Io le dissi ridendo -Ma signora Aquilone, non le sembra un po' idiota questa sua occupazione?
Lei mi prese la mano e mi disse -Chissà? Forse in fondo a quel filo c'è la mia libertà.

domenica 14 marzo 2021

Giochi di ruolo

Facciamo un gioco. 
È domenica, una donna ha preparato il pranzo, per sé, per il marito, per la bimba, 15 mesi di energia e curiosità. Il soggiorno è un delirio, il pavimento bombardato di giocattoli, libri, briciole, cibo masticato, suppellettili varie (sì, è la fase svuota-qualsiasi-cosa-e-fuggi). 
Finito il pranzo, la donna pulisce la bimba, poi cambio pannolino, cappelluccio e sciarpina perché c'è vento, scarpe, giacchetta, e la rigurgita fuori in giardino al primo raggio di sole. Lei sgambetta e osserva, mastica e urlacchia.
Ed ecco che la donna estrae dal fodero una figura nebulosa. Un uomo. Un padre. Il padre della creatura. 
Il suo ruolo è apparentemente semplice: deve inserirsi in un contesto già plasmato, giustapporvisi al solo scopo di evitare che l'infante si tracanni una granita di sassi, mentre la donna rientra in casa a riordinare. Mezz'ora di tranquillità costruttiva, magari orecchiando Beautiful tra un colpo di Dyson e una passata ai piatti.
Quindici e dico quindici minuti dopo, mentre la donna ha le mani schiumate di detersivo, una porta si spalanca: l'uomo brandisce la bambina, che sbraita allibita con una sola scarpa ai piedi.
"Voleva entrare e ha le scarpe piene di terra e credo anche le calze" fa cenno l'uomo col gesto di lanciarla nel lavello schiumato e fuggire.
L'uomo NON SA che forse sarebbe stata una buona idea togliere le scarpe all'esterno, NON SA dove siano le calzine pulite, NON SA che la bambina può essere depositata a terra per dare un colpo di scopa, figuriamoci poi se sa che una bambina di quell'età, anche se vuole entrare, puoi distrarla per un quarto d'ora e più guardando una nuvola, un fiore, uno stracazzo di sassolino. 
Il gioco è questo. Prendi una manciata di uomini (e attenzione che quello della nostra storia è uno di quelli bravi, a loro modo partecipi) e dai loro il potere di prendere decisioni che incidano sulle vite familiari altrui. Dai loro il potere di chiudere asili e scuole da un giorno all'altro.
Diranno che è favorito il lavoro agile (leggi: delle madri), perché, ricorda, Egli non sa.
Diranno che contano di prorogare gli appositi congedi (leggi: per le madri), peraltro retribuiti al 50% e comunque scaduti da quasi tre mesi. E mentre contano...1 2 3...tu mamma hai il figlio già a casa da giorni, hai rinunciato alle tue ferie, se non al tuo lavoro, lo hai scarrozzato da un nonno se hai la fortuna di averlo (ma non era poi una categoria fragile?), o hai lavorato agilmente (🤬).
Perché...ricordi? Egli non sa. 
Il gioco è finito.
 
E ora, mamma, respira e batti un cinque sorella.



martedì 10 marzo 2020

Non tutto il virus viene per nuocere

Da ieri tutta l'Italia è "zona protetta" a causa della rapida diffusione del coronavirus con conseguente sofferenza del nostro sistema sanitario.
Finalmente, dopo una lunga fase di schizofrenia di informazioni e comunicazioni fuorvianti, abbiamo delle regole da seguire e questo, pur nell'inedita assurditá della situazione, mi rasserena e mi porta a riconoscere al virus il merito di avermi chiarito alcune cosucce.
1) Stiamo a cincischiare per capire se i migranti fuggono davvero da una guerra, o SOLO da povertà, dittatura, ecc, e poi, contro ogni direttiva e ogni logica, assaltiamo treni e supermercati in preda all'istinto animale di salvarci il culo, echissenefrega degli altri. Altrimenti detto, si fa presto a scherzare col culo degli altri.
2) Noi sani e pasciuti figli del benessere non siamo abituati al limite. Non abbiamo voglia di cucinare? Ristorante! Siamo stressati? Vacanze! Annoiati?Aperitivo! Vogliamo tenerci in forma? Palestra! Una serie infinita di alternative all'impegno e alla fantasia personali, che ci ha reso incapaci di riempire il tempo e dargli valore con le nostre solo forze.
3) Nell'epoca dei social network scopriamo che i contatti umani con amici e familiari ci mancano, che è alienante doverne fare a meno e che quando tutto questo finirà forse non daremo più per scontato un bacio, un abbraccio, un pranzo in famiglia, una gita fuori porta.
E allora, che questo virus porti più indulgenza, comprensione, fantasia, umanità a tutti noi. Buon isolamento a tutti.

mercoledì 3 luglio 2019

Capitano mio capitano, questo è troppo

Raramente parlo di politica. Non lo faccio principalmente per umiltà, perchè ritengo di non sapere mai abbastanza per avere una visione oculata su temi spesso molto complessi. La seconda ragione per cui non lo faccio è che, proprio per questa mia propensione ad un ragionevole silenzio, di fronte a quanti invece pontificano con la verità in tasca, esprimendo con veemenza il proprio punto di vista, pur magari traballante nelle motivazioni, provo fastidio e imbarazzo. Come per i comici che non fanno ridere, avverto quel disagio che induce a cambiare canale; opzione che in una normale conversazione non è concessa.
Figuriamoci poi se parlo di politica sui social, laddove qualsiasi comune regola del conversare viene dilaniata dal pressappochismo imperante.
Pertanto non ho espresso pareri, che pure ho, sull'abusata vicenda della Capitana Carola, sui commenti del nostro ministro e di alcuni esponenti politici, sulle strumentalizzazioni di altri, sulle prese di posizione, sempre perentorie in un verso o nell'altro, della pletora di saggi da tastiera.
Tuttavia, in questi giorni in cui è il caso Seawatch a dominare l'opinione pubblica e con essa l'attenta bacheca FB di Matteo Salvini, a colpirmi è un post su un argomento "minore", il caso Vannini e in particolare l'intervista fatta da Franca Leosini al principale imputato. Questo è troppo.
"La vita di un ragazzo ucciso, in maniera infame, vale solo cinque anni di galera? Questa sarebbe "giustizia"? Che schifo. Verità per Marco Vannini."

Hanno diritto familiari e amici a ritenere questa giustizia uno "schifo". La loro disperazione infinita e insanabile da sola basta a motivare le urla rabbiose della madre alla lettura della sentenza.
È comprensibile che la persona comune provi empatia per la vittima e i suoi familiari e per istinto auspichi una legge che "bilanci" lo strazio della morte immotivata di un ragazzo di vent'anni con la pena elargita ai responsabili.
Tuttavia la legge non è istinto, è anzi regolamentazione razionale delle molteplici situazioni umane e non deve pertanto limitarsi a soppesare una vita con una vita, occhio per occhio, perché in tal caso non servirebbe un processo; basterebbero un'ammissione di colpevolezza, come in questo caso, o una serie di prove inconfutabili per decretare il massimo della pena. Questo "schifo di giustizia" ha un compito più arduo, cioè sondare come e perché si è giunti a quel drammatico esito e parametrare la pena non al grado di "infamia" di una morte, bensì al grado di consapevolezza e volontarietà di chi la provoca.
Questo prevede il nostro diritto.
È però difficile per la persona comune accettare e comprendere situazioni tanto complesse; lo è stato per me cercare di farlo ascoltando quell'intervista, ma credo sia necessario e rispettoso almeno tentare. Perché la rabbia, quella cieca e irrazionale, spetta soltanto a chi in quella vicenda ha perso un figlio, un nipote, un amico. Tutti gli altri a mio avviso dovrebbero fare un silenzioso passo indietro, ascoltare, magari dissentire, ma accettare.
Per un rappresentante delle istituzioni poi schierarsi con i leoni da tastiera e contro lo stesso Stato che rappresenta per racimolare qualche punto di consenso, quando dovrebbe anzi aiutare la persona comune a chiarire, comprendere, rispettare, è questo sì spaventoso e "infame".






sabato 1 dicembre 2018

Bulli e pupe

"Mi rivolgo a te, gentile ritrovatore del presente dizionario".
La stampa poco nitida delle stampanti a getto d'inchiostro anni '90, un font che ci voleva talento a sceglierne uno tanto brutto, un tocco di evidenziatore verde a rendere il tutto ancora più fastidioso. Scusate, coraggiosi lettori, ma il nucleo del post è la foto.
In questi giorni mi è capitato per le mani il mio vecchio dizionario di latino e quell'annuncio dopo vent'anni è tornato a parlare.
A parlare di una ragazzina che aveva tutte le carte in regola per ritrovarsi la colla versata nell'astuccio, derubata della merendina e con un'etichetta di dileggio appiccicata alla schiena. Eppure no, i bulli, che pure esistevano anche ai tempi della Signora Aquilone, non l'hanno mai presa di mira; non l'hanno mai neppure ignorata, anzi, con quelli che la mafia è bella, la mafia è buona la ragazzina aveva rapporti di cordialità.
Oggi si sentono tante storie dolorose di bullismo, e in quest'epoca in cui internet regala qualche minuto di palcoscenico a qualsiasi idiota è tutto esacerbato. Il tema è complesso, ma vorrei portare una nota di leggerezza. Pertanto, da potenziale vittima scampata ai bulli dell'era mesozoica, ho redatto un agile vademecum per piccole nerd in erba. Ragazze, coraggio! Potete salvarvi anche voi!
Regola n°1) La bella della classe esiste e non sei tu. Accettalo.
Prima desisti dall'emulazione prima avrai salva la vita. Quella coi lunghi capelli di seta, la pelle liscia come un'albicocca, dove mai un lieve sentore di acne giovanile avrà l'ardire di posarsi, quella col le gambe da fenicottero e il culetto appeso a un invisibile filo di grazia, quella che popola i sogni di tutti i maschi della classe...quella non sei tu. Il ruolo è stato assegnato. Ritagliatene un altro.
Regola n°2) Abbi il coraggio di essere stramba.
Tutte guardano Beverly Hills 90210 (beh, tu giovane fanciulla non saprai nemmeno cosa sia, ma ai miei tempi era un cult) e a te proprio non piace? Dillo. In classe si fa a gara a chi durante le verifiche si imbosca meglio e a te piace startene concentrata sul tuo foglio accanto alla cattedra? Fallo.
Ama le tue stranezze, curale; ma non farne un vessillo da contrapporre agli omologati.
Regola n° 3) Ironia è il tuo secondo nome.
Prenditi in giro. Precedili. Disarmali. Sorridi.
Riconosci a ciascuno il proprio ruolo nella commedia sociale. Sorridi.
Accetta, accogli, ascolta, aiuta. Sorridi.
Non dire sempre tutto quello che pensi, ma pensa bene a quello che dici, a chi lo dici e come. Sorridi.

Mostra che le loro parole possono ferirti e non sarai più libero dalla derisione (G. Martin).
La via di fuga è tutta qui.
Buona fortuna, donzelle.

sabato 24 novembre 2018

Ingegneria dell'odio

Qualche giorno fa una giovane volontaria italiana è stata rapita in un villaggio in Kenya. Non era lì per un safari o per concepire un bambino e chiamarlo Malindi. Era lì perché a vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età.
Era lì per dirci che in quest'epoca traballante di Instagram stories c'è ancora qualche ventenne che crede di poter cambiare il mondo con la forza del pensiero e dell'esempio, che crede che "aiutarli a casa loro" significhi andarci in prima persona a casa loro, e aiutarli appunto. Ingenua.
Per i teorici dell'Italia agli italiani, lei se l'è andata a cercare, è un'oca giuliva che poteva starsene a casa sua ad aiutare il vicino di casa, se non una finta altruista assetata di big bamboo.

Anche i volti di altre due giovanissime sconosciute hanno recentemente conquistato la platea della notorietà. Armate dell'euforia della loro età e di un cartello totalmente inopportuno, messi da parte smartphone e Ferragnez, sono uscite di casa per una spassosa protesta di gruppo.
A 15 anni sei autorizzato al pressapochismo, al bianco o nero, all'okkupazione per cause fumose (che poi il vero motivo è appartarti col moroso al cineforum).
A 45 anni anche no. Magari dai, sono disposta a concedere qualche sbavatura al turnista al bar con davanti il caffè delle 5. Col Ministro dell'Interno però tendo ad essere più tranchant.
Siccome però spesso non mi fido di quello che mi viene riportato da altri, per la prima volta in vita mia confesso che l'ho fatto: ho visitato la pagina Facebook del Ministro Salvini.
E tra una foto del caffè (delle 5?), un "vi voglio bene amici", qualche virata machista alla celabbiamoduro 2.0, la foto delle ragazzine era lì. Era DAVVERO lì. Pezzi di carne offerti alla brame della folla incazzata. Che ha abboccato, oh se ha abboccato!
Un secolo fa, all'epoca in cui anche la Signora Aquilone okkupava la scuola per il sacrosanto diritto di giocare a carte, la sua prof di italiano spiegò alla classe il Principe di Machiavelli. Disse che probabilmente non ci sarebbe piaciuto e nemmeno lo avremmo fino in fondo capito, se non in età adulta.
Un passo del Principe racconta di come il sovrano delegò il controllo di una regione riottosa ad un suo luogotenente. Costui, come richiesto, non si fece scrupoli a soggiogare la popolazione e in poco tempo portò la pace a suon di legnate. Il Principe allora, ottenuto il suo scopo, prese il fidato luogotenente e lo squartò sulla pubblica piazza, la ferocità del quale spettaculo fece quegli popoli in uno tempo rimanere satisfatti e stupidi. 
Cazzo prof, aveva proprio ragione!

domenica 28 ottobre 2018

Tremate tremate le streghe son tornate

Ora che il dado è tratto, da assidua spettatrice di X Factor lo dico chiaro e tondo: RIDATEMI ASIA ARGENTO. O per lo meno, zittite l'orsacchiotto biondo e ritentate il colpo.
Non ho mai condiviso la scelta di Sky di ostracizzare Asia Argento. Intanto per principio, dal momento che si trova soltanto ad essere accusata di un reato (peraltro poco credibile): gli indagati possono sedere in Parlamento, ma non al tavolo di X Factor? Non capisco.
E Cristiano Ronaldo allora? Anche lui è accusato da più voci di stupro, eppure non mi pare giochi tra le riserve.
E poi perché Asia Argento in quel ruolo era, forse per la prima volta in vita sua, credibile: empatica con i concorrenti, ben amalgamata con gli altri giudici, concisa e incisiva, un po' groupie da centro sociale, di quelle che ci hanno passato le nottate ad ascoltare band improbabili negli scantinati.
Invece Sky ha optato per la caccia alle streghe, adducendo motivi inconsistenti quali il possibile contrasto tra la vicenda giudiziaria di Asia e lo spirito del programma. Amici di Sky vi svelo un segreto: in Italia mandiamo giù di peggio, in barba a qualsiasi spirito, figurarsi se non saremmo passati sopra a una storiella del genere! Se non aveste sollevato tutto questo polverone, oggi il giovane rocker stuprato dalla virago (consentitemi un buahahahah) non sarebbe stato ospitato da Giletti e noi ci gusteremmo il programma con un vero poker di giudici.
Ma veniamo al sostituto, Lodo Guenzi.
Amici, NO.
A.A.A. CERCASI giudice di X Factor che non faccia (troppo) rimpiangere Asia: sintetico, irriverente, competente, anticonformista. Astenersi verbosi, buonisti, retorici, banali, noiosi.
Lodo parla troppo e non dice niente, gli sono tutti simpatici, sono tutti belli, hanno tutti energia e voci pazzesche e lui è pazzo di loro. Troppo, già dalla prima puntata.
Levatelo, vi prego. Ridatemi la streghetta, o almeno un valido stregone.


domenica 21 ottobre 2018

La cicogna azzoppata


E' passato qualche anno da quando la Signora Aquilone aveva provato a raccontare le sue peripezie ostetriche. Allora la Signora era triste e solitaria.
Oggi che tutto le sembrava nuovo e diverso, dalla valigia del "cambio vita" è saltato fuori il calzino spaiato, quello che forse se buttavi era meglio.
Oggi la Signora racconterà la storia di quel calzino.

Quale donna non conosce un test di gravidanza? Quello tradizionale almeno, senza frasi o faccine; quello con le classiche stanghette rosa. Due = sei incinta. Una = non sei incinta. Ogni  donna ci ha fatto pipì sopra almeno una volta. Con opposti sentimenti: sperando, bramando, supplicando una stanghetta oppure due. Non esiste una stanghetta e mezza, non esiste un sentimento intermedio. Una o due.
Oggi voglio raccontare della mia stanghetta solitaria: una, dritta e inequivocabilmente unica. Fiera e diritta come un dito medio. Fuck you. Anche questa volta hai mancato il bersaglio. Ritenta sarai più fortunata. 
Forse la mia urina non è abbastanza concentrata. Forse sono stata troppo impaziente. Forse rientro in quello 0,0001% di falso negativo. Forse ma forse ma sì.
Forse invece è tutta colpa di quel calzino spaiato. E' saltato fuori, il bastardello; non puoi fingere di non vederlo. E' colpa sua se tutta questa faccenda, che doveva essere solo un idillio romantico, ha iniziato a poco a poco a romperti le palle. 
Perché quella che ormai lo sa anche il muro che è incinta (e del resto si vede lontano un miglio quanto è rosea e luminosa la baldracca), ma tace per scaramanzia, ti ha rotto le palle. Quell'altra che aveva un unico ovaio policistico, l'utero retroverso, un fibroma grosso come una mela, due botte ed è rimasta incinta, pure lei ti ha rotto le palle. Quell'altra ancora che...puff...neanche se n'era accorta; pure quella ti ha rotto le palle. Pure tua nonna che senza stick ovulatori, stanghette e faccine ha avuto dieci figli dai 15 ai 45 anni ti ha rotto le palle. 
Ti hanno rotto le palle tutte le storie di maternità più o meno impreviste, miracolose, incredibili, travagliate, quelle che "quando smetti di pensarci", "quando non ci pensi affatto", "quando è l'ultima cosa che vuoi", "quando pensi non sia possibile". 
Zitte, zitte tutte, parlo io, anzi per cominciare non parlo affatto, ma rivendico, senza pietismi, il mio diritto al DITO MEDIO.