Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.

sabato 24 novembre 2018

Ingegneria dell'odio

Qualche giorno fa una giovane volontaria italiana è stata rapita in un villaggio in Kenya. Non era lì per un safari o per concepire un bambino e chiamarlo Malindi. Era lì perché a vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età.
Era lì per dirci che in quest'epoca traballante di Instagram stories c'è ancora qualche ventenne che crede di poter cambiare il mondo con la forza del pensiero e dell'esempio, che crede che "aiutarli a casa loro" significhi andarci in prima persona a casa loro, e aiutarli appunto. Ingenua.
Per i teorici dell'Italia agli italiani, lei se l'è andata a cercare, è un'oca giuliva che poteva starsene a casa sua ad aiutare il vicino di casa, se non una finta altruista assetata di big bamboo.

Anche i volti di altre due giovanissime sconosciute hanno recentemente conquistato la platea della notorietà. Armate dell'euforia della loro età e di un cartello totalmente inopportuno, messi da parte smartphone e Ferragnez, sono uscite di casa per una spassosa protesta di gruppo.
A 15 anni sei autorizzato al pressapochismo, al bianco o nero, all'okkupazione per cause fumose (che poi il vero motivo è appartarti col moroso al cineforum).
A 45 anni anche no. Magari dai, sono disposta a concedere qualche sbavatura al turnista al bar con davanti il caffè delle 5. Col Ministro dell'Interno però tendo ad essere più tranchant.
Siccome però spesso non mi fido di quello che mi viene riportato da altri, per la prima volta in vita mia confesso che l'ho fatto: ho visitato la pagina Facebook del Ministro Salvini.
E tra una foto del caffè (delle 5?), un "vi voglio bene amici", qualche virata machista alla celabbiamoduro 2.0, la foto delle ragazzine era lì. Era DAVVERO lì. Pezzi di carne offerti alla brame della folla incazzata. Che ha abboccato, oh se ha abboccato!
Un secolo fa, all'epoca in cui anche la Signora Aquilone okkupava la scuola per il sacrosanto diritto di giocare a carte, la sua prof di italiano spiegò alla classe il Principe di Machiavelli. Disse che probabilmente non ci sarebbe piaciuto e nemmeno lo avremmo fino in fondo capito, se non in età adulta.
Un passo del Principe racconta di come il sovrano delegò il controllo di una regione riottosa ad un suo luogotenente. Costui, come richiesto, non si fece scrupoli a soggiogare la popolazione e in poco tempo portò la pace a suon di legnate. Il Principe allora, ottenuto il suo scopo, prese il fidato luogotenente e lo squartò sulla pubblica piazza, la ferocità del quale spettaculo fece quegli popoli in uno tempo rimanere satisfatti e stupidi. 
Cazzo prof, aveva proprio ragione!

domenica 28 ottobre 2018

Tremate tremate le streghe son tornate

Ora che il dado è tratto, da assidua spettatrice di X Factor lo dico chiaro e tondo: RIDATEMI ASIA ARGENTO. O per lo meno, zittite l'orsacchiotto biondo e ritentate il colpo.
Non ho mai condiviso la scelta di Sky di ostracizzare Asia Argento. Intanto per principio, dal momento che si trova soltanto ad essere accusata di un reato (peraltro poco credibile): gli indagati possono sedere in Parlamento, ma non al tavolo di X Factor? Non capisco.
E Cristiano Ronaldo allora? Anche lui è accusato da più voci di stupro, eppure non mi pare giochi tra le riserve.
E poi perché Asia Argento in quel ruolo era, forse per la prima volta in vita sua, credibile: empatica con i concorrenti, ben amalgamata con gli altri giudici, concisa e incisiva, un po' groupie da centro sociale, di quelle che ci hanno passato le nottate ad ascoltare band improbabili negli scantinati.
Invece Sky ha optato per la caccia alle streghe, adducendo motivi inconsistenti quali il possibile contrasto tra la vicenda giudiziaria di Asia e lo spirito del programma. Amici di Sky vi svelo un segreto: in Italia mandiamo giù di peggio, in barba a qualsiasi spirito, figurarsi se non saremmo passati sopra a una storiella del genere! Se non aveste sollevato tutto questo polverone, oggi il giovane rocker stuprato dalla virago (consentitemi un buahahahah) non sarebbe stato ospitato da Giletti e noi ci gusteremmo il programma con un vero poker di giudici.
Ma veniamo al sostituto, Lodo Guenzi.
Amici, NO.
A.A.A. CERCASI giudice di X Factor che non faccia (troppo) rimpiangere Asia: sintetico, irriverente, competente, anticonformista. Astenersi verbosi, buonisti, retorici, banali, noiosi.
Lodo parla troppo e non dice niente, gli sono tutti simpatici, sono tutti belli, hanno tutti energia e voci pazzesche e lui è pazzo di loro. Troppo, già dalla prima puntata.
Levatelo, vi prego. Ridatemi la streghetta, o almeno un valido stregone.


