Un corallo visto in sezione sottile, perforato da un bivalve |
Il romanzo della mia ricerca ad uso e consumo di mia sorella di anni 6 volge al termine, dopo essersi dipanato attraverso questo post e questo.
Molto si impara delle vite di questi organismi studiandone le cause di morte; la si potrebbe chiamare "anatomopatologia fossile", una disciplina che i geologi chiamano tafonomia. E salta fuori che c'era qualcuno che nell'orribil sabbione gozzovigliava, ovvero vermetti e bivalvi che perforavano i coralli e stabilivano lì la loro dimora. A questi della luce non importava per niente e a cibarsi di fango e di detriti erano avvezzi da tempo immemore. I coralli tolleravano questi coinquilini non richiesti, specie se erano abbastanza grandi; quelli sottili invece soccombevano, bucherellati come groviera. Tutti quanti però si indebolivano, e, provati anche dalle tante energie che dovevano spendere per le operazioni di pulizia, alzavano bandiera bianca. I coralli più grandi comunque avevano una vita relativamente lunga, almeno qualche decina di anni. Quelli sottili contavano sui grandi numeri: tanti ne morivano, altrettanti ne nascevano, essendo più rapidi nella crescita rispetto a quelli "a cavolfiore".
Tutte architetture coralline quelle che ho studiato che dimostrano che "corallo" non fa necessariamente rima con "Eden". Alcune di queste biocostruzioni, anzi, si evidenziano come particolarmente durature e stabili, e pertanto sarebbe forse più corretto considerarle come esempi di stili di vita alternativi più che adattamenti a condizioni disagiate. Vincono la partita dei miei "coralli di bocca buona" quelli che si svilupparono nella parte sommersa più profonda di un ampio delta fluviale di piana alluvionale (tipo Po, qui lo dico e qui lo nego, che nella ricerca ogni fetecchia che si scrive andrebbe motivata e dimostrata). Costoro avevano principalmente il problema della poca luce più che dell'accumulo di detriti, ma evidentemente lo avevano superato alla grande ed erano in grado di prosperare a lungo.
Bene ragazzi, questo è quanto, o almeno gli aspetti principali. Se ne riparla il 1° aprile in sede di discussione della tesi!
Tutte architetture coralline quelle che ho studiato che dimostrano che "corallo" non fa necessariamente rima con "Eden". Alcune di queste biocostruzioni, anzi, si evidenziano come particolarmente durature e stabili, e pertanto sarebbe forse più corretto considerarle come esempi di stili di vita alternativi più che adattamenti a condizioni disagiate. Vincono la partita dei miei "coralli di bocca buona" quelli che si svilupparono nella parte sommersa più profonda di un ampio delta fluviale di piana alluvionale (tipo Po, qui lo dico e qui lo nego, che nella ricerca ogni fetecchia che si scrive andrebbe motivata e dimostrata). Costoro avevano principalmente il problema della poca luce più che dell'accumulo di detriti, ma evidentemente lo avevano superato alla grande ed erano in grado di prosperare a lungo.
Bene ragazzi, questo è quanto, o almeno gli aspetti principali. Se ne riparla il 1° aprile in sede di discussione della tesi!
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