce ad attecchire e a crescere, la Puccinellia fasciculata. Lei è l'unica che non si cura dell'aridità di quel terreno, anzi per lei è il migliore di tutti perchè le altre piante non si sognano nemmeno di provare ad avvicinarsi.  
Oggi il primo ciuffo di Puccinellia è spuntato anche per me. O forse è solo il primo che vedo. Quindi a ben pensarci almeno una cosa l'ho fatta anche oggi.

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martedì 12 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 9

Il festival di Sanremo.
Nonostante Berlusconi, il papa, la neve, lui è lì e questa sera apre i battenti.
Non piace mai a nessuno ma ho l'impressione che tutti lo guardino almeno un pochino. Io lo guardo e lo confesso. Magari non fino alla fine, certo non tutte le puntate, ma a me piace, sin dal lontano 1989 quando...ti lascerò decidere per chi sarà al tuo fianco piuttosto che permettere di dirmi che sei stanco...Ecco, esatto, Sanremo è sempre fonte di grande ispirazione...

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lunedì 11 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 8 perchè uno l'ho saltato.

Ci sono giorni in cui la strada è in salita. Anzi, ci sono giorni in cui i momenti del giorno in cui devi affrontare la salita sono più numerosi che negli altri giorni.
Niente di inaffrontabile, c'è di peggio, e sai che lassù ci devi arrivare e che ogni tanto sarà bello sbirciare il panorama. Ma quando hai l'asma ogni gradino è una faticaccia, tanti ti superano, per loro sembra così facile...
Oggi è una bella, bianca, ovattata giornata d'inverno. Di quelle dove si sta bene dietro i vetri a guardare fuori. O a pensare che domani sarebbe bello uscire a fare una passeggiata fino in centro.
Nel giorno della salita e della neve oggi ho almeno indossato i miei bellissimi stivali nuovi, neri, con le borchie, da vera femmina kazzuta.
Forse un paio di babbucce con la testa di Paperino sarebbero state più confacenti, ma mica ci potevo affrontare la salita! E allora vai di borchie e di stivali. E domani è un altro giorno.
PS: caro giorno 7, io e te lo sappiamo che almeno una cosa l'abbiamo pur fatta, ma questo blog sta diventando troppo cuorioso e noi non gliela diciamo. 


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sabato 9 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 6

Il bagno nella vasca.
Antiecologico, lo so, ma costa meno di uno psicologo e ne svolge egregiamente la funzione. Silenzio, calore, letture, relax.
Questo non è semplicemente lavarsi, è dedicarsi alla meditazione.

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venerdì 8 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 5

Il pollo fritto e le altre sfiziosità a buffet del pranzo al Caffè Concerto.
Della serie quelli che niente che ci faccia mai passare l'appetito.
Quelli che meglio un fritto oggi e un senso di colpa domani.
Quelli che mangiamoci sopra.
Quelli che però una porzioncina di verdura tra un cotechino e una patata al forno non si nega a nessuno.
Quelli che se poi si va a pranzo al Caffè Concerto, con la mamma (e paga lei!) e c'è pure il sole, allora queste non sono almeno una cosa ma tante cose insieme e forse vuol dire che questo giochetto lo sto prendendo davvero sul serio.

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giovedì 7 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 4

Dormire 10 ore in un giorno feriale.
Pensare che sono proprio fortunata a poterlo fare di tanto in tanto e che tutto sommato questo è un vantaggio del mio bislacco lavoro.
E svegliarsi con un motivetto in testa...
Penso che svegliarsi alla mattina
sia una cosa eccezionale
Penso che dormire fino a tardi
sia altrettanto straordinario
E anche che... 

Puntini puntini puntini;)

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mercoledì 6 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 3

 La colazione al bar, anzi nel mio bar preferito, perchè di per sè non sono fanatica della colazione al bar. Ma questo bar è diverso. Non hanno le solite anonime pastine di cartone, ma una gran varietà di sfiziosità dolci e salate tutte autoprodotte e tutte buonissime!
A proposito, per chi è di Modena: via Manfredo Fanti 105, di fronte all'ex Carighein. Zona non certo autopromozionale, ma varcate la soglia...e ci tornerete!
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martedì 5 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 2

La donna delle pulizie! E questa volta non sono io. E alle zampate e ai peli dei miei gatti oggi ci pensa la mia Cenerentola personale.
Vetri lustri, generazioni di ragni sfrattate dalle loro ragnatele, pulizia persino in mezzo ai termosifoni. Un lusso che non mi ero mai concessa. Brividi che la mia casa non aveva mai provato.

 
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lunedì 4 febbraio 2013

Almeno una cosa. Giorno 1

Blog ad personam. Oggi inauguro una sezione ad uso totalmente personale del mio blog.
Pochi grammi di benessere, secondo un regime quotidiano ferreo.
La regola è questa: ogni giorno a partire da oggi devo fare almeno una cosa che porti positività nella giornata. Poche pretese, niente di eclatante. Ma pochi grammi al giorno chissà che non arrivino ad una grammatura di tutto rispetto.
Comincio così. Questa sera ho acceso le ex luci di natale. Quando ho rintanato gli addobbi dopo le feste le ho lasciate e ho fatto bene. E questa sera le illumino tutte per me.

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domenica 3 febbraio 2013

Torno subito

Non potevi che essere un lungo giorno di pioggia, caro il mio 2 febbraio 2013.
Un cielo limpido e un sole sfacciato sarebbero stati una sgradita impertinenza, oggi. Ti ringrazio invece per avermi accompagnata con il ticchettio incessante delle mille gocce di pioggia che ancora non smettono di saltellare.
Oggi è il giorno in cui ho imparato che se piove e hai le scarpe bucate i piedi te li bagni e non c'è niente di più goffo che fingere di averli asciutti. In passato l'ho fatto e sono stata così brava a propagandare la confortevole condizione dei miei piedi che ho finito per crederci anch'io, tanto che nemmeno nel chiuso di casa mi sono mai veramente concessa di appendere i calzettoni fradici vicino al caminetto.
Oggi è il giorno in cui ho imparato che non è facile chiedere alle persone con cui stavi amabilmente passeggiando di fermarsi un momento; è imbarazzante ammettere "ho le scarpe bucate e un gran freddo ai piedi". Ma ho imparato che pensare di farlo è molto più difficile che farlo davvero. Ho imparato che quando lo fai le persone si ricordano di quando anche loro hanno avuto le scarpe bucate e volentieri si fermano e aspettano. Tutte anzi ti darebbero le loro di scarpe, se potessero, ma non si può: ognuno ha le sue e deve imparare a rattopparsele. Ma sapere che tutti hanno delle scarpe da rattoppare e che se ti tremano i piedi e il passo non è sicuro come un tempo c'è chi saprà sorreggerti, o semplicemente allungarti una mano o anche solo rallentare o suggerirti un buon calzolaio, questo è un piccolo grande conforto.
Oggi è il giorno in cui ho imparato che giunti a casa i calzettoni bagnati è meglio appenderli subito al caminetto. Continuando ostinatamente a portarli vengono solo i reumatismi, che dalla punta delle dita è un attimo che arrivano su fino alla schiena e senza neanche accorgertene cammini tutto gobbo. A riparare le scarpe ci vuole tempo e perizia, ma è meglio pensarci coi piedi al calduccio.
Oggi è il giorno delle mie scarpe bucate e dei calzini fradici. Non starò a far finta di avere il passo infallibile del bersagliere. Per ora no. Ma appendo il cartello all'ingresso e so che là fuori tanti compagni di viaggio sapranno aspettare.

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