domenica 21 ottobre 2018

La cicogna azzoppata


E' passato qualche anno da quando la Signora Aquilone aveva provato a raccontare le sue peripezie ostetriche. Allora la Signora era triste e solitaria.
Oggi che tutto le sembrava nuovo e diverso, dalla valigia del "cambio vita" è saltato fuori il calzino spaiato, quello che forse se buttavi era meglio.
Oggi la Signora racconterà la storia di quel calzino.

Quale donna non conosce un test di gravidanza? Quello tradizionale almeno, senza frasi o faccine; quello con le classiche stanghette rosa. Due = sei incinta. Una = non sei incinta. Ogni  donna ci ha fatto pipì sopra almeno una volta. Con opposti sentimenti: sperando, bramando, supplicando una stanghetta oppure due. Non esiste una stanghetta e mezza, non esiste un sentimento intermedio. Una o due.
Oggi voglio raccontare della mia stanghetta solitaria: una, dritta e inequivocabilmente unica. Fiera e diritta come un dito medio. Fuck you. Anche questa volta hai mancato il bersaglio. Ritenta sarai più fortunata. 
Forse la mia urina non è abbastanza concentrata. Forse sono stata troppo impaziente. Forse rientro in quello 0,0001% di falso negativo. Forse ma forse ma sì.
Forse invece è tutta colpa di quel calzino spaiato. E' saltato fuori, il bastardello; non puoi fingere di non vederlo. E' colpa sua se tutta questa faccenda, che doveva essere solo un idillio romantico, ha iniziato a poco a poco a romperti le palle. 
Perché quella che ormai lo sa anche il muro che è incinta (e del resto si vede lontano un miglio quanto è rosea e luminosa la baldracca), ma tace per scaramanzia, ti ha rotto le palle. Quell'altra che aveva un unico ovaio policistico, l'utero retroverso, un fibroma grosso come una mela, due botte ed è rimasta incinta, pure lei ti ha rotto le palle. Quell'altra ancora che...puff...neanche se n'era accorta; pure quella ti ha rotto le palle. Pure tua nonna che senza stick ovulatori, stanghette e faccine ha avuto dieci figli dai 15 ai 45 anni ti ha rotto le palle. 
Ti hanno rotto le palle tutte le storie di maternità più o meno impreviste, miracolose, incredibili, travagliate, quelle che "quando smetti di pensarci", "quando non ci pensi affatto", "quando è l'ultima cosa che vuoi", "quando pensi non sia possibile". 
Zitte, zitte tutte, parlo io, anzi per cominciare non parlo affatto, ma rivendico, senza pietismi, il mio diritto al DITO MEDIO.

domenica 4 dicembre 2016

Cogito ergo post

Decido di scrivere questo post quando mancano poche ore alla fine della giornata referendaria e ancora non si parla di risultati.
http://guardforangels.altervista.org
Per parecchi mesi la mia principale fonte di informazione sul referendum costituzionale di oggi è stato Facebook. Infatti, da qualche tempo, insieme ai link sugli animali torturati e sulle ultime tendenze bio-vegan-crudiste-km0 e ai post dei mai una gioia, era tutto un io voto No, basta un Sì, la costituzione è NOstra. Da un lato, i politicanti baldanzosi, i fanatici dell' "io posto ad ogni costo", dall'altro, i disfattisti, quelli incarogniti di non avere capito una mazza, che si lagnano degli argomenti dominanti del pueblo e attendono speranzosi il prossimo simposio sulla fisica quantistica.
Tra gli uni e gli altri, i non votanti e i votanti silenziosi, così poco social; coloro che si ritengono fortunati se in tasca trovano gli spiccioli per il caffè, ma la verità, quella no, non l'hanno ancora trovata.
Costoro, si badi bene, un'opinione ce l'hanno, dimessa, umile, intessuta di dubbi. Veramente poco social.
La mia, affidata a queste righe, è la seguente. Gli intenti e i contenuti di questa riforma sono, a mio avviso, condivisibili, pertanto io ho votato SI'. E sono convinta che i detrattori sarebbero stati meno numerosi se a farsi portavoce delle ragioni del SI' non fossero stati un bulletto con lo smartphone e la sua madamigella in tacco 12. Certo, si poteva fare di più, ma evidentemente tra il dire e il fare c'è di mezzo la schizofrenia della compagine politica italiana, un elefante che in tanti anni non è riuscito a partorire il topo.
Il topo oggi è questa "riforma dimezzata", ma dire che non basta, che si poteva fare anche questo o quello, è un modo comodo per farsi bastare uno slogan, arrivederci e grazie.
Il topo, secondo alcuni, è uno scempio, perché "la Costituzione non si tocca". Umilmente penso che si possa amare, conoscere, rispettare la nostra Costituzione pur adattandola alla modernità. E chissá se tutti quelli che oggi accusano Benigni di essere un venduto conoscono anche solo le prime dieci parole della sacra Carta che difendono.
Il topo, secondo altri, è in realtà un mostro famelico che porterà a una "deriva autoritaria" delle "lobby dei poteri forti", riducendo sempre di piú la "sovranità popolare". Chapeau. Ammetto il mio limite verso il complottismo; non sono così astuta. Chiedo venia, sono quella che fino all'ultimo colpo di scena del film non sospetta dell'assassino.

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domenica 29 maggio 2016

Ora che so, non dimentico

Da www.tra.tv
Quattro anni fa abitavo nel mio appartamento di Modena, ero sola in casa e proprio come ora mi stavo preparando l'aerosol per combattere i miei soliti malanni respiratori.
Di lì a poco mi sarei ritrovata seduta sul letto con un cuscino in testa, perfettamente in asse rispetto al lampadario che oscillava spaventosamente. Mi sarei quindi precipitata in strada, dove avrei incontrato gli occhi terrorizzati dell'elettricista, che stava eseguendo dei lavori nei garage interrati e si era pensato già morto, intrappolato sotto un palazzo di sei piani. Avrei visto scendere nugoli di vicini mai visti prima, gente attaccata ai cellulari nel vano tentativo di contattare i parenti. Mi sarei diretta verso la scuola di mia sorella, dove i bimbi, tra lo spaventato e il divertito, erano stati radunati in giardino, e con lei avrei trascorso una mattinata a spasso per il quartiere, insieme all'esercito di coloro che solitamente il quartiere lo spiano dalle finestre. Sarebbero seguiti giorni di tende nei parchi, famiglie che dormivano in macchina, serate di birre collettive all'aperto in cui tutti sapevano di fracking, faglie e piane alluvionali, di cellulari perennemente connessi alla app dell'INGV, diventata in pochi giorni più popolare di Facebook, di "l'hai sentita quella di stamattina?" e "senti che vento, tra poco ne arriva un'altra".
Posso dire di avere capito davvero cosa sia stato quel terremoto solo ora che vivo e lavoro nella Bassa. Ora che vedo tutti i giorni le chiese puntellate, i tetti sfondati, i muri feriti, le vie dei centri storici che sembrano il Far West, i container con le antenne paraboliche e gli stendini, i negozi nei prefabbricati. E soltanto adesso ho la visione chiara che a Modena quel terremoto fu poco più che un grosso spavento e una scampagnata di isteria collettiva, perché il bombardamento, quello da cui non sfuggi con un cuscino in testa, era qui, dove ci sono persone che ancora oggi non sono rientrate nelle loro case di allora.
Oggi su Facebook sarà giornata di IO NON DIMENTICO. Io avevo dimenticato, perché se non sai, dimentichi.


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lunedì 6 luglio 2015

Era solo un gatto

Quando ero triste non faceva domande, non enfatizzava, non minimizzava, non dava consigli. Era solo un gatto.
Quando ero arrabbiata non mi diceva "stai esagerando", "adesso calmati", "modera i termini". Era solo un gatto.
Quando facevo scelte avventate, cambiavo idea, tornavo sui miei passi  non mi guardava con disapprovazione, non giudicava. Era solo un gatto.
Quando le parole restavano giù, aggrovigliate e inespresse, non mi suggeriva che avrei dovuto buttarle fuori alla rinfusa, né che invece avrei dovuto spingerle più giù ancora. Era solo un gatto.
Se mi svegliavo mi aspettava fuori dalla porta, se gli parlavo rispondeva in un solo modo, se mi accoccolavo sul divano arrivava lì, se rientravo con la macchina era sul balcone a guardarmi rientrare, se suonava il campanello allora non ero io e allora tanto valeva nascondersi. Semplice. Non c'erano risentimenti, rancori, ripicche, vendette. Era solo un gatto.
Un gatto, il mio. Quello che aveva una notte per farmi innamorare di lui, perché a me i gatti e le loro unghie mi inquietano, e sembrano sacchetti pieni di sabbia; e ci è riuscito. Il compagno più discreto, leale, fedele degli ultimi sette anni della mia vita.
Aveva un cuore balordo, il mio Romeo. Sono tornata piangendo dalla sua prima visita perché io già lo amavo e sembrava dovesse finire troppo presto. E invece si è preso un bel pezzetto della mia vita e in poche ore di una giornata forse troppo calda per lui se lo è portato con sè.
Non vedrà mai la casa nuova dove lo avrei portato fra poche settimane, il giardino dove lo immaginavo a giocare al gattaccio di strada. Ma ancora una volta è riuscito a stupirmi, a precedermi in qualsiasi pianificazione, perché lui adesso è là ad aspettarmi, in quel giardino.
Grazie Romeo. Sei solo un gatto, mi diranno. E per fortuna è proprio così.

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mercoledì 7 gennaio 2015

La libertà di essere inopportuni

Da www.corriere.it
Tra le tante vignette satiriche di Charlie Hebdo mostrate in queste ore, ho scelto questa.
L'ho scelta perchè la trovo inopportuna e di cattivo gusto. Irride la religione che permea l'ambiente in cui io sono cresciuta, quella del catechismo che ho frequentato, dei sacramenti che ho fatto, di molti dei valori in cui tanti miei connazionali (credenti, praticanti, atei) si riconoscono.
Per me, come per colei che, da afroeuropea e musulmana, firma questo post (lo consiglio!), si può e si deve ridere di tutto. E aggiungo che  tutte le libertà, anche quella del cattivo gusto, devono essere difese. Perché la nostra storia, quella dei cittadini dell'Unione europea, ha attraversato tanti dolorosi capitoli in cui persone sono morte per difendere le libertà che oggi noi possiamo dare per scontate.
Mi sono interrogata ultimamente, e ancora più oggi, sull'islam. Ho letto e riletto il post di cui sopra...."A ogni attentato vorrei urlare e far capire alla gente che l’islam non è roba di quei tizi con le barbe lunghe e con quei vestiti ridicoli. L’islam non è roba loro, l’islam è nostro, di noi che crediamo nella pace." 

Pochi giorni fa, a Istanbul, in visita alla moschea blu, una signora con il capo velato è entrata nella parte riservata ai fedeli, transennata per i turisti. Appena l'agente della sicurezza se n'è accorto, l'ha subito raggiunta e allontanata. Le donne, ancorché musulmane, non possono pregare dove pregano gli uomini, ma in un'area riservata.
Io non riesco a vedere libertà in una religione che permette ancora questo. Non riesco a vederci pace, nè uguaglianza. Certo, l'islam non è quello dei fanatici che sparano o sgozzano; ma non è nemmeno, mi pare, una religione che accetta e accoglie. Siamo diversi, ancora tanto diversi.
In tutte le religioni c'è un sotteso di oscurantismo e superstizione; e anche il cattolicesimo, che ha radici più antiche, ha conosciuto una lunga parabola di odio e intolleranza. Probabilmente siamo sfasati di qualche secolo.
Inutile e dannoso esacerbare le differenze; ma forse anche negarle.


